Statistiche web

"Senza l'aiuto economico della famiglia è difficile correre in moto"

Abbiamo intervistato Alberto Barozzi (bLU cRU Racing Manager Yamaha Motor Europe) e due giovani piloti per conoscere il programma di selezione e crescita dei talenti della Casa di Iwata. Ecco cosa deve fare, quanto deve spendere e come può muoversi chi desidera entrare nel mondo delle corse
La Casa di Iwata è tra le più attive nell’offrire ai giovani talenti la possibilità di emergere, sia nelle corse su asfalto che in off-road. I più piccoli possono intraprendere un percorso di crescita nel mondo delle gare grazie al progetto bLU cRU e ai migliori è offerta la possibilità di prendere parte alla “Challenge”, una competizione disputata nei round del campionato mondiale FIM Supersport 300. In occasione del nostro test delle nuove R125 e R3 abbiamo intervistato Alberto Barozzi (bLU cRU Racing Manager Yamaha Motor Europe) per conoscere come lavora Yamaha, quanto deve spendere e come può muoversi un giovane che desidera entrare nel mondo delle corse. A seguire trovate la testimonianza di due giovani talenti: Jacopo Facco, 19 anni, e Beatriz Neila, 16 anni.
1/17 I dettagli dei kit gara del Trofeo Yamaha R1 Cup 2017
Alberto, da quanto ti occupi di questo progetto?
“La sfida bLU cRU inizia nel 2016, quando la Casa ha deciso di avviare il progetto dedicato ai giovani. Da quel momento mi ci sono dedicato a tempo pieno. Alle spalle ho una carriera come pilota di motocross, ma la collaborazione con Yamaha è iniziata più di 20 anni fa”.

Il progetto bLU cRU prevede percorsi sia su moto da strada che off-road. Quale dei due mondi ti soddisfa maggiormente?
“La mia estrazione mi porta verso le ruote tassellate. Sono orgoglioso di dire che abbiamo creato una partnership con la FIM Europe che dà vita alla YZ 125 bLU cRU FIM Cup 2019. Anche il mondo delle moto da strada mi appassiona perché ha dinamiche completamente diverse. Mi piace interessarmi a tutto quello che ruota attorno alla guida tra i cordoli”.

Focalizziamoci sulle corse su asfalto. Quali sono i paesi emergenti nell’ambito delle vostre attività sportive?
“Oltre a Italia e Spagna, non ci si immagina quanto l’area scandinava possa essere attiva nel mondo delle corse. Oggi i paesi baltici sono in crescita esponenziale da questo punto di vista. Il progetto è comunque presente in quasi tutta Europa”.

Come è strutturato un programma bLU cRU?
“Selezioniamo tramite le nostre ‘cup’, per nazione, un numero di piloti che invitiamo alla Masterclass. I migliori sei vengono ulteriormente scelti per partecipare al Mondiale e divisi in tre squadre. Lo step successivo, se ci sono riscontri positivi, prevede che il pilota passi dalle classi Supersport, Superbike, ecc. Sulla carta sembra tutto facile ma si tratta di un percorso lungo e faticoso. Il nostro progetto offre la possibilità di coltivare grandi aspettative, ma partendo sempre da una logica educativa. Ad esempio riteniamo importante che un giovane continui anche a studiare con profitto”.

Chi si presenta la prima volta e vi chiede di far parte del programma, quanto deve spendere?
“Nel motocross nulla: compilato un modulo regaliamo il welcome kit. L’unico costo è quello di acquisto della moto. Stessa cosa vale per la velocità, dove far parte della ‘Crew’ non costa niente e diamo un pacchetto di benefit che riguarda l’allestimento della moto, una cassa di ricambi del valore di 5.000 euro, la disponibilità di 2 posti nella nostra hospitality presso i circuiti e tutto ciò che concerne la comunicazione. Ovviamente, il pilota mette il budget per coprire il costo della stagione. Per farvi un esempio partecipare al Mondiale Supersport costa circa 100.000 euro, iscrizione e test pre-campionato inclusi. Noi, in WSSP, copriamo circa il 50% della spesa”.

Qual è il miglior risultato raggiunto da un pilota bLU cRU?
“Alfonso Coppola, nel 2017, è stato vice campione Supersport 300. Siamo molto giovani, non abbiamo ancora una storia alle spalle tanto lunga da vantare molti successi a livello internazionale ma stiamo crescendo con dei giovani talenti”.

Quanto incide l’apporto della famiglia nella crescita di un pilota?
“Senza una famiglia capace di garantire l’apporto economico necessario un giovane non ha alcuna chance nel mondo delle corse. Il supporto economico della famiglia è assolutamente indispensabile nel nostro sport”.

Far parte di una grande Casa come Yamaha mette pressione a un giovane pilota?
“Si, a volte accade. Dal canto nostro, però, non partiamo con alcuna aspettativa. Prima di tutto nessuno dice ai piloti che devono necessariamente vincere. Certe cose, se avvengono, lo fanno in modo naturale. Spesso ci troviamo anche a dover dire ai genitori di abbassare il tiro: alcuni mettono molta pressione ai ragazzi. Alla base di tutto ci deve essere il divertimento, poi c’è chi ha il talento necessario a proseguire il cammino”.

Jacopo Facco, 19 anni

Quando hai iniziato a correre?
"Ho cominciato con una mini-moto cinese regalata da mio padre. Avevo 4 anni e quando la mia famiglia ha visto che davo gas ha deciso di farmi entrare in una pista vera e propria".

Quando è iniziato il tuo percorso con Yamaha?
"Ho cominciato lo scorso anno con la R3 Cup, all’interno del programma bLU cRU. Nel 2018 sono arrivato terzo e questo mi ha permesso di essere selezionato da Yamaha. Dopo i test dello scorso novembre sono stato selezionato per diventare un “ufficiale Yamaha bLU cRU”.

Cosa farai nel 2019?
"Finalmente metterò le ruote sul circuito del Mondiale, nel Campionato WSSP300 2019".

Quali aspettative hai?
"Il mio sogno nel cassetto è quello di arrivare fino alle MotoGP. Però ci vado piano, già essere nel Mondiale Supersport 300 è un grande traguardo. I sogni nel cassetto rimangono ma sono concentrato per fare bene quest’anno, poi vedremo. Sarebbe fantastico arrivare in alto".

Come ti aiuta Yamaha? E come ti supporta, invece, la tua famiglia?
"Mio padre è il mio manager. Ho inziato grazie a lui ed è lui che si occupa di “vendermi”, degli sponsor. Anche mia mamma è un’appassionata perché correva sui kart. Insomma, mi hanno fatto assaggiare la benzina fin da piccolo. L’unica apprensiva è mia nonna, ma basta che non le faccio vedere le gare. I miei sponsor ci credono e la mano di Yamaha rende tutto migliore".

Quindi è una fortuna essere seguiti da Yamaha?
"Certo. Vuol dire avere una marcia in più. Il personale è qualificato e si lavora davvero bene".

Dai un consiglio a chi vuole iniziare.
"Se si tratta di un bambino consiglio le mini-moto. Se, invece, si sale con l’età meglio cominciare con delle miniGP con ruote da 10”, 12”. I trofei sono molto competitivi e per mettersi alla prova rappresentano l’arena giusta. Se parliamo del CIV, ad esempio, troviamo molti piloti forti e anche chi è più lento apprende molto presto e viene stimolato".

Beatriz Neila, 16 anni

Quando hai iniziato a correre?
"Ho cominciato a 8 anni. I miei genitori avevano comprato una moto a mio fratello una moto e non vedevo l’ora di provarla. Per questo motivo mi hanno permesso subito di andare in una scuola di guida e provare. Da quel momento non sono più scesa".

Quando è iniziata la tua avventura con Yamaha?
"Lo scorso anno, in Spagna; sono arrivata seconda in un trofeo bLU cRU".

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
"Desidero correre in MotoGP, con Yamaha ovviamente".

Come fai a conciliare l’attività in pista con la scuola?
"Non è facile, è impegnativo perché devo allenarmi fisicamente, scendere in pista e allo stesso tempo portare avanti gli studi. Però, con un po' di fatica, riesco a fare tutto. Per adesso sono riuscita a fare tutto".

Quanto è importante l’aiuto che ti offre la tua famiglia? Non solo dal punto di vista economico ma anche emotivo.
"La mia famiglia è importantissima. Senza di loro non sarei qui e senza il supporto che mi offrono non sarei così felice. Penso sia essenziale avere dei genitori e dei fratelli che ti seguono perché mi danno serenità".

Qual è l’aiuto che ti offre Yamaha per la carriera?
"Una grande Casa come Yamaha offre molto supporto e il fatto di essere in un loro programma è una grandissima opportunità per me".

In un ambiente quasi solo maschile, hai incontrato delle difficoltà?
"In pista no. Quando tiriamo giù la visiera siamo tutti uguali. Invece, fuori dal circuito, le persone commentano e non fa sempre piacere. Spesso dicono che sono avvantaggiata perché sono una ragazza o che sento voci su di me. La cosa importante è non dargli peso”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA