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Benda BD300 Sporty: come va, pregi e difetti

Arriva dalla Cina una piccola cruiser dal look accattivante e con finiture curate. L’ergonomia è ben studiata anche per piloti di statura elevata, mentre la guida è divertente ed efficace nel misto. Una vera sorpresa il motore, trattabile e vivace. Scarse la sospensione posteriore e la luce a terra. Il nostro test della Benda BD300 Sporty, con pregi e difetti

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Era ora. Da qualche anno stiamo assistendo al ritorno delle medio-piccole cilindrate, quelle che fino ai primi anni Duemila erano le moto-scuola per tutti quei motociclisti che non ne volevano sapere di restare ancorati alla sella del proprio motorino o addirittura mollare le due ruote per una banalissima automobile. Peccato solo che a risvegliare questo segmento, e in parte anche la voglia di moto che si era persa negli ultimi 15 anni, siano solo marchi proveniente dal Far East. E non ci riferiamo alle quattro sorelle giapponesi, quanto ai colossi indiani e cinesi. È anche vero che, ragionandoci sopra, non poteva essere altrimenti: solo loro hanno la potenza di fuoco per riuscire a produrne milioni di pezzi senza che costino uno sproposito, sia a loro che le fanno, sia a noi che le compriamo. Per quanto riguarda il mercato italiano, Benelli in questo ha fatto da apripista a tutte le aziende che, piano piano, stanno arrivando qui da noi con prodotti validi sia sul lato fruibilità sia su quello della qualità, da Voge a Zontes o CF Moto, per finire al marchio Benda del gruppo Zhejiang Changling Binjiang Motorcycle Co., un altro supercolosso che produce di tutto e per tutti, anche per aziende automobilistiche di alto rango.

Ma, al di là dei ragionamenti di mercato, la protagonista di questo test – la Benda BD300 – è davvero una piacevole sorpresa. Non solo per quanto riguarda l’aspetto dinamico - di cui diremo tra poco - ma anche per la bontà costruttiva, tipica di una moto che vuole diventare la prima della classe nella sua categoria. Un segmento ancora piccolo: tra le sue papabili concorrenti inseriamo la Benelli Imperiale e la Royal Enfield Meteor 350, oltre alla Zontes 310V, benché si tratti di monocilindriche dallo stile differente. Concettualmente è più vicina a Honda CMX500 Rebel e Benelli 502C. Certo, cilindrata, peso e prestazioni sono distanti, ma il concetto di cruiser entry-level è quello. Basta girarle intorno per capire che ha tutte le carte in regola per fare breccia nei cuori di chi ha un debole per le custom e ancor di più per chi è rimasto “orfano” della Harley-Davidson Sportster 883, di cui riprende alcuni stilemi estetici e l’impostazione di guida, benché con peso e prestazioni decisamente ridotti. La BD300 Sporty – anche il nome ricorda l’icona di Milwaukee – è una vera custom in miniatura: le linee sono moderne, muscolose nella zona anteriore e allo stesso tempo rispettose dei classici canoni all’americana nella parte posteriore. Il serbatoio a goccia è ben raccordato con la sella e con il parafango posteriore. Sul telaietto che lo sorregge, sono fissati i due ammortizzatori (regolabili nel precarico molla) e dietro spicca il faretto tondo full LED, così come a LED è anche il fanale anteriore, stretto tra i foderi della forcella a steli rovesciati e non tradizionali, una scelta che ai puristi potrebbe far storcere il naso, ma che – secondo noi – rispecchia perfettamente i gusti odierni. Ci sono poi una grossa piastra inferiore di sterzo a triplo attacco (roba da maximoto sportiva), ruote in lega a 16 razze che ricordano quelle a raggi e un freno con pinza ad attacco radiale. Un walzer tra modernità e classicismo che continua con il manubrio biconico bello largo alle cui estremità sono “appesi” gli specchietti messi a testa in giù. La trasmissione finale è a cinghia, una soluzione unica in questo segmento, che eleva ancora di più il valore della moto. Il motore ha forme e architettura che fanno il verso ai twin statunitensi, ma le somiglianze sono solo esterne: questo è un progetto tutto nuovo e realizzato in casa. Omologato Euro 5, ha cilindrata di 298 cc, raffreddamento a liquido e quattro valvole per cilindro: roba raffinata, insomma, specie per una piccola cilindrata. Eroga 30,6 CV a 8.500 giri/min e 26 Nm a 6.500 giri/min, valori più che sufficienti per far muovere velocemente i 170 kg dichiarati a secco. Insomma, il design è ben studiato, la potenza c’è e il peso è contenuto.

Le prime parole che vengono in mente, guidando la BD300, sono: facile e sorprendente. E non ci riferiamo solo al comportamento del twin. La moto sorprende perché è equilibrio allo stato puro. E, in questo, è due spanne sopra alla Harley cui si ispira e su cui, probabilmente, ha influito l’esperienza nel mondo custom del distributore italiano (leggete l’intervista nel box qui accanto). Il peso non si sente, nemmeno nelle manovre da fermo. Nonostante le dimensioni siano compatte, si sta comodi e a proprio agio, le pedane sono leggermente avanzate, la sella bassa non costringe le gambe ad angoli improbabili e il manubrio è alla giusta distanza per avere il controllo totale del mezzo e assumere anche quella seduta da “duro” che su questa tipologia di moto è quasi un must (braccia e gambe larghe, busto ricurvo in avanti… avete capito, no?). Il passeggero, come spesso accade sulle custom, non se la passa proprio bene vista l’esiguo spazio dedicato, mentre c’è il “problemino” degli specchietti all’ingiù: nelle inversioni di marcia, finiscono per toccare le ginocchia dei piloti più alti, ma si può risolvere semplicemente mettendoli “in piedi”, ovvero ruotandoli verso l’alto. Una soluzione esteticamente meno accattivante, ma più sicura e pratica (si guadagna anche una migliore visuale). Lo sterzo è reattivo, giri lo sguardo e la Sporty piega velocemente alla ricerca del centro curva, merito anche della leva offerta dal largo manubrio. Ma non solo. Telaio e sospensioni sono studiati per una guida allegra, sportiveggiante quasi. La moto, scende in curva rapida, precisa e con rotondità. Il feeling con l’avantreno è totale: non allarga e non chiude, segue la traiettoria impostata con naturalezza trasmettendo tanta sicurezza. Il suo limite è l’angolo di piega dettato dalla poca luce a terra delle pedane. Poco male, basta stare attenti a non metterci troppa foga in ingresso di curva e il gioco è fatto. La taratura della forcella è un buon compromesso tra comfort e guidabilità, ha una scorrevolezza più che discreta e assorbe le imperfezioni dell’asfalto a differenza della coppia di ammortizzatori, troppo secchi sulle buche (come su tutte le moto di questa tipologia, del resto). Gli pneumatici, di un marchio cinese mai sentito e impronunciabile, sono piuttosto comunicativi e omogenei sia nell’impostare la curva, sia nei cambi di direzione rapidi. Discreta la frenata, proporzionata alle prestazioni e al peso della moto: il posteriore è gestibile e accompagna bene; l’anteriore è dosabile e pronto nell’attacco iniziale per poi non essere mai troppo aggressivo, anche quando si strizza forte la leva al manubrio nelle frenate più decise, per non mettere in difficoltà i neofiti.

Ed ora, il motore. Come il dolce, lo abbiamo lasciato alla fine perché è l’anima di questa Sporty 300. Il twin cinese è regolarissimo. Non scalcia, non strattona ai bassi regimi, ha una elasticità ottima in ogni marcia e permette di muoversi a bassissima velocità anche in terza senza “calci”, con una risposta al comando del gas sempre presente e pulita. L’erogazione è progressiva e lineare, non si percepiscono “buchi” e si dimostra brillante: a 6.000 giri/min c’è un lieve cambio di carattere sottolineato da qualche vibrazione (nulla di insopportabile), ma soprattutto dallo scarico che da baritonale cambia voce verso note più alte. Questo del sound è un aspetto interessante, perché fa capire come questo bicilindrico voglia piacere a tutti, specialmente quando romba ai bassi e in rilascio. Il contagiri sale ben oltre gli 8.000 giri/min, anche se oltre questo regime è inutile insistere perché la progressione si fa più debole; il cambio è ben spaziato, con innesti precisi e piuttosto rapidi. Se non è ancora chiaro, questa Benda BD300 ci piace parecchio, è una moto che dà soddisfazioni sotto ogni suo aspetto: ha forme piacevoli, finiture curate e, una volta in sella, trasmette buone sensazioni. E i difetti – luce a terra ridotta e sospensione posteriore secca – sono limitati. Se poi ci mettiamo un prezzo interessante e in linea con la qualità costruttiva della moto, possiamo dire che… è nata una stella.

Testo di Alfredo Verdicchio.

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