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Trentino-Alto Adige: da Fortezza a Rovereto sulle tracce di Manifesta 7

Un altro modo di visitare il Trentino-Alto Adige è quello di ripercorrere le tracce di “Manifesta 7” (la biennale di arte contemporanea itinerante in Europa), attraverso i luoghi in cui si è svolta al suo passaggio in Italia avvenuto 2008. Era stato per noi Mario Ciaccia che racconta l’itinerario tra Fortezza e Rovereto, caratterizzato dal contrasto tra vecchio e moderno.

L'idea








L’IDEA
Rotterdam 1996, Lussemburgo 1998, Lubiana 2000, Francoforte 2002, San Sebastian 2004 e Nicosia 2006 (poi cancellata): sono state queste le prime sei tappe di Manifesta, la biennale europea di arte contemporanea. Per la settima edizione, la scelta è caduta su un’intera regione, sfruttando fabbriche dismesse o palazzi postali delle sue tre città principali, più l’enorme bastione di Fortezza, a 40 km dal Brennero. Tutte le località si trovano lungo l’Adige e il modo più lesto per collegarle è la noiosa e trafficata A22 del Brennero. Poi c’è la statale del Brennero. E, sempre a vista fiume, ci sono tutte quelle stradine di montagna che collegano l’Adige agli alpeggi, ai paesini e ai castelli sui fianchi della valle. Da una vita, quando decidiamo di smotazzare in Alto Adige, notiamo quelle stradicciole ma, ogni volta, preferiamo i grandi classici dolomitici. Questa volta, è toccato a loro: è stato un grande giro, ideale per non divagare troppo quando abbiamo visitato le sedi di Manifesta 7. Si è tenuta dal 19 luglio al 2 novembre 2008. Tuttavia, è difficile parlare di questo itinerario senza considerare il fatto che, probabilmente, molti di noi sanno poco arte contemporanea e non avrebbero pensato di doversi scomodare per una mostra simile, sia pure come pretesto per un grande giro in moto. Chi scrive, Mario Ciaccia, lo dice per esperienza personale: ha fatto il liceo artistico e amava studiare arte, aveva anche molti amici all’Accademia di Brera, ma non solo non ha mai capito l’arte contemporanea, ma non ha neppure mai conosciuto uno che sapesse spiegargliela. Sempre chi scrive ha avuto modo di vedere a mostre milanesi, tedesche e olandesi di qualche anno fa, opere in cui è arduo comprendere cosa ci sia dietro, che impegno ci sia, dove sia l’arte. Esempio: un tizio trovò in campagna una pedana di legno tutta mangiata dalle tarme e l’espose così, senza neanche modificarla: la chiamò “Pedana di legno” (!) e la espose, proponendola a 3.500.000 delle vecchie lire. I detrattori erano seccati: “Che ci vuole ad esporre una pedana di legno? Sanno farlo tutti!”; i sostenitori rispondevano: “Non capite nulla. L’arte è l’idea. Tutti sono capaci di esporre una pedana, dopo che vedono qualcuno farlo. Ma l’idea è stata sua e solo sua. E già questa è arte”.

Fortezza




FORTEZZA Io mi pongo a metà: non capisco, ma mi diverto ad andare a queste mostre. Non sapevo se a Manifesta 7 avrei assistito a provocazioni di tale livello, ma ero un buon pretesto per prendere la moto e fare questo viaggetto nell’arte contemporanea, sulle mille curve della Rovereto-Fortezza. Anzi, Fortezza Rovereto: l’itinerario lo facciamo partire da lassù per toglierci subito il dente del trasferimento autostradale del Brennero, perché, volendo fare in giornata sia l’itinerario sia la visita di Manifesta 7, non c’è tempo per divagare né all’andata né al ritorno ed è plausibile che pochi, tra voi lettori, vivano a nord di Fortezza. Questa località si nota dalla A22 perché ci si passa sopra… e sotto, dato che questo immenso complesso fortificato nasce in riva all’Adige e risale la montagna, oltrepassando autostrada e ferrovia. Fu creata dagli Austriaci nel 1833-39 e battezzata Franzensfeste in onore dell’imperatore Francesco I. All’epoca, era considerata la fortezza più resistente d’Europa, ma non possiamo sapere se è vero: non fu mai teatro di alcuna battaglia… Nel 1940 fu realizzato un lago artificiale, ben visibile dalla parte superiore della fortificazione, che si raggiunge con una sterrata a tornanti vietata al traffico. Poco più a nord, è nato un paese vero e proprio, con una stazione ferroviaria molto importante, perché sorge sul bivio tra la linea del Brennero e quella che, passando per la Val Pusteria, arriva a Vienna. Sul percorso di Manifesta 7 si può visitare il complesso adiacente alla statale del Brennero: la piazza d’armi, la chiesetta neogotica, il bunker dell’oro, l’obelisco col punto geodetico e il Forte Medio, con le sue camere di combattimento. A richiesta, si può anche salire a Forte Alto, percorrendo la scala sotterranea da 451 gradini.

Bolzano: tra vecchio e nuovo




BOLZANO: TRA VECCHIO E NUOVO Per raggiungere Bolzano, la prima cosa che facciamo è percorrere i 10 km di statale del Brennero fino a Bressanone, perché il suo centro storico sulle rive dell’Isarco, con le case colorate, è bellissimo. Da qui a Bolzano è tutto un galleggiare sui pascoli del lato ovest della valle dell’Isarco, con il percorso che diventa sempre più bello a mano a mano che ci si avvicina alla Provincia altoatesina. Sorpresa: nella tratta che lambisce l’altopiano del Renon, notiamo parecchie supermotard. La loro presenza la dice lunga sulla qualità del tracciato: tante curve e asfalto perfetto. C’è da dire che noi guidiamo una Harley Nightster che lima le pedane a ogni curva, ma siamo sorpresi: questa moto, nata per le noiose autostrade rettilinee americane, in montagna ci piace molto. Il motore ha un gran tiro ai bassi e si può usare con una sola marcia per chilometri e chilometri di montagna; la posizione di guida è comoda e permette di guardare il paesaggio e la geometria della ciclistica non la mortifica affatto in quelli che i francesi chiamano pif paf, ovvero le curve a esse, il top del top del divertimento in moto. Si cala così a Bolzano tutti contenti e si raggiunge la zona industriale a sud-est, dove è in via di demolizione la Alumix. Crediamo sia come dire Breda a Milano: un intero quartiere occupato da un’unica fabbrica, oggi estinta, con alcuni capannoni ancora in piedi, mentre altri sono stati sostituiti da edifici modernissimi e di aspetto piacevole. Ci sono concessionarie di auto, bar, locali alla moda e una discoteca dove suonano i gruppi dal vivo. La mostra era al civico 17 ma noi, per cercare un posto fotogenico, ci siamo girati un po’ tutto il quartiere, affascinati da questo passaggio di testimone tra il vecchio e il nuovo che si respira un po’ ovunque. E non sembra di essere in una città: ovunque, montagne innevate a chiudere lo sfondo.

Salita a Colle




SALITA A COLLE Ci colpisce, in particolare, una specie di panettone con pascoli e casette che sembrano scivolare a valle da un momento all’altro, mille metri a picco sopra le nostre teste. Decidiamo che il nostro tracciato può passare per di là senza farci perdere troppo tempo, perché sale da una parte e scende dall’altra, ma sempre sullo stesso versante della valle che, qui, torna ad essere quella dell’Adige. Si tratta della salita a Colle, che raggiunge i 1.300 m, su una strada stretta, ripida e male in arnese, dove compare la dicitura “Strada privata – a vostro rischio e pericolo”. Non si tratta di un divieto esplicito ma, se doveste spaccarvi una vertebra dentro una buca, non potete fare causa all’ente di manutenzione delle strade.

La discesa verso Laives




LA DISCESA VERSO LAIVES è talmente a picco sopra l’Adige da far strappare, al mio compagno di viaggio, l’esclamazione: “Sembra Google Earth”, riferendosi allo strepitoso programma in rete che permette di vedere il mondo fotografato dall’alto. Si vedono la Val d’Adige, con il ponte di Vadena che prenderemo per raggiungere il lago di Caldano, situato su uno zoccolo rialzato rispetto alla valle. Dall’alto sembra impossibile che ci sia una strada che supera quella bastionata rocciosa di colore rosso, simile a canne d’organo, invece c’è e risale una stretta conca, simile a un teatro greco, occupata dai vigneti a monte di Maso Stadio. Questa località vanta resti archeologici e un castello; un concorso ha coinvolto 43 concorrenti per la realizzazione di una succursale dell’Università di Bolzano in luogo di un centro di riabilitazione psichiatrica in funzione dal 1934.

Nel cuore di Trento




NEL CUORE DI TRENTO Per raggiungere il lago di Caldano, c’è un passo tra le viti piuttosto angusto, il cui nome la dice lunga: Varco. Oltre il lago, il percorso si fa un po’ noioso, sempre ai margini dell’Adige, dove può essere interessante la deviazione sull’altra riva per visitare l’antico borgo di Salorno. Si deve, poi, entrare nel cuore di Trento, in centro, perché Manifesta 7 è stata ospitata dal Palazzo delle Poste, realizzato nel 1934 da Angiolo Mazzoni, specializzato in edifici delle ferrovie e delle poste in tutta Italia (Agrigento, Pola, Siena, Reggio Calabria, ecc.) e caratterizzato da un aspetto inconfondibile tanto nel colore quanto nelle severe forme, alleggerite da incavi e statue. Il suo stile fascista prese il posto del precedente edificio, in stile nordico.

Strade alternative




STRADE ALTERNATIVE Abbiamo concepito questo itinerario come un modo veloce di collegare i grossi centri di fondovalle, guidando su stradine di montagna, senza perdersi in divagazioni eccessive: per questo abbiamo resistito alla tentazione di collegare Fortezza a Bolzano passando per il valico di Eores, così come Bolzano a Trento risalendo la Val d’Ega e passando in Val di Cembra per il passo di Lavazé. Ma come porsi con la scalata da Trento al Monte Bondone, sede di una storica cronoscalata in bici e in moto? Diciamo che l’abbiamo saltata per coerenza con il resto dell’itinerario, ma nulla vi vieta di andare lassù, se il tempo avanza. Noi abbiamo tagliato quella salita passando per Aldeno e infilandoci nella valletta di Cei, dove si trova un cupo quanto delizioso laghetto, ideale per trovarvi il cadavere galleggiante di Ofelia, o la bellissima fanciulla morta del film “La ragazza del Lago” (che, però, è stato girato in Carnia).

Rovereto




ROVERETO Si scende quindi a Rovereto, dove Manifesta 7 era divisa tra l’immensa Manifattura Tabacchi, da cui dipendeva l’intero quartiere Sacco dal 1850 fino a pochi anni fa e la ex Peterlini, un ex stabilimento industriale dei primi del secolo sede, per anni, di una fabbrica di cacao olandese.
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