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Toscana, tra Arezzo e Monte Amiata

A settembre (23-29) partirà l’edizione 2022 della Transitalia Marathon dove, per la prima volta, sarà introdotta la classe C1 Concept, versione asfaltata alternativa ai percorsi tipicamente sterrati. Abbiamo anticipato l’evento concentrandoci sulla sola Toscana, partendo da Arezzo per arrivare al Monte Amiata, scoprendo paesaggi e angoli di storia famosi e meno noti. Tanto asfalto, qualche sterrato facile

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Toscana, San Gimignano

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La Transitalia Marathon è arrivata alla sua ottava edizione e ora è pronta ad allargare i propri orizzonti. Senza snaturare il progetto iniziale dedicato a tutti gli adventuristi con il tassello nelle vene, quest’anno l’evento apre le porte anche a chi, globetrotter come i primi, ama scoprire borghi, paesaggi, cibo, culture preferendo però l’asfalto alla terra.

Vista la bellezza dei posti e il forte interesse verso questa tipologia di viaggio, siamo andati a riprendere parte del tour svolto nell’edizione passata concentrandoci sulla Toscana, una vera miniera di luoghi interessantissimi, fin troppi da poter essere raccontati in un solo articolo.

Come punto di partenza del nostro itinerario abbiamo pensato ad Arezzo, bellissima con il suo centro storico che nasce in pianura e si sviluppa in salita (oltre ad avere l’autostrada a pochi chilometri). Ricordo ancora adesso la prima volta che vidi gli affreschi di Piero della Francesca, nella Cappella Bacci, negli Anni 80: erano lì, a disposizione di tutti, tanto che li potevi toccare. E infatti diversa gente aveva pensato bene di inciderli col coltellino, per apporre i vari “Alessia TVB”.

Tenendo come riferimento il tragitto sterrato coperto dalla Transitalia (l’edizione 2021 calava su Castiglion Fiorentino dopo essere passata da Palazzo del Pero e avere superato, in sterrato, il Monte Corneta), su asfalto è possibile superare la stessa montagna tramite il valico di La Foce (579 m) in mezzo ai boschi, iniziando così il giro con una divertente strada “millepieghe”.

Castiglion Fiorentino è uno splendido paese medievale che si trova nella piega esatta tra Val di Chiana e Appennini, ma per noi motociclisti è la sede di una statua che, ehm, ci emoziona forse più del David di Donatello: è quella che Lucio Minigrilli ha realizzato nel 2015 per ricordare il decennale della morte di Fabrizio Meoni e che, dal 2017, è esposta nella rotonda del Boscatello. Non avremmo mai pensato di godere così tanto di fronte alla riproduzione in bronzo dello pneumatico Michelin Desert. La presenza di questa calamita che attira i motociclisti è un modo per far sì che il grande campione continui a vivere, è un tributo alla sua umanità.

Come altre regioni italiane, la Toscana presenta tanti aspetti diversi. Attraversarla tutta permette di godere di questi cambi di scenario. Ma sempre, ovunque, vi imbatterete in paesini uno più grazioso dell’altro, noto o sconosciuto che sia.

Andando da Castiglione verso ovest si raggiunge Monte San Savino, che meriterebbe almeno una sosta caffè nella Loggia dei Mercanti. Da lì in poi inizia il Chianti, quello dell’omonimo vino: un territorio collinare selvaggio e boscoso, che per anni è stato considerato zona depressa, prima che venisse rivalutato dai soldati inglesi che, dopo averci passato mesi durante la Seconda Guerra Mondiale, combattendo i nazisti, vi sono tornati in tempo di pace, scoprendo che c’erano tante ville vendute a prezzi stracciati.

Lo racconta bene Alberto Bedeschi, un giramondo in moto, nostro fedele partecipante alle antiche tendate All Travellers: nel suo libro Memorie di un ex benestante spiega che, essendo in rotta con l’azienda di famiglia e desideroso di una vita a contatto con la natura, aveva cercato casa a Talamone (GR), sul mare. I prezzi troppo alti, però, lo avevano fatto finire in Chianti, a San Leolino, un minuscolo borgo mimetizzato in una zona di foreste.

Non è elementare girare qui con una moto da strada, perché molti abitati si raggiungono solo in sterrato. Molti di questi, tuttavia, sono tenuti benissimo. In molte zone della Toscana e dell’Umbria, infatti, gli abitanti rifiutano l’asfalto, per accrescere il senso di isolamento e tranquillità dei loro paeselli, però non vogliono perdere le otturazioni dei denti mentre li percorrono.

Lo stesso San Leolino si raggiunge solo in sterrato. Noi ci arriviamo da Cennina, tipica perla di cui veniamo a conoscenza solo perché ci sbattiamo contro. Era un castello posto a dominio della Val d’Ambra, per controllare i traffici e i movimenti verso Firenze. Dopo San Leolino, Mercatale Val d’Arno e il boscoso Passo di Monteluco (777 m) si entra in quella zona del Chianti resa famosa, tra le altre cose, dall’Eroica, che è una raccolta di sterrati che permettono di realizzare un percorso a “otto” lungo 220 km, affrontato da ciclisti provenienti da tutto il Mondo.

Per questo tragitto sfruttiamo una parte della Eroica, come quella che tocca il Castello di Brolio, uno dei più spettacolari d’Italia, che tutto il Mondo ha potuto ammirare nel film “Io ballo da sola” di Bernardo Bertolucci. Enorme, rosso, spettacolare: chissà se avrebbe potuto fare da alternativa al castello di Ludwig, a Fussen (Germania), cui si ispirò Walt Disney per il suo logo?

Dal 1141 appartiene, con alti e bassi, alla famiglia Ricasoli. Dopo una vita tormentata, con battaglie, assedi, catture, distruzioni e tradimenti, nel 1835 venne fatto trasformare, da Bettino Ricasoli, in stile revival gotico inglese e Tudor. Un secolo più tardi ne è stata implementata la produzione vitivinicola, che oggi è conosciuta in tutto il Mondo per il suo Chianti. Anche qui c’è da fare uno sterrato facile, in mezzo ai cipressi, tipicamente “eroico”.

Scesi a sud fino a Pianella, si riprende verso nord raggiungendo il Parco Sculture del Chianti: si trova in un bosco, che artisti dei cinque continenti hanno interpretato con le loro opere. Inoltre, dodici di queste si trovano a Pievasciata ed è divertente andare a cercarle tutte.

Abbiamo poi il Castello dell’Aiola, che nel Quattrocento era una fortezza militare di difesa del confine tra lo Stato di Siena e quello di Firenze. Nel Seicento è stato trasformato in villa padronale. Nel 1934 Giovanni Malagodi ne ha fatto un’azienda vinicola specializzata in Chianti, che è diventata la fornitrice ufficiale di Palazzo Madama.

Aggiriamo gli sterrati e arriviamo al piccolo borgo di Palagio in Chianti (da non confondere, come sulle prime abbiamo fatto noi, con la Tenuta Palagio di Sting, situata a Figline Val d’Arno). Sulla via per la bella Castellina in Chianti, ecco la necropoli etrusca del Poggino, dove si possono visitare quattro tombe risalenti a un periodo tra il VII e il V secolo a.C

Dopo Poggibonsi si raggiunge San Gimignano, ovvero la Manhattan del Medioevo. La si vede da molto lontano e colpisce per la presenza di 14 torri, alte fino a 54 metri, che le conferiscono uno skyline particolarmente… moderno. E dire che, 700 anni fa, ce n’erano 72… Certo, la cittadina è fastidiosamente strapiena di turisti, noi compresi, ma come si fa a non visitarla? In Piazza Cisterna, curiosamente, ci sono due gelaterie (Dondoli e Dall’Olmo) che si fregiano del titolo di “gelato migliore del Mondo”. Altra stranezza: una delle due è vuota, l’altra ha una coda interminabile.

Da qui in poi si entra in quella zona della Toscana, in provincia di Pisa, che amiamo chiamare “delle dune d’erba” per via delle immense colline coltivate a grano che si estendono a perdita d’occhio. Ci sono pochi posti così in Italia, per esempio ci viene in mente l’area tra Potenza e Melfi (guardatevi il film “Io non ho paura” di Gabriele Salvatores).

Scivoliamo in un percorso circolare che passa per Lajatico, Casciana Terme, Santa Luce, Castellina Marittima e Volterra. Tutti luoghi degni di nota (Volterra si merita almeno una giornata di sosta), in più ci sono delle curiosità, come il Teatro del Silenzio di Lajatico, un anfiteatro naturale che il cantante Andrea Bocelli ha ricavato da una “duna d’erba”, nel 2006. Si chiama così perché resta in silenzio per la quasi totalità della sua vita, venendo impiegato solamente per uno spettacolo teatrale all’anno. Altrimenti, diventa un laghetto. Se amate Bocelli e siente in zona, il prossimo appuntamento è previsto per questo 28 luglio

Altra curiosità, l’Istituto Lama Tsong Khapa che si trova a Pomaia. Non ci intendiamo di queste cose ma, se siete in linea con le concezioni filosofiche del Dalai Lama e cercate un posto dove meditare tranquilli, o studiare filosofia, psicologia e meditazione, questa è casa vostra. Evidentemente la Toscana si presta a insediamenti di questo tipo, visto che, sul Monte Labbro (GR), c’è un tempio tibetano. In più, appena 3 km a sud di Pomaia, sulla strada per Castellina Marittima, in mezzo a una curva compare uno stupa (tipico monumento buddhista in cui vengono conservate reliquie).

Dopo Volterra salutiamo le dune. Inizia la lunga traversata verso il Monte Amiata, che inizia a vedersi bene all’orizzonte, spesso con un cappuccio di nubi sulla testa. Il percorso è sempre pieno di curve e si infila dentro foreste molto fitte. Ogni tanto ci divertiamo a esplorare uno dei piccolissimi borghi medievali che si trovano in cima ai colli, come Mensano, la cui Pieve di San Giovanni Battista è attribuita al Bonamico, architetto e scultore attivo anche a Pisa e a Castellina Marittima.

Sulla via principale, che è strettissima, si trova l’Antica Osteria del Borgo, dove le auto passano a fatica tra i tavolini e il muro. Ma ne passa una ogni tanto. La tranquillità è assoluta, si sta benissimo. Ci siamo solo noi, un abitante che passa a piedi e due ciclisti inglesi che la sanno lunga. Non è un posto di passaggio, ti ci devi arrampicare apposta.

Che bella, la Toscana. Si passa sotto al Castello di Montarrenti, che si trova in una zona così isolata, quindi priva di inquinamento luminoso, da essere sede di un osservatorio astronomico. Poco prima di Monticiano non si può non fare una deviazione per San Galgano e la sua famosa abbazia “cabriolet” in cui facevamo tappa durante i Viaggi di Motociclismo.

Un bel po’ dopo San Lorenzo a Merse, alto sopra una collina boscosissima, si trova il sinistro castello di Crevole, dove la leggenda dice che ci sia una biblioteca nascosta, non ancora trovata e protetta dal fantasma del vescovo Donosdeo Malavolti, morto qui nel XIV secolo, mentre difendeva il maniero. Se siete fortunati (ma anche no), dovreste venire aggrediti da lui, dal suo esercito e dai loro improperi.

Siamo ormai a Murlo, un minuscolo borgo di origini etrusche, raggomitolato su se stesso come un gatto addormentato. È la sede del Villaggio della Birra, una manifestazione che si svolge a settembre di ogni anno, dal 2007. Seguono altri borghi dominati da castelli, come Bibbiano e Castiglion del Bosco. Il primo è antichissimo (risale all’850) ed è stato posseduto anche dalla famiglia Borghese. Il secondo è dentro un bosco attraversato da una fantastica strada “millepieghe” ed è stato trasformato in un resort di lusso, un luogo di delizie da 800 euro a notte (comprensivi di cena all’Osteria La Canonica) con una cantina che produce brunello.

Poco più in là c’è Montalcino (SI), capitale di detto brunello, un’altra delle località medievali prese d’assalto dal turismo di massa di questo giro, al pari di San Gimignano e Volterra: e se ciò accade è perché è un bel posto. Anche qui abbiamo un interessante borgo medievale dominato da un castello.

Ormai il Monte Amiata è talmente vicino che, come capita con tutte le montagne, lo si vede meno bene che da lontano. Ci si può salire da varie parti, noi scegliamo Arcidosso (GR). Anche questo paese, per l’abbondanza di palazzi, chiese e fortificazioni, merita una visita accurata, ma per noi ha un fascino in più: è qui che è nato e che è stato ucciso David Lazzaretti, il “Cristo dell’Amiata”.

Non siamo seguaci della chiesa giurisdavidica da lui fondata, ma ci ha sempre incuriosito la sua vita: nato povero e cresciuto nella dissolutezza, in seguito a certe visioni (allucinazioni?) ha capito di essere una sorta di nuovo Gesù Cristo, s’è dato all’eremitaggio sul Monte Labbro, ha raccolto molti seguaci, ha infastidito la Chiesa cattolica fino a beccarsi l’accusa di eretico, tanto da venire ucciso, nel 1878, da un militare intenzionato a fermare una sua processione. Ancora oggi, sul Monte Amiata, ci sono discendenti dei suoi adepti.

Il nostro itinerario finisce qui, sulla vetta non panoramica dell’Amiata, un vulcano che raggiunge i 1.745 m di quota e che è ricoperto di foreste fino in vetta. La strada termina 70 m di dislivello più giù. Da Arezzo a qui, solcando le vie più brevi, avremmo percorso 90 km; noi ne abbiamo coperti 442. E li sono valsi tutti.

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