Nell’autunno 2019, quando prendono in mano la Yamaha, i due ragazzi sono in vena di chopper old school. Così decidono di travasare i concetti di questo stile nella special che andranno a realizzare. Per non complicarsi la vita – e perché, in fondo, va bene così – il motore rimane quello di serie. Mettono solo uno scarico con silenziatore custom dalla voce tonante, ma l’aspirazione mantiene la scatola filtro di serie, più impermeabile a schizzi, polvere e sabbia di qualunque altra soluzione. Un tagliando accurato interessa il propulsore e le sospensioni, i freni e la trasmissione finale: gli elementi usurati sono sostituiti o rigenerati, lubrificane e olio cambiati, insieme a guarnizioni e parapolvere. Il telaio non è minimamente toccato, in modo che conservi tutti gli attacchi e le staffe originali, qualora si voglia tornare alla configurazione iniziale. La strumentazione è espiantata; rimangono due spie e niente altro, l’impianto elettrico è semplificato al massimo. Anche la chiave di avviamento, decisamente brutta, non serve più: un interruttore nascosto chiude e apre il circuito di accensione. Tutta la viteria è rimpiazzata con altra in acciaio inox. Il serbatoio di serie è sovrastato da un tappo di forma e dimensioni poco aggraziate, che viene sostituito con un elegante e semplice elemento a baionetta, senza serratura. La verniciatura metalflake è un lampante richiamo agli anni Sessanta e Settanta, blu come il mare a cui è destinata questa moto. I fianchetti in alluminio, costruiti su misura in officina, sono tanto perfetti da sembrare usciti di fabbrica e la fascia lucidata sul serbatoio realizza una linea senza soluzione di continuità che conferisce dinamismo e sembra “allungare” la moto. Stesso effetto per la sella, che mantiene la struttura della base originale ed è rivestita con pelle sintetica utilizzata in campo nautico. L’idea delle cuciture “a onda” è frutto di una lunga discussione con il tappezziere che l’ha realizzata. Inizialmente era prevista una greca dal disegno più complesso, ma alla fine ha proposto questo disegno ed è subito piaciuto. Non si tratta di semplici linee curve ma, come onde che si infrangono sulla battigia, la distanza tra le cuciture è progressiva ed enfatizza la lunghezza della sella, che si arrampica fin sul serbatoio. Noi ci stiamo comodi, su quella seduta ampia e ben imbottita. A due palmi da terra e poco distanziata dalle pedane, è però confortevole quanto basta per raggiungere la spiaggia con zaino e telo mare in spalla. Il manubrio poi, un bel Tommaselli largo e rivolto verso il pilota, come quelli da dirt track, disegna una posizione naturale e di pieno controllo. Si stringono bene le manopole sia seduti, sia in piedi sulle pedane, quando c’è da affrontare qualche semplice sterrato. Le gomme larghe sembrano galleggiare sugli ostacoli, sassi e buche, filtrando quello che le sospensioni non riescono a digerire. I freni sono adeguati: non potentissimi, specie il piccolo tamburo posteriore, ma sufficienti per viaggiare in sicurezza anche in due. Viste le velocità modeste, non ci si aspetta di fare staccate assassine. E poi, a dirla tutta: chi ha voglia di fermarsi, ora? Ah, non lo abbiamo ancora detto: la special si chiama Beach Basher, che si può tradurre con “teppista di spiaggia”. Nel nostro giro di prova la sabbia del mare non l’abbiamo vista, ma non ci siamo tirati indietro (e lo vedete nella foto d’apertura del servizio) dal fare i teppisti sulla ghiaia del torrente Chero, a due passi dall’officina Dragoni…