La versione in prova è la V4 S, con il sistema Ducati Electronic Suspension (DES) EVO con sospensioni e ammortizzatore di sterzo Öhlins, e la prova è parziale, nel senso che si svolge in pista e con le gomme slick Pirelli Diablo Superbike. In pista, anche se ci si impegna, è proprio impossibile guidare come su strada, dopo due curve si è già ben oltre il limite, e in più mancano tutte le variabili dovute all’asfalto mutevole: per completare la prova occorrerà quindi tornare sull’argomento, e sarà un vero piacere risalire in sella alla Streetfighter. Moto straordinariamente coinvolgente.
La posizione di guida è comoda, con un’ottima triangolazione sella, pedane, manubrio, non affaticante e adatta possiamo dire a tutte le taglie. In più c’è spazio per arretrate, obbligatorio in rettilineo viste le prestazioni, e tutto è pensato per muoversi liberamente nella guida sportiva.
Furia, ma non selvaggia
Inutile negarlo, anche se si è navigati quando sali in sella a una moto da oltre 200 CV un pizzico (anche due) di apprensione c’è, ma l’elettronica ha compiuto un ulteriore grande passo avanti, rispetto alla già evoluta versione precedente, ed è capace di metterti subito a tuo agio in ogni frangente. Lo stesso vale per la ciclistica: la Streetfighter non è nervosa né dura da inserire, ma perfettamente bilanciata e con un avantreno straordinariamente preciso e sicuro. Ha un appoggio solidissimo in frenata, anche a moto inclinata, si inserisce in curva con naturalezza, e risponde alle correzioni di traiettoria con precisione, compresi i cambi di direzioni più repentini.
Ciclistica e meccanica hanno proprio questo elemento comune, la capacità di trasmettere un’immediata, grande, sicurezza: V4 S si guida così a mente libera, nonostante sia a tutti gli effetti una superbike con il manubrio alto e senza carenatura, con prestazioni da capogiro. Non lo avresti mai detto.
Una mappa per ogni marcia
Il Power Mode High, quello legato alle mappe Sport e Race, ha una mappa dedicata a ogni marcia, e la risposta all’acceleratore è sempre naturale, poiché lavora smussando la grinta (il picco di coppia) nelle marce basse e liberando progressivamente il V4 avvicinandosi a quelle alte, senza soluzione di continuità, offrendo così una risposta naturale e bilanciata, adeguata al rapporto e al regime che si sta usando al momento. Il risultato è che ti sorprendi ad essere così “bravo” a gestire una moto dalle prestazioni stratosferiche, e alla fine della giornata scopri che non è poi così cattiva come sembra, anzi, è diventata la tua buona compagna.
Buona, certo, poi se la vuoi cattiva non c’è che da spalancare il gas. Da metà contagiri in poi il V4 ti lancia nell’iperspazio e ti rendi conto non solo di cosa vuol dire correre con sotto il sedere 200 CV e rotti, ma inizi anche a comprendere il concetto spazio-tempo, con i rettilinei che si accorciano a vista d’occhio e le curve che ti rimbalzano addosso a velocità impressionante.
A cosa serve?
Il bello del web è che dà la parola a tutti, e c’è anche qualcuno che si chiede a cosa serve tanta potenza su strada. Prima di tutto se dovessimo vedere quella che veramente ci serve ne basterebbe un quarto di quella della Streetfighter (tre quarti delle moto sono quindi inutili), ma se sei arrivato a leggere fino a qui vuol dire che sei un motociclista che ama le sportive, e ti conosciamo bene: ti batte il cuore solo a sapere che sulla tua naked c’è il motore di una superbike ufficiale di qualche anno fa. Giri la chiave, dai un colpetto di gas (la voce non manca, alla faccia delle Euro 5), e un brivido ti corre sulla schiena. Ecco a cosa serve.
Come si fa senza protezione?
Naked: altra parola magica. Come si fa senza protezione? Se vuoi viaggiare comodo ci sono tante altre moto, anche con la radio; se invece vuoi spingere il cuore al limitatore c’è questa hypernaked. Su strada ovviamente si usa solo una piccola parte della birra a disposizione; in pista invece il coinvolgimento è massimo. Perché oltre ad avere il manubrio ampio, gustosissimo nei tratti guidati, nei rettilinei devi pure lottare con l’aria, e, credi, non è un difetto, è una grande emozione.
Una lotta all’ultimo cartello della staccata, all’ultimo km/h, 240-250-260… E poi via a spingere sui freni (basta un dito), scalare quattro marce solo sfiorando il cambio (DQS, we love you), sentire la gomma che morde l’asfalto, infilare la curva disegnandola con il compasso, spalancare il gas credendo di domare il V4 che ti delizia con gloriose impennate e dolci planate facendo puntare la ruota alla prossima staccata. E via così per ogni curva del tracciato. Alla prima curva è già amore.