Nel cambio di nome, da Z1000SX a Ninja 1000SX, è insita la volontà di semplificare la classificazione dei modelli, più che dare una connotazione più sportiva alla maxi di Akashi. Rispetto al modello che va a sostituire infatti, non è a nostro avviso più “racing”, ma certamente più completa, in virtù di una elettronica più sofisticata e di alcuni accessori che mancavano alla Z1000SX, come il TFT completo e connettibile allo smartphone, il quickshifter bidirezionale, il cruise control e le manopole riscaldabili (queste ultime come optional).
Per il resto, ritroviamo molti caratteri in comune con la sport-tourer di precedente generazione. Il motore, ad esempio, era e rimane un portento. Non c’è regime al quale non sia godibile. Elastico come solo i 4 cilindri sanno essere, spinge con una regolarità esemplare e con buona schiena sin dalla parte medio-bassa del contagiri, esprimendosi poi in un gagliardo allungo. In un percorso misto abbastanza tortuoso, ci siamo concessi il lusso di lasciare inserita la terza marcia e di giocare semplicemente col gas, affidandoci alle gran doti di ripresa e linearità dell’erogazione. E proprio in questa situazione è emersa la risposta sopraffina e dosabilissima del Ride by Wire, esente da effetti on/off o anche infinitesimali ritardi al comando dettato dal polso del pilota. Se però si vuole abbandonare le andature turistiche e far ringhiare il motore da metà contagiri in su, cambio e frizione – entrambi di burro – assecondano i pruriti sportivi del pilota. Il primo – ora dotato di quickshifter bidirezionale - è preciso negli innesti e ben spaziato, la seconda dosabile al millimetro e mai stancante nemmeno nell’uso ripetuto in città.
L’elettronica si avvale di quattro Riding Mode: Rain, Road, Sport e Rider, quest’ultima configurabile a piacimento dal pilota. La mappa Sport e la Road sono praticamente identiche in fatto di potenza massima (142 CV a 10.000 giri/min), erogazione e risposta al gas; quello che cambia è l’intervento del controllo di trazione e dell’ABS, più “liberi” nella modalità più sportiva. Con la Rain invece il quattro in linea mette a disposizione solo il 75% della sua potenza, arrivando ad un massimo di 106,5 CV e i controlli elettronici sono più invasivi. Persino troppo, a nostro avviso: con asfalto non certo caldo, ma asciutto, si avverte spesso il “taglio” di potenza quando si apre il gas in uscita di curva. E non stiamo parlando di “manate” a moto molto inclinata, ma di aperture progressive e correggibili anche senza centraline intrusive.
A livello dinamico, la Ninja è stabilissima ed esalta nei curvoni veloci, dove pare correre come su binari; e non c’è avvallamento o sconnessione che possa turbare la traiettoria. Nel misto, anche stretto, se la cava egregiamente, sfoderando doti di maneggevolezza e precisione, complici anche le nuove gomme di primo equipaggiamento, le Bridgestone Battlax S22, che restituiscono grande feeling in ogni situazione, combinando buon grip in piega con agilità elevata. Se della Z1000SX ricordavamo una discesa in piega repentina, ma che tendeva a “tirare dentro”, ora la Ninja appare più neutra ed equilibrata.
Le sospensioni – regolabili manualmente – sono esenti da critiche: già in configurazione standard si sono rivelate ben sostenute, ma mai eccessivamente rigide, sempre in grado di assorbire le asperità che possono trasformare un bel viaggio o una semplice gita in un calvario per i polsi e per la schiena. La Ninja 1000SX riserva particolare attenzione al comfort: la sella del pilota è imbottita e conformata alla perfezione, né troppo soffice, né troppo rigida, e abbastanza ampia da non stancare nemmeno dopo una giornata di curve o autostrade. Anche il passeggero gode di un certo grado di comodità: gli ingegneri di Akashi hanno dato retta ai suggerimenti dei trasportati e hanno ridisegnato la sella, ora più ampia e morbida. Le pedane – per entrambi gli ospiti della moto – sono adeguatamente distanziate; qualche dubbio rimane solo per le maniglie del passeggero, generose e solide, ma piazzate proprio sotto il piano di seduta, quindi non propriamente pratiche. Il plexiglas è stato ridisegnato e, regolabile in quattro differenti posizioni, scarica parzialmente il busto dalla pressione diretta dell’aria (regolato alla massima altezza), ma genera comunque delle turbolenze tra la carena e il pilota, avvertibili nella zona delle spalle e del petto. Durante il test non abbiamo avuto modo di provare il parabrezza più ampio, offerto come optional, ma ci auguriamo faccia meglio di quello di serie. L’impianto frenante strappa solo lodi: basta un dito per modulare una normale frenata, ma se vuoi staccare davvero forte basta tirare appena di più la leva per ottenere potenza in quantità. Ottimo anche l’intervento – sempre discreto – dell’ABS, ora con funzione cornering.