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Polonia: in moto nella regione della Pomerania

Terra di navigatori, di contese territoriali, di migrazioni e di lotte per la libertà, turisticamente emergente, la Polonia offre esperienze di viaggio molto variegate. Il senso del tutto sta forse all’inizio del nostro itinerario, nel porto di Danzica, sulle cui sponde convivono passato e futuro. Dalla più importante città balneare del Paese, però, ci spostiamo per esplorare la regione della Pomerania

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Iniziamo il nostro viaggio dal cuore di Danzica (Gdansk in polacco), la capitale della Pomerania: camminare lungo il canale principale, forse il punto più fotografato della regione, fa vivere un paradosso: su un lato la storia, i palazzi, i granai, i monumenti del glorioso passato della città più ricca della Repubblica di Polonia fra il XVI e XVII secolo. Sull’altro, i locali più ‘in’, le facciate di design nelle cui vetrate si specchiano il fiume Motlawae le tante imbarcazioni che animano la Danzica di oggi. Due sponde sostanzialmente opposte, collegate da due avveniristici ponti pedonali, uno rotante e uno levatoio. Canoe, vecchie barche rammendate alla meglio, yacht scintillanti e finte navi dei pirati convivono nelle acque della città... Il turista può trovare qui il senso della vacanza. La cultura, poi, è tanta e varia: dai monumenti più classici come la cattedrale, i musei navale e dell’ambra fino ai nuovi centri culturali, come quello dedicato a Solidarnosc, istituito nel 2007, in corrispondenza dell’entrata n. 2 ai Cantieri Lenin, la vicina opera le “Tre Croci”, dedicata ai lavoratori navali morti in seguito alle proteste del 1970; il Museo della Seconda Guerra Mondiale (inaugurato nel 2008), il Centro di Cultura Marittima (perfetto per ragazzi e bambini) o la Galleria Günter Grass, tappa doverosa per gli amanti dell’arte. Accogliete il nostro invito a visitarla come noi, in modo nuovo, dinamico e smart: prendete un monopattino elettrico in sharing scaricando una delle tantissime app a disposizione (noi abbiamo optato per “dott”) e girate tra la zona pedonale e zone limitrofe, senza perdervi la Strada Reale, le vie Mariacka e Długie Pobrzeze, concludendo sul punto panoramico di Gradowa Góra. Ne uscirete un po’ shakerati dal pavé, ma ancora una volta felici di amare le due ruote…anche se in miniatura.

Proseguendo sulla costa, si viaggia tra entroterra e deviazioni sul mare per godersi non una sola riviera, ma ben tre, ciascuna con un’identità e un aspetto diverso: tre città baltiche per tre storie diverse di nascita e sviluppo contemporaneo che convivono perfettamente, completandosi anche a livello turistico. Danzica, la sorella maggiore, risplende di luce propria con la sua bellezza da cartolina, dove anche una sola serata a spasso per le sue viuzze ti fa vivere l’emozione di una fiaba illustrata. Il suo passato è molto importante e la sua architettura rivela l’alternanza di momenti di grandezza e di devastazione, custodendo nel suo tessuto una trama di ricordi molto varia, come i frammenti di fossile che si vedono osservando in controluce i pezzi di ambra che trovate sulle bancarelle e nelle vetrine in ogni angolo della città. All’imbrunire si veste da sera, specialmente nelle lunghe giornate d’estate, quando i colori del tramonto regalano spettacoli cromatici fino a tarda notte. La seconda del trio è Gdynia, la giovane, che spicca per i grattacieli moderni, per il suggestivo porto turistico e gli affacci sul mare, perfetti per un aperitivo o per una sessione un po’ mondana di jogging (consigliamo la località balneare di Orłowo, circondata da scogliere coperte di boschi). Sì, perché questa città si è tolta la patina di grigia periferia di Danzica già da tempo. La terza località è Sopot, regno del relax e del benessere, dall’aria nordica, con un lungo molo che rappresenta una grande attrazione turistica. Per accedere alla mitica banchina multipiano, lunga oltre 500 metri, con tanto di ristorante e porticciolo sull’estremità, ci vuole un biglietto (costo simbolico di 9 zloty), il cui ricavato è devoluto all’organizzazione di eventi culturali, fiere, meeting internazionali e concerti durante tutto l’arco dell’anno (per info consultate il sito ufficiale www.molo.sopot.pl).

Il 13 dicembre 1981, a seguito delle proteste pacifiche e dei disordini iniziati dai cantieri navali di Danzica qualche mese prima, venne dichiarato ufficialmente lo stato di guerra con la legge marziale, che è rimasta in vigore fino al 22 luglio del 1983. Due lunghi anni che hanno fatto riflettere sul significato della privazione di libertà: coprifuoco, acquisti contingentati, divieto di libero commercio, mancanza di libertà di espressione. Ora, finalmente, si può parlare, raccontare, protestare e, soprattutto, ricordare senza censure, affinché certi errori non si ripetano mai più. Per capire meglio l’indole della ‘nuova’ Polonia e l’attuale mood sociale, vale la pena chiacchierare con qualche motociclista polacco che incontrerete sulla vostra strada, magari mentre visitate luoghi emblematici come Westerplatte, dove Danzica si affaccia sul mare. Qui, il 1 settembre 1939 iniziò la Seconda Guerra Mondiale, e qui oggi passa la Strada della Liberazione, un bel progetto internazionale europeo che disegna attraverso diversi Paesi, soprattutto Germania e Francia, un percorso segnato da particolari segnavia chiamati ‘Vettori di Memoria’, progettati dall’archistar americana di origine ebrea polacca Daniel Libeskind, e sparsi da queste parti (informazioni presso il Centro Europeo di Solidarnosc).

No, non abbiamo purtroppo assistito a un concerto dei britannici Venom, ma abbiamo proseguito l’itinerario oltre la Riviera, prendendo una delle strade più singolari mai trovate. Passato Puck, proseguiamo sulla strada 216, nell’entroterra, per rendere il trasferimento più scorrevole, fino a Władysławowo, dove iniziano i 35 km di strada su una sottilissima penisola di spiagge e boschi da favola, fino a Hel, sulla punta estrema. Regno del kitesurf, delle larghissime e bianchissime spiagge libere a perdita d’occhio, dei campeggi e delle gite in bici... questa è un’altra tappa della storia recente. Si dice che questo sia il punto dove inizia la Polonia, ma tra la fine degli anni 30 e gli anni 40 era invece il punto dove questa e altre nazioni stavano finendo, schiacciate dall’invasione via mare da parte della Germania. Tra i boschi incantati che attraverserete si nascondono reti di bunker, depositi di armamenti e basi militari, alcune ancora oggi attive, altre diventate parte del Museo della Difesa Costiera (per info www.helmuseum.pl). Da qui proseguiamo di nuovo verso l’interno, su tranquille strade di campagna, tra immensi campi coltivati e piccoli paesini dove, sui pali della luce, si vedono enormi nidi abitati dalle cicogne, uno degli animali simbolo della Polonia. Ricordatevi che una vera e propria strada costiera qui non esiste perché il terreno è estremamente sabbioso e la volontà è sempre stata di preservare al massimo la natura costiera, lasciando al mare, al vento e alla sabbia il ruolo di protagoniste. Arrivati ad incrociare la statale 214 svoltiamo a destra, puntando dritti verso Łeba, porta di ingresso del Parco Nazionale Słowinski, dove si lasciano le moto nel parcheggio e si prende uno dei pulmini elettrici che attraversano per 8 km una fitta pineta portando i visitatori direttamente ai piedi della “duna gigante”. Qui inizia un bellissimo percorso nella natura che scala sculture mobili di sabbia bianca, offre accessi al mare, si addentra nei boschi incastrati tra i grandi laghi costieri e il Baltico, arrivando al faro o scovando nella foresta una vecchia base tedesca di lancio di missili. Il tutto da affrontare rigorosamente a piedi nudi, senza fretta, con scorta d’acqua e crema solare alla mano. Se riuscite, dedicate almeno un giorno intero a questo spettacolo della natura, concedendovi anche un boccone di squisito pesce baltico affumicato in uno dei chioschetti del porticciolo di pescatori di Łeba, un must dello street food costiero, soprattutto se capitate dai maghi dell’affumicatura ‘Wedzarnia u Mieci’. Risalendo in sella abbronzati, scapigliati e carichi di ossigeno arricchito con iodio, costeggerete il grande Lago di Łebsko per arrivare, dopo pochi chilometri, a Smołdzino, da cui si prosegue a ritmo lento su un tratto condiviso con la ciclabile europea Eurovelo Baltico-Atlantico fino a Kluki, un piccolo paesino soprannominato ‘il villaggio a quadretti’, dove ha sede il Museo Etnografico open-air Słowinski, istituito nel 1958, uno dei tanti di questo genere diffusi in nord Europa, chiamati skansen. Passeggerete in una specie di grande fattoria fatta di case a graticcio dai tetti di paglia risalenti anche al ‘700, disseminate tra orti coltivati, apiari e animali da latte, il tutto originale e ricostruito qui grazie al trasporto di intere costruzioni (arredate e non) da diversi villaggi della zona, o minuziosamente smontato e ricostruito come un grande Lego da studiosi specialisti. Così scoprirete che in questa zona viveva, un tempo, una particolare etnìa germanica, quella dei Slowincy, scomparsa totalmente con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Vivevano di pesca, di raccolta di torba, erano di fede protestante e avevano tradizioni folkloristiche uniche, che potete ritrovare negli interni delle abitazioni o nelle foto d’epoca. Nulla di più bucolico, coerente col nostro viaggio molto country in sella alla Ducati Scrambler 1100 gommata a dovere con le Pirelli MT60 RS (per info consultate https://muzeumkluki.pl, costo biglietto 16 zloty. Al momento non sono disponibili info e visite guidate in inglese).

È ora di lasciare il mare per un po’ e di mettere le gomme sulle stradine dell’entroterra, attraversando ombrosi tunnel verdi creati dalle fitte faggete, rettilinei costeggiati da tigli secolari, villaggi agricoli abitati da soli trattori e mietitrebbia, inserendo qua e là qualche tratto sterrato, ove permesso: vi imbatterete in posti perfetti per picnic o sieste, ma occhio alla guida su sabbia perché, anche se non si tratta del feshfesh marocchino, spesso è difficile rimanere in piedi anche per qualche metro! Partendo da Kluki si passa quindi a Smołdzino, per poi dirigersi nettamente a sud, fino ad incrociare l’autostrada E28, percorrendone un pezzo verso est, fino alla cittadina storica di Lebork, per poi proseguire verso sud e tuffarsi di testa in Casciubia, una zona naturalistica soprannominata ‘Piccola Svizzera’ per il paesaggio naturale che la caratterizza. Tra laghi, stagni glaciali, colline verdi, boschi immensi, barchette bianche a vele spiegate e torri di osservazione che fanno sfiorare il Baltico a occhio nudo. Tutto questo arricchito da una cultura in dipendente che ancora sopravvive e lotta per il mantenimento di tradizioni e lingua. Già, perché il casciubiese esiste, ed è l’unica “seconda lingua”, dopo il polacco, riconosciuta nel Paese, insegnata a scuola, parlata da migliaia di persone. Per la sopravvivenza di questa cultura è fondamentale l’esistenza dei musei etnografici, di cui noi abbiamo visitato il maggiore, che vi consigliamo di mettere tra le tappe di del vostro viaggio, se capitate da queste parti. I Casciubi sono un’antica etnia cattolica oggi composta da circa 150.000 persone che abitano il cosiddetto ‘corridoio polacco’, il territorio tra Puck, Wejherowo Kartuzy, Koscierzyna e Chojnice, tutte località appartenenti al Voivodato della Pomerania, mentre un tempo erano presenti in una zona molto più vasta, ridotta drasticamente dall’espansione tedesca, che ne ha ridotto fortemente l’identità. Essi sono anche ben diversi dai polacchi, che nei secoli hanno cercato di assorbirne terre e popolazione con scarsi risultati. L’indipendenza scorre quindi da sempre nel sangue Casciubo e il modo migliore per scoprine le caratteristiche è, appunto, il Parco Etnografico di Wdzydze Kiszewskie, uno dei più importanti e grandi d’Europa, fondato negli anni 70 da Teodora e Izydor Gulgowski, una bizzarra coppia di cui scoprirete le curiosità durante la visita, meglio se guidati da uno dei bravissimi ciceroni del Parco. Passerete così qualche ora a spasso toccando più di 50 costruzioni tradizionali di varia epoca, spesso arredate con pezzi originali: case, scuole, chiese e mulini trasportati interi o smontati e ricostruiti meticolosamente anche negli interni, nelle tipiche decorazioni tessili e nelle collezioni di oggetti di uso quotidiano (costo biglietto: 17 zloty, per info: http://www.muzeum-wdzydze.gda.pl, disponibili visite guidate in inglese). Da qui fate ancora pochi passi o circa un chilometro in moto per salire sulla gigantesca torre panoramica in legno, da cui potete pregustare il paesaggio che a breve percorrerete in moto: strade, stradine, saliscendi e lungolaghi. Altro punto panoramico perfetto per una sosta è il mulino di legno di Reboszewo, posizionato su una collina raggiungibile in moto, dove probabilmente troverete altri centauri locali che si fermano qui per un caffè con vista a 360 gradi sui laghi circostanti. Non sarete mai stanchi di vedere tanta natura, pur mantenendo un ritmo di guida tranquillo e non lanciandovi in curve consuma-saponette, che qui non esistono. Ma quando avrete toccato tutte le località principali e visto una buona manciata di specchi d’acqua, sarà ora di rientrare verso Danzica dirigendo le ruote verso est, prevedendo ancora una bella sosta nella Storia.

La Storia, infatti, rimane protagonista del giro, ma cambiamo secolo, vesti e anche lingua: entriamo nel castello di Malbork, un colosso di origine medievale che si visita in circa due ore, con comodissima audio guida in italiano, patrimonio UNESCO dal 1997. Osservate prima il maniero dall’esterno fermandovi sulla strada, dall’altra parte del fiume, e varcando solo dopo, a piedi, le sue mura. Vi aspetta un giro labirintico su più piani attraverso stretti passaggi, decine di stanze, giardini, ponti levatoi, cappelle, torri e cucine, un dedalo pieno di leggende curiose da cui si esce con la voglia di indossare una corazza e salire su un destriero, invece che sulla propria moto (prezzo biglietto 60 Zloty, per info visitate www.zamek.malbork.pl).

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