Motociclismo

gennaio 2023 / Motociclismo 169 Nel 1980 Suzuki presenta sul mercato europeo la sua prima enduro a quattro tempi. Non ha lo stesso fascino e le prestazioni della Honda XL500S né del riferimento Yamaha XT 500, le sospensioni sono migliorabili e vibra parecchio ma in compenso nella guida in fuoristrada piace, è maneggevole e poi consuma poco PARTE TUTTO dalla 400 di Alfredo Verdicchio, foto Archivio Motociclismo In occasione di Eicma 2022 Suzuki ha allargato la gamma della famiglia V-Strom con la inedita 800DE, la seconda per Hamamatsu di una nuova generazione di enduro stradali dalla forte vocazione adventouring: telaio in acciaio, motore bicilindrico “800” e soprattutto ruota anteriore da 21”. Una misura che parla chiaro sulle vocazioni fuoristradistiche che la Casa sta riscoprendo proprio col finire di quest’anno, visto che a settembre aveva già presentato la “millona” con ruota maxi all’anteriore (la V-Strom 1050DE, per intenderci). Una passione per lo sterrato che affonda le proprie radici nel lontano 1980, quando la casa di Hamamatsu svela la sua prima enduro a quattro tempi, la DR 400 S (commercializzata dal 1981). Quelli sono anni diversi, rispetto a ora le offroad hanno fisici e cilindrate contenute (ci vorrà ancora qualche annetto perché le voluminose Dakar-replica diventino un fenomeno di serie, come a esempio la DR 750 Big che arriva nel 1988), la tecnica non è evoluta e l’idea del viaggio a lunga gittata non le sfiora nemmeno di striscio. La DR 400 S non si discosta da queste caratteristiche tecnico stilistiche “imposte” dalla moto di riferimento del periodo, la Yamaha XT 500… e anche dalla Honda XL500S che arriva sul mercato un anno prima, nel 1979. Le forme della DR sono tondeggianti, i parafanghi parecchio avvolgenti e il faro anteriore è incastonato in una piccola mascherina dal forte sapore scrambleristico. La sella è un rettangolone di gommapiuma che va ad unirsi al serbatoio “a nocciolina” inclinato verso l’alto per far spazio al motore, un monocilindrico raffreddato ad aria da 396 cc e distribuzione monoalbero a camme in testa che agisce su due valvole. Il mono di Hamamatsu non è un portento, la scheda tecnica dell’epoca riporta 27 CV a 7.500 giri, che diventano 23,1 rilevati alla ruota nella nostra prova del 1980, ovvero 7,8 CV in meno della Honda e -8 CV rispetto alla Yamaha. Anche il valore della coppia massima rilevata è inferiore: 2,61 kgm contro i 3,73 della XL e i 3,76 della XT. In compenso il cuore Suzuki possiede una erogazione progressiva, il tiro è presente dai 2.500 ai 7.500 giri e si accende senza problemi nonostante l’avviamento sia solo a pedale (a patto di seguire scrupolosamente la procedura). Per contenerne i costi di produzione e gli ingombri, il monocilindrico non è dotato di alcun albero di bilanciamento e si sente visto che sulla DR le vibrazioni sono parecchio presenti dai 4.000 giri su pedane, manubrio e sella. E a nulla è servito montare i tam-

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