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In pista con la Vins Duecinquanta Competizione

Costa come una fuoriserie, ma il livello delle lavorazioni e l’esclusività tecnica ne giustificano – in buona parte – il prezzo. Siamo saliti in sella al primo modello dedicato alla pista, seguirà la versione stradale targata. Mai un motore 2T è stato così facile e abbinato ad una ciclistica che aiuta anche l’inesperto

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di Andrea Danese, Nicholas Freguia, Giulio Chiccoli (Polimi Motorcycle Factory)

Se nel 2015 avete visitato Eicma – perché è in quell’occasione che ha fatto il suo debutto, e poi si è ripresentata nel 2017 – l’avrete certamente vista. Come non notarla? La Vins attira l’attenzione perché è diversa da tutte le altre moto, sia per soluzioni tecniche, sia estetiche. Infatti l’idea dei soci fondatori della Vins, sin dall’inizio, è stata quella di costruire una moto leggera con soluzioni all’avanguardia e insolite, con un motore due tempi sfruttabile anche in strada. Qualcosa che potesse suscitare sensazioni difficilmente riscontrabili nell’attuale panorama motociclistico, insomma. Ma sarà veramente così? Per rispondere a questa domanda, siamo andati a Maranello, dove ha sede l’azienda che realizza questa sportiva: l’abbiamo studiata, analizzata e, infine, guidata. Innanzitutto, due sono i modelli: Duecinquanta con targa e fanali per la circolazione su strada, e Duecinquanta Competizione una moto pronto-pista ottima per i trak days -. Oggetto del nostro test è proprio quest’ultima versione, in fase più avanzata di sviluppo: la stradale sta ancora ultimando i passaggi per ottenere l’omologazione. La Duecinquanta ha, come suggerisce il nome, un motore di 250 cc in versione stradale, 288 cc la Competizione oggetto del nostro test; nello specifico, un bicilindrico 2T, ospitato in un telaio monoscocca in fibra di carbonio dal look molto futuristico. Sin dal primo sguardo, la moto comunica un senso di leggerezza, mentre salta subito all’occhio la cura maniacale con cui sono realizzati tutti i componenti in fibra di carbonio, molti dei quali atipici. Partiamo dall’avantreno: la sospensione anteriore è di tipo Hossack, a doppi triangoli sovrapposti con monoammortizzatore regolabile.

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Questa scelta, preferita alla tradizionale forcella telescopica, garantisce la possibilità di modificare la curva di progressione della sospensione semplicemente sostituendo le leve collegate di cui è composto il sistema. Questa configurazione è stata scelta anche per omaggiare il grande John Britten, del quale i ragazzi della Vins hanno sposato la filosofia di progettazione. Il telaio è un monoscocca in carbonio con inserti di rinforzo in alluminio: pesa 11 kg e possiede valori di rigidezza simili a quelle di un telaio da Moto3. Persino il forcellone è in fibra di carbonio ed è lungo ben 630 mm. Anche per la sospensione posteriore si è optato per una scelta non convenzionale: si trova infatti un ammortizzatore con push-rod parallele a doppia attuazione e con tirante in carbonio. Una soluzione derivata dalla F1 che, oltre ad avere un notevole impatto estetico, permette di ridurre gli sforzi locali sulle boccole di alluminio inserite nel forcellone in carbonio. Chiudono il comparto ciclistico due cerchi in fibra di carbonio (ma di serie saranno in magnesio) realizzati da BST secondo le specifiche degli Ingegneri Vins, per i quali sono state necessarie più di trenta revisioni di disegno prima di arrivare alla versione finale.

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Cuore pulsante di questo piccolo gioiello italiano è però il motore, un bicilindrico a V di 90° con fasatura big bang, che pesa soltanto 28 kg: un risultato eccezionale, ottenuto anche grazie all’assenza del contralbero e della pompa acqua. Il bilanciamento degli alberi - che sono montati in tandem e hanno rotazioni opposte - rende superfluo il contralbero, mentre la circolazione del liquido di raffreddamento è affidata a una pompa elettrica. Altra particolarità è rappresentata dall’innovativo impianto di iniezione elettronica, simile a quello di un moderno 4T. Dall’airbox, l’aria arriva ad un corpo di aspirazione dotato di due condotti da 38 mm di diametro, comandati da una farfalla ciascuno, seguiti poi dagli iniettori che sono posizionati direttamente all’interno di pacchi lamellari a doppia cuspide. I cilindri sono di derivazione Yamaha cross, mentre biella e albero motore sono prodotti secondo specifiche Vins. Il cambio è a sei rapporti, di tipo estraibile; il corretto posizionando degli alberi ha anche permesso un’ulteriore riduzione degli ingombri e del peso dei carter motore. Come in tutti i 2T di ultima generazione, sono presenti delle valvole parzializzartici sulle luci di scarico, in questo caso azionate con motori passo-passo. Per lo scarico sono state scelte delle espansioni Jolly Moto, che conferiscono un classico look da corsa alla Duecinquanta Competizione. Il risultato è un motore con un’erogazione tutt’altro che appuntita e cattiva, come ci si aspetterebbe da un 2T da GP. Al contrario, si è cercato di ottenere una spinta più lineare possibile, garantendo buona potenza fin dai bassi regimi, per consentire a chiunque di divertirsi. Proprio come è capitato a noi...

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Per testare la Vins ci siamo recati al circuito di Cremona, tracciato in grado di mettere in evidenza sia le prestazioni motoristiche, sia le doti dinamiche. Appena saliti in sella, ci si rende conto che la posizione di guida è adeguata anche per piloti di statura elevata. Inoltre è possibile regolare la posizione delle pedane e l’apertura dei semimanubri, per meglio cucirsi addosso l’ergonomia, anche se proprio i manubri hanno un limite: più si chiudono e più si inclinano. In pratica traslano su due assi contemporaneametne, impedendo una regolazione fine e separata in altezza e in angolatura. Una volta entrati in pista, bastano poche curve per avere la netta sensazione di essere a bordo di una moto di cilindrata inferiore: il peso che si avverte è ridottissimo, la facilità nello scendere in piega è disarmante e i cambi di direzione sono fulminei. D’altro canto è notevole anche la stabilità, in particolare durante la fase di inserimento e staccata nella quale la potenza frenante, persino esagerata, non manca mai e l’impianto non mostra segni di fading. La sospensione anteriore ha un comportamento differente rispetto a una tradizionale forcella, con trasferimenti di carico meno marcati rispetto ad una moto “classica”. Questa particolarità infonde molta fiducia, dando la sensazione di poter frenare sempre un po’ più avanti e di poter percorrere a velocità più sostentute le curve. In fase di uscita c’è sempre tanta trazione e la moto non ha la tendenza ad allargare, consentendo di percorrere sempre la migliore traiettoria. Nonostante la configurazione atipica, poi, la sospensione posteriore trasmette le medesime sensazioni di quelle a cui siamo abituati. Il risultato è una moto poco stancante ed equilibrata in tutte le situazioni. Il motore ha una buona spinta fin dai regimi più bassi, progredendo fino al fondo del contagiri con un’erogazione dolce e costante, che certo non può mettere in crisi i piloti meno esperti. Il dashboard mostra tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno risultando sempre ben leggibile grazie all’ottima luminosità dello schermo e dei LED di cambiata. Insomma: l’obiettivo di realizzare una divertentissima moto da track days è perfettamente centrato! E, in ottica di un utilizzo stradale con la versione targata, ci viene da pensare che la Duecinquanta sarà un’arma letale anche tra le curve di montagna. L’unico appunto che ci sentiamo di fare è relativo alle vibrazioni, chiaramente avvertibili e un po’ fastidiose sopra i 7.000 giri/min. Questo è però un problema trascurabile, in rapporto alle sensazioni di leggerezza, sportività e sound che la Vins Duecinquanta sa regalare. A patto di avere 60.000 euro da spendere…

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