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Sei 125 Sportive a 4T a confronto

Anni ruggenti

Introduzione


125, belle, rombanti, sportive, meglio se a 4 tempi. Le prime "vere" moto per i giovani, ma anche per tutti gli altri perché la classe 125 non veniva affatto considerata come una piccola cilindrata.

Paragonandole a oggi sarebbero l’equivalente delle monocilindriche di 600 cc, dal momento che le 350/500 erano considerate le maxi di allora, spesso un sogno irrealizzabile per i molti che non avevano troppi soldi in tasca. Ecco, le 125, a cominciare dal dopoguerra, erano la prima tappa per il motociclista compiuto e dopo i fasti degli anni 50 e la seguente crisi iniziata nel 60 tornarono progressivamente nel cuore della gente che, nonostante l’avvento dell’automobile, aveva pur sempre nel cuore le 2 ruote e il loro irresistibile fascino.

Honda CB125



11.500 giri, 2 cilindri in linea con distribuzione monoalbero in testa, cambio a 5 marce, avviamento elettrico, velocità di 130 km/h, peso a vuoto 119 kg
. No, non stiamo parlando dell’ultima novità Honda 125 per il 2000, ma della sensazionale CB apparsa in Italia, veloce come una cometa, nel 1970.

A llora, quei dati dichiarati dal più grande Costruttore del mondo fecero davvero impressione. Di fronte a lei le pur belle moto italiane sembravano provenire dal decennio precedente e i 16enni di allora non potevano restare indifferenti e fantasticavano come se avessero a portata di mano una replica di moto da GP. La CB era invece solo un sogno che ben pochi hanno potuto trasformare in realtà dato l’esiguo numero di esemplari (200 circa) commercializzati in Italia. L’importazione terminò quasi subito e bisognerà attendere ancora qualche anno per rivedere una Honda 125 in vendita, questa volta non vincolata dai limiti del protezionismo perché costruita direttamente in Italia, ad Atessa.

M a quella era un’altra CB, una monocilindrica sempre a 4 tempi e di molte più basse aspirazioni essendo una moto più che altro economica e di stampo utilitario (nonostante il tentativo di darle un’immagine sportiva realizzando un apposito Trofeo monomarca). La prima CB, la bicilindrica, arrivò in Italia contemporaneamente alla CB750 Four ed entrambe ci diedero la possibilità di scoprire l’enorme potenziale tecnico della Honda. La 125 era in pratica una 350 in scala ridotta (modello di enorme successo negli USA e dal quale ne riprende l’estetica), con finiture eccezionali, componentistica di elevata qualità e con un  mix di soluzioni tecniche modernissime che nessun’altra poteva vantare. C’era davvero di che sognare, anche perché l’estetica era decisamente aggraziata anche se poco sportiva.

P ensate ad una motoleggera così, ma costruita da una Casa italiana, quindi libera di essere venduta in qualsiasi quantitativo: sarebbe stata un successo sbalorditivo, almeno fino al prepotente avvento delle 2 tempi, così leggere e potenti, della metà degli anni 70. La Moto Guzzi arrivò a realizzare qualcosa di analogo, ma quasi 10 anni dopo: era la 125 2C del 1979 derivata dall’infausta 254, ma andava quanto lo Stornello, costava uno sproposito e per di più era costruita male.

< b>La Honda quindi era in anticipo su tutti (la CB debuttò commercialmente nel ’68), era robusta, andava forte e frenava altrettanto grazie al tamburo anteriore a doppia camma che nessun’altra aveva. Punti deboli? Se vogliamo le solite sospensioni alla giapponese, ultra-morbide e capaci di andare a pacco con estrema facilità se sottoposte a qualche carico.

Gilera 124 5V



Quando apparve nelle vetrine dei concessionari, nel 1966, la 124 5V diventò, come detto, la regina della categoria. Fu un fatto più emozionale che tecnico perché la moto non si discostava più di tanto dalle Giubileo proposte in precedenza. Lo stile moderno delle forme, finalmente diverse da ogni altra Gilera, sapeva esprimere un senso di dinamismo senza pari e due “chicche” come il contagiri - un accessorio molto racing e in precedenza montato solo su alcune costose e grosse bicilindriche inglesi - e il cambio a 5 marce seppero darle quello slancio di modernità che finora nessun altro aveva fatto suo.

Proprio il cambio a 5 rapporti - che peraltro anche la MV Agusta aveva utilizzato nello stesso periodo sulla sua 125 GTL - dava quel qualcosa in più alla moto di Arcore. Dopotutto nemmeno le BSA o le Triumph 650 potevano vantare una tale soluzione e poi non dimentichiamo che i ragazzi di allora erano abituati, nella maggior parte dei casi, al cambio a manopola a 3 marce usato sui 50 cc. Che bel balzo in avanti! Bella e raffinata nel suo colore argento, la 124 5V si annunciava anche veloce grazie al potenziamento del suo motore.

Pur se all’epoca i Costruttori “sparavano” alla grande sui dati di potenza e velocità, utilizzando a seconda dei casi le misurazioni in CV DIN o SAE, la Gilera era sicuramente più brillante di tante altre e le 5 marce davano un vantaggio nello sfruttare al meglio i circa 10 CV del motore.

E nelle sfide di allora solo le MotoBi potevano risultare più veloci - si battagliava sul filo dei 110 km/h - mentre se si era alla guida di uno Stornello o di un Corsaro a 4 marce era quasi inutile tentare di essere più rapidi della Gilera. La 124 5V, almeno fino al ’68-’69, è stata la motoleggera di riferimento. Piaceva moltissimo perché sapeva ben coniugare i pregi tipici della serie Giubileo, ovvero bassi consumi (oltre 30 km/litro), notevole affidabilità meccanica, facilità di intervento in caso di guasti, con quanto ci si aspettava da una moto sportiva. Il pubblico più esigente voleva sì un motore brillante, ma anche una ciclistica che non facesse brutti scherzi; la 124 rispondeva a tutte queste richieste e sicuramente rappresentò al meglio la voglia di nuovo di quei lontani anni 60.

Benelli Sport Special



Le origini di questa monocilindrica risalgono alla metà degli anni 50 tanto che si può definire come logica evoluzione dell’Imperiale 125. La Casa di Pesaro fu la prima tra le grandi a rispondere alla Gilera. Nata alla fine del 1968, la Sport Special seppe progressivamente imporsi sul mercato sia per il suo originale motore a cilindro orizzontale, che ricorda chiaramente la forma di un uovo, sia per le prestazioni assolute.

E che la moto fosse probabilmente la più performante del mercato lo dimostra il fatto che la MotoBi dominò per oltre un decennio i campionati di velocità juniores conquistando centinaia di vittorie su tutte le piste. Curiosamente la Benelli non enfatizzò mai più di tanto le prestazioni del motore di serie che, anche sui dépliant pubblicitari, si sono fermate ai 10 CV.

In realtà questa 125 aveva quasi 2,5 CV in più, con la possibilità di spingersi oltre con specifiche elaborazioni (famosa era la camma siglata C2) senza mettere a repentaglio la proverbiale affidabilità. La versione standard era data per “oltre 130 km/h”, valore certamente ottimistico perché la Sport Special stava comunque sotto la soglia dei fatidici 120 km/h effettivi.

Tra le sue caratteristiche ricordiamo le ottime sospensioni (forcella Marzocchi e ammortizzatori Ceriani regolabili) e i generosi freni a tamburo (gli stessi facevano parte anche della dotazione tecnica della SS 250), mentre i più “esagitati” correvano da uno specialista come Primo Zanzani per avere il telaio rinforzato come sulle macchine da competizione. In definitiva la Sport Special dimostrò di essere una delle migliori motoleggere italiane.

Moto Guzzi Stornello



Progettata nel 1960, la motoleggera di Mandello risultò, fino all’avvento della Gilera 124 5V, una delle migliori moto. Proposta in più versioni, dimostrò buone doti meccaniche e discrete prestazioni, tanto da risultare una delle 125 più vendute in quei primi anni 60. Purtroppo le vicissitudini economiche della Moto Guzzi diedero un duro colpo a questo modello che in pratica assunse un ruolo marginale sul mercato dal 1966 al 1969.


Uscita dalla “burrasca” con la nuova gestione SEIMM, la Casa di Mandello iniziò a riprendere fiato, ma indubbiamente avvertiva la necessità di modelli nuovi e accattivanti per riconquistare il mercato. L’ultimo Stornello ebbe un ruolo importante e, anche se non ottenne un successo analogo a quello delle prime versioni, diede il suo importante contributo a risollevare le sorti dell’Azienda.


La quale si rese evidentemente conto, anche in funzione dell’evolversi del mercato, che non valeva la pena rincorrere sul terreno delle sportive gli avversari. Per questo ci voleva un motore a 2 tempi di nuova generazione che infatti si incominciò a studiare sin dal ’69 (non andò mai in produzione e con l’arrivo di De Tomaso ne venne utilizzato un altro solo dalla Benelli).

Però, dal momento che si era perso molto tempo e che comunque il 4 tempi sembrava poter avere una carriera ancora sufficientemente lunga per giustificare certi investimenti, la Moto Guzzi realizzò un nuovo Stornello turistico, per nulla banale come dimostrato dal design del serbatoio “ad ala di gabbiano” e dai colori.



Una moto che, benché priva di alcun appeal sportivo, seppe conquistare anche i giovani e che a livello prestazionale si poneva sulla stessa base della principale concorrenza. Lo Stornello era nella pratica una solida monocilindrica,
parca come sempre nei consumi (attorno ai 27/28 km/litro) e decisamente votata al comfort come evidenziato sia dalla forma del manubrio sia dall’ampio sellone biposto.

Morini Corsaro 125



Come la maggior parte dei Costruttori dell’epoca, anche la Moto Morini si era votata al 50 cc con il Corsarino che occupava gran parte della produzione. Il restante riguardava un cavallo di battaglia come il Corsaro, entrato in scena alla fine degli anni 50 e via via proposto in molteplici versioni stradali.


Il motore, caratterizzato come il Gilera dalla disposizione parallela delle valvole che assicurava minori danni in caso di rotture, trovò il cambio a 5 marce solo nel 1970 e le prestazioni, nonostante l’adozione di una carburatore più piccolo delle rivali (da 20 anziché da 22 mm), erano analoghe a quelle della Gilera. Moto molto leggera e compatta, la Morini veniva pubblicitariamente definita come una delle 125 più potenti e veloci in assoluto con uno strabiliante dato di 14,6 CV (SAE) e 126 km/h per la versione Super Sport.

La realtà era un po’ diversa e, come tutti i 4 tempi di allora, arrivava a fornire una decina di CV e toccava una punta massima di circa 115 km/h. Il Corsaro vantava però alcune belle caratteristiche di stile, una notevole longevità meccanica e un invidiabile rapporto peso/potenza, tant’è che era una delle poche a misurare sulla bilancia meno di 100 kg. Come la Benelli/MotoBi, anche il Corsaro si prestava ad elaborazioni, tanto che la stessa Casa bolognese ad un certo punto commercializzò un albero a camme speciale.

La carriera di questa bella 125 si concluse, al pari di quella della Moto Guzzi Stornello, nel 1975 quando ormai le 2 tempi da strada o da Regolarità stavano monopolizzando il mercato. Sorprendentemente la Moto Morini, come la MV, continuò ad insistere con il 4 tempi realizzando la poco esaltante 125 H. Per conquistare i giovani ci voleva ben altro!

MV Agusta Sport



La Casa di Cascina Costa è sempre stata attiva nella categoria 125 con moto sostanzialmente classiche, ma ben costruite. L’esemplare più accattivante fu probabilmente la GTLS del ’69, una moto che tuttavia non seppe distinguersi troppo dalle concorrenti, specialmente nel motore che ricordava troppo da vicino quello della Gilera 124. Un discreto successo arrise a queste motoleggere negli anni 60, poi chiaramente ci si rese conto anche in MV che ci voleva qualcosa di nuovo, di più moderno e accattivante.


La risposta arrivò con grandissimo ritardo, nel 1975, con la presentazione della Sport, proposta in versione nuda o con carena integrale. Una moto sicuramente molto attraente nell’estetica, con elementi ripresi da quelle da competizione, ma sconcertante non certo per il prezzo che era analogo a quello della Benelli bicilindrica, ma per le prestazioni patetiche.


Il motore, benché profondamente rivisto nel look, era sostanzialmente quello degli anni 60 con un livello di potenza decisamente basso - attorno ai 12 CV dichiarati - che non permetteva alla moto di superare i 115 km/h con carena e in condizioni ottimali. Una 125 lenta anche in accelerazione per via di un cambio rapportato molto lungo, decisamente lontana rispetto alla concorrenza duetempistica sportiva, ben rappresentata da modelli come l’Aspes Yuma, l’Italjet Buccaner o la Malanca 2C.

Un’occasione clamorosamente persa dalla MV dalla quale ci si aspettavano ben altre prestazioni. Così la bella sportiva di Cascina Costa apparve... fuori tempo massimo e il blasone del Marchio non le risparmiò durissime critiche. Un vero peccato, un sogno infranto.
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