Per avere più potenza mantenendo il medesimo layout di motore, i tecnici della Suzuki intervengono radicalmente sul quattro cilindri. Nuovo imbiellaggio a corsa corta (con misure di alesaggio per corsa che passano da 70x48,7 mm a 77x44,7 mm) valvole di aspirazione e scarico di maggior diametro, condotti di aspirazione più inclinati, nuova conformazione dei pistoni e della camera di scoppio, rapporto di compressione aumentato e nuova batteria di carburatori a depressione da 36 mm a valvola semi piatta. Il nuovo motore ha così 4 CV in più del precedente (112 CV alla ruota il valore dichiarato), un maggior allungo e una miglior erogazione ai medi regimi, anche se in questo range di utilizzo il quattro cilindri Suzuki non è molto corposo, perché dà il meglio in alto. Per quanto riguarda invece la ciclistica, il telaio rispecchia fedelmente lo schema di quello adottato sulla moto da Endurance vincitrice del titolo iridato 1987 con Moineau e Le Bhian (ri-cordiamo che il regolamento tecnico dell’epoca consentiva di correre con dei prototipi derivati dalla serie). Pur mantenendo lo stesso disegno a doppia culla continua del precedente, è più rigido e compatto della versione 1984-1986 ed è più raccolto attorno al motore, che qui si trova montato più in basso per abbassare il baricentro. L’altezza fra il cannotto di sterzo e il pivot del forcellone viene ridotta, così come è differente l’inclinazione del cannotto di sterzo (si passa da 26° a 24° e 10’). La nuova forcella da 43 mm, il monoammortizzatore rivisto e i freni a disco di maggior diametro completano le novità tecniche alla ciclistica mirate a sfruttare al meglio le possibilità offerte dai nuovi cerchi da 17” che montano la nuova generazione di gomme radiali Michelin in grado di offrire ben altra aderenza rispetto ai precedenti pneumatici di primo equipaggiamento.
Come aveva già fatto nel 1984, per l’estetica della nuova GSX-R 750 l’ingegner Tetsumi Ishii si rifà alla moto da Endurance. “Esteticamente la 750 R ricorda molto la motovincitrice nell’Endurance – si legge nella prova pubblicata da Motociclismo sul numero di maggio 1988 - persino la grafica è sapientemente la stessa. Ha una forte personalità sportiva con una linea per niente avveniristica ma funzionale, come deve essere quella di una moto da corsa. Più coordinata della precedente versione, è riuscitissima nelle forme del serbatoio e delle fiancate, nel cupolino e ha un avantreno di grande effetto. Di serie è fornito un codino che trasforma la sella in monoposto e migliora sensibilmente la linea.” Fin dalla prima presa di contatto la nuova GSXR rivela come gli sforzi dei tecnici Suzuki per migliorare le prestazioni siano andati a buon fine, “La posizione di guida si avvicina più di prima a quella di una moto da corsa – prosegue la prova di Motociclismo - Nei confronti della prima versione poi, il peso del busto grava maggiormente sui polsi, il manubrio è infatti più stretto e più basso rispetto al piano sella e le pedane sono più alte. A confronto, persino la GSX-R 1100 offre una posizione da granturismo, con manubrio più ampio e rialzato e cupolino più generoso. Sulla nuova 750 non si è fatto nessun compromesso nell’assetto del pilota; rinunciare ad un poco di comodità in città o con il passeggero a bordo diventa però facile non appena si ha modo di apprezzare i vantaggi di una posizione così nella guida sportiva più genuina.” “Raramente capita di guidare moto così equilibrate, capaci di dare tanta soddisfazione nellaguida. La GSX-R 750 rientra in quel ristretto gruppo di moto sportive che negli ultimi anni hanno saputo appagare i motociclisti più esigenti ed esperti. Ha una guidabilità ai massimi livelli, un comportamento sempre neutro ed una stabilità davvero solida. La 750 ha guadagnato in maneggevolezza e precisione in ingresso curva. È vero che pesa 15 kg in più rispetto alla versione del 1985, ma su strada la sensazione è opposta. La GSX-R trova in un attimo l’inclinazione giusta, non ha bisogno di correzioni e segue con rigore la traiettoria impostata. In accelerazione l’avantreno non si alleggerisce mai in maniera brutale e nemmeno sullo sconnesso le sospensioni si scompongono disturbando la traiettoria. In pista si piega davvero tanto, ma si arriva in fretta a strisciare l’asfalto con la pancia della carenatura e con gli scarichi. La frenata della coppia di dischi flottanti anteriori è tra le migliori che abbiamo mai provato, sotto sforzo si allunga la corsa della leva di comando, ma gli spazi restano da record. In staccata invece è migliorabile la geometria sospensione posteriore che così come è solleva troppo il retrotreno e permette di sfruttare poco il freno posteriore. Il motore della nuova GSX-R è quello con l’erogazione più sostenuta, da vero sportivo. È regolare al minimo, ma fa intendere di voler girare alto, ha già una buona elasticità a 5.000 giri ma il bello arriva duemila giri dopo, con un sensibile aumento di coppia ed una salita di regime molto regolare che porta rapidamente l’ago del contagiri ai limiti della zona rossa. Da 8.000 a 11.000 giri è un motore che spinge forte, in maniera molto regolare, a differenza della prima versione, passato il regime di potenza massima, mostra di saper allungare bene fin oltre quota 12.000 giri indicata. È un motore che vibra poco, ha un lieve picco a 7.000 giri, e che mantiene una buona silenziosità meccanica, con un cambio rapportato a dovere ed una frizione che tende a gonfiarsi solo dopo ripetute strapazzate. Soltanto il consumo di carburante resta un po’ alto. Il progresso nei confronti della prima versione è stato in definitiva netto. Ciclistica e motore ne fanno un vero esempio di riferimento per tutta la concorrenza. Rimane una versatilità sempre più ridotta e soprattutto resta un prezzo largamente superiore alla media. Ma questo pare un ostacolo superabile per il pubblico sportivo, capace di qualche sacrificio economico in cambio di prestazioni davvero vicine a quelle delle moto da corsa, da vera Race replica appunto.”
In effetti, il prezzo d’acquisto pare non essere un ostacolo. La GSX-R 750 serie J nel 1988 in Italia costa 14.190.000 lire, cioè come una 1.000 c (addirittura, restando in casa Suzuki, è più cara della GSX-R 1100 che però è ancora il vecchio modello, simile alla 750) ma sono in molti a preferirla alle concorrenti, attratti soprattutto dal palmarés sportivo. La nuova GSX-R 750 infatti emerge finalmente anche in pista. Nel marzo del 1988 vince con Kevin Schwantz la 200 Miglia di Daytona e pochi mesi dopo l’australiano Gary Goofelllow la porta al successo nel GP del Giappone del Mondiale Superbike. L’anno seguente invece la Suzuki vince nuovamente il Mondiale Endurance con Hervé Moineau e Thierry Crine e il Campionato AMA Superbike con Jamie James. Quell’anno la GSXR 750, denominata serie K, è stata rivista in piccolissimi dettagli: l’impianto di scarico che è tornato ad essere un 4 in 1 (mentre la J del 1988 montava uno sgraziato 4 in 2) e un nuovo set-up delle sospensioni. Alla serie K faranno seguito, nel biennio 1990- 1991, le serie L e M, che sono anche le ultime con il raffreddamento SACS misto aria-olio. Con queste si ritorna al motore a corsa lunga (70x48,7 mm), mentre la ciclistica viene aggiornata con una forcella a steli rovesciati da 43 mm e un mono della Showa con serbatoio separato. Dal 1992 arriva il raffreddamento a liquido e con questo ci si avvia alla storia moderna della GSX-R 750.