Tra i modelli in gamma (oltre a quello in prova ci sono SS 100, Anniversary e AMB 001, nata dalla collaborazione con Aston Martin), la Pendine Sand Racer può essere considerata la entry level. Dire una cosa del genere di una moto da 63.000 euro fa sorridere, ma è proprio così: la più prestigiosa AMB 001 arriva a oltre 100.000 euro… Il nome si rifà alla omonima spiaggia del Galles meridionale dove fino agli anni Cinquanta si correvano gare di velocità con le due e le quattro ruote e dove la Brough Superior raccolse molteplici successi. Oggi la Pendine ha poco della moto da competizione: si tratta piuttosto di una roadster adatta alla guida disimpegnata, ma con un look da scrambler. La ruota anteriore da 19”, il manubrio largo, lo scarico alto e la griglia sul faro ammiccano alle strade bianche, ma questa moto è una stradale al 100%. Ce ne rendiamo conto al primo colpo d’occhio e ne abbiamo conferma una volta in movimento. Si tratta di una moto lunga; non impacciata, ma certo non agilis sima come una scrambler dovrebbe essere. Le sospensioni sono ottime su asfalto, ma non garantiscono molta escursione e non sono in grado di digerire le sollecitazioni di un offroad leggero. L’ergonomia stessa restituisce una posizione rilassata, poco attiva. La posizione in sella è confortevole: il manubrio largo e con le estremità dolcemente ripiegate all’indietro è più da dirt track che da scrambler, ma offre pieno controllo. La nostra presa di contatto è stata abbastanza breve, ma il piano di seduta si rivela ben imbottito e adeguatamente distanziato dalle pedane, ma non troppo lungo per potersi spostare avanti e indietro con il sedere. Meglio godersela dunque al trotto, anche se questo cavallo di razza è capace di correre al galoppo. Il motore infatti è un robusto bicilindrico 1000, accreditato per poco più di 100 CV. Non è troppo “tirato”, proprio perché sia godibile a tutti i regimi. Sulle prime ci ha ricordato molto da vicino i “pomponi” Ducati ad aria, quelli delle Scrambler per intenderci: gira fluido e regolare sin dal primo avviamento e le vibrazioni sono contenute, quasi inavvertibili. La spinta è progressiva, robusta, pastosa. La fluidità d’erogazione è esemplare. Puoi passeggiare con un filo di gas e una marcia alta inserita senza scossoni, per poi riprendere con vigore per un sorpasso senza scalare, semplicemente ruotando la manopola destra. La frizione è morbida da azionare e lo stacco è preciso. Il cambio ha innesti solo leggermente contrastati e senza un’eccessiva corsa del pedale. Lo scarico corre alto sul lato sinistro e solo una paratia di metallo lo separa dal polpaccio: il calore si avverte – inevitabilmente – ma si è ripagati da un sound piacevolmente ricco e cupo. Di serie, la Pendine nasce con due silenziatori separati e più bassi sul lato destro, omologati e con una voce più mansueta, ma la moto viene consegnata, in aggiunta, anche con questi tromboni e relativi collettori, senza aggiungere un euro in più. Quello che manca è invece il controllo di trazione. Vero è che l’erogazione fluida sia un valido aiuto nel gestire il motore, ma rischiare di sfasciare una moto da sessantatremila euro per una perdita d’aderenza in accelerazione è un pensiero che non ci lascia indifferenti. Con tanta attenzione ai particolari, questo è un dettaglio che non deve mancare.