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Kawasaki Z650RS 2022: come va, pregi e difetti

Abbiamo provato la nuova Kawasaki Z650RS, ispirata nel design alla Z650-B1 del 1977. La retrò di Akashi è spinta da un bicilindrico parallelo capace di erogare 68 CV, ma disponibile anche in versione 35 kW per chi possiede la patente A2. Vi diamo le nostre prime impressioni di guida e vi diciamo come va, con pregi e difetti

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Kawasaki amplia la gamma delle sport-retrò con una moto che trae ispirazione dalla storia del marchio, in particolare dalla Z650-B1 del 1977. Il nuovo modello si chiama Z650RS e ripete lo schema già visto sulla sorella maggiore: tecnologia moderna, linee vintage. Per quanto riguarda la parte tecnica potete cliccare qui e approdare alla pagina di presentazione del modello, dove vi spieghiamo com'è fatta e quali sono le caratteristiche. Nella pagina a seguire trovate il nostro test.

La Kawasaki Z650RS sarà disponibile a partire da dicembre 2021, il prezzo verrà svelato a EICMA.

Dopo la Z900RS, la famiglia heritage di Kawasaki si amplia verso cilindrate e prestazioni più accessibili. La Z650 abbandona le aggressive linee Sugomi e si veste di un abito classico, ispirato anche nei dettagli (colori, pinstriping, badge) alla omonima Z650 B1 del 1977. Se la base meccanica e ciclistica rimane identica a quella della naked, la Retro Sport non è un clone nella dinamica e nelle sensazioni di guida, benché porti con sé il generoso bagaglio di buone qualità della sorella: leggerezza, maneggevolezza, erogazione elastica e buona frenata. Ma andiamo con ordine e saliamo in sella, dove si percepiscono le prime differenze già da fermi. La seduta è ad una giusta altezza per non avere le gambe troppo rannicchiate, ma grazie alla conformazione arrotondata e ai fianchi stretti, toccare terra con entrambi i piedi è alla portata di piloti di tutte le stature. Il manubrio è alto, non troppo largo e abbastanza ravvicinato, così da far assumere una posizione di guida abbastanza passiva o, come dicono gli uomini del marketing Kawasaki, rilassata. Braccia e gambe rilassate, schiena dritta, sensazione di poco peso tra le gambe. E poi c’è quel bel serbatoio – meno panciuto, più affusolato di quello della Z900RS – che è una gioia stringere tra le ginocchia. Diversamente alla Z650, con la RS ci si sente meno inseriti nella moto, piuttosto appollaiati sopra, e si trova un’ergonomia che ispira più spensierate passeggiate che sfide tra le curve.

Eppure la maneggevolezza non manca. Le quote sono sostanzialmente le stesse della naked e idem l’ottimo bilanciamento, ma la sensazione è quella di un avantreno più leggero, meno incline ad aggredire i tornanti e leggermente meno svelto nei cambi di direzione. Le sospensioni – specialmente la forcella – sono soffici e ottime per assorbire tutte le asperità della guida cittadina, ma se si forza il ritmo, magari su un asfalto non proprio perfetto, sottraggono un po’ di precisione alle traiettorie, pur senza mettere mai in difficoltà il pilota. Perché alla base ci sono tanto equilibrio e una facilità disarmante: la guida della Z650RS è intuitiva e immediata, mai stancante. In una parola: amichevole. L’unico limite, se proprio si vuole essere puntigliosi, viene dalle gomme (Dunlop RoadSport 2) che, a fronte di un profilo tondo e omogeneo, offrono un grip solo discreto. E non parliamo di pieghe da ginocchio a terra: il fatto è che non offrono immediata confidenza e vanno scaldate a dovere per rendere al meglio. Anche in frenata si avverte questa pecca: la potenza dell’impianto è perfetta e la dosabilità millimetrica eppure, pur senza andare a cercare asfalto umido o brecciolino, l’ABS viene chiamato in causa più spesso di quanto ci saremmo aspettati, specialmente al posteriore.

Una piacevole conferma invece viene dal motore, accompagnato da un cambio inappuntabile per precisione e dolcezza di innesti. Grintoso e pieno già ai bassi regimi, il seiemmezzo di Akashi è elastico e progressivo, capace di allungare fino ai 10.000 giri/min, anche se oltre i 7.000 giri/min la spinta si appiattisce e perde un po’ di verve. L’erogazione rimane però sempre dolce e dosabilissima, tanto che i tecnici Kawasaki non hanno ritenuto opportuno fornire la moto di traction control, cosa che noi invece avremmo accolto con favore, vista anche la resa degli pneumatici di primo equipaggiamento e il target cui si rivolge la Z650RS, ovvero (anche) neofiti e motociclisti di ritorno. Il bicilindrico parallelo frontemarcia, con manovellismi a 180°, che da oltre 15 anni calca la scena (nato per equipaggiare la ER-6n del 2005, lo troviamo oggi anche su Z650, Ninja 650 e Versys) genera uno sciame di vibrazioni – avvertibili specialmente alle pedane – nel range compreso tra i 3.500 e i 5.500 giri/min, ovvero quello più utilizzato nella guida disimpegnata cui è propensa la Z650RS, ma dire che siano fastidiose è eccessivo. Oltre quella soglia l’intensità delle vibrazioni cala, tanto che viaggiando in autostrada (a 130 km/h in sesta il motore frulla a circa 6.500 giri/min), si sentono appena. I trasferimenti da casello a casello rimangono tuttavia una scocciatura per la totale assenza di riparo aerodinamico che, complice la posizione poco caricata sul manubrio, accoglie l’aria della corsa in pieno petto, in uno stancante abbraccio.

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