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Il senso della vita e della terra

Don Francisco Xavier “Paco” Bultò, un vero hidalgo, un condottiero delle ruote artigliate, fu il fondatore della Bultaco. Ripercorriamo la storia del personaggio e dell’Azienda spagnola

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Il pilota, dall’eleganza in sella puramente british, non può essere che Don Paco Bultò, il fondatore della Bultaco. Stile impeccabile nell’affrontare il sentiero di montagna, in piedi sulle pedane della El Montadero 360, derivata dalla El Bandito da cross per gli USA. Bultò ci lascerà il 3 agosto 1998, a 86 anni.

Don Francisco Xavier “Paco” Bultò, un vero hidalgo, un condottiero delle ruote artigliate. La sua fisionomia è molto più british che spagnola, con quei baffetti alla David Niven appena accennati e un berretto a scacchi perennemente ficcato in testa. Nelle foto che lo ritraggono a cavallo delle sue moto, le Bultaco, appare circondato da un’eleganza naturale, che si coniuga con una notevole maestria nel guidare in fuoristrada. Lo immaginiamo, anzi lo sappiamo da una intervista del 1973 di Pino Allievi, grande firma della Gazzetta dello Sport e collaboratore di Motociclismo negli anni Settanta, davanti a un bicchiere di whisky, con l’immancabile sigaretta infilata in un bocchino, a far tardi la notte a parlare di moto con gli amici. La conversazione con il giornalista milanese spazia ora verso la magia del fuoristrada: “È bello andarsene soli in montagna, vedere i paesi lontani come fossero formiche. Solo allora si ritrova veramente il piacere di vivere, il senso della vita. Sono vecchio (in realtà, al tempo della intervista aveva solo 61 anni), ma ogni sabato prendo una moto e me ne vado sulle colline vicino a Barcellona. Mi diverto e allo stesso tempo collaudo le moto della mia fabbrica”.

In moto non si invecchia

La storia motociclistica di Don Paco si intreccia inizialmente con Montesa: è lui che insieme a Pedro Permanyer, nel febbraio del 1945, costruisce la prima moto con questo Marchio. Perché viene usato questo nome? Permanyer si ispira agli ordini cavallereschi medioevali e si imbatte in quello di Montesa. Così la moto è una Montesa, e viene progettata da Bultò: è schierata in una gara di Regolarità organizzata in Catalogna; poi viene presentata alla Fiera di Barcellona e nel frattempo vince il GP del Montjuich, a Barcellona, nella classe 100.

Le vicende della fabbrica nata in quel di Barcellona, seguono l’altalenante situazione economico-politica della Spagna sotto il governo del generalissimo Francisco Franco. I due soci non vanno d’accordo sulla gestione dell’azienda: Bultò spinge sulle competizioni come veicolo di promozione e di miglioramento della produzione, Permanyer non vuole “distrazioni” e chiude il reparto corse. Inevitabile la rottura. Don Paco lascia l’azienda catalana nel 1958, portando con sé un capitale che equivale al 30,9% del valore della fabbrica. Un mese dopo aver sbattuto la porta, a casa di Bultò si presentano dodici operai della Montesa. Si sono licenziati e vogliono proporre di fondare una nuova Marca: “Come potevo lasciarli per strada?” ricorda Bultò nell’intervista del 1973. “E poi il mio obiettivo fisso era quello di costruire una moto con la quale battere Montesa. Siccome non sono un esibizionista non potevo chiamarla col mio cognome. Così scelsi il recapito del telex, che era Bultaco”. “Ho costruito delle moto da fuoristrada seguendo i miei gusti, lo feci per divertimento. Quando uscirò dall’azienda resterò nelle mie terre. Prenderò una Alpina (la Bultaco da motoalpinismo del tempo) e andrò in cima alla montagna. La vita comincia e finisce dalla terra. A contatto con la natura non si invecchia. E io intendo restare giovane con la moto”.

Bultò ci lascerà il 3 agosto 1998, a 86 anni.

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