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Rossi, il Ranch, le castagne sul fuoco e la curva del Fagiolo

Il parco giochi dove Valentino si allena con amici e piloti si chiama Motor Ranch e si trova alle porte di Tavullia. Qui, nel fantastico mondo di Rossiland, abbiamo scoperto che per vincere 9 mondiali non bastano talento e lavoro. Occorre vivere la moto anche come un gioco

Rossi, il ranch, le castagne sul fuoco e la curva del fagiolo

Una strada stretta e nascosta dalle fronde degli alberi abbandona la SS38 e si srotola dolcemente giù dalle colline che separano le vette imbiancate dell’Appennino dalla Riviera. Dietro un tornante reso viscido dal nevischio, i crinali brulli lasciano spazio a un serpentone di terra battuta adagiato su un poggio. Fosse nero anziché bianco si direbbe il Mugello. In fondo alla discesa, stretta tra due pistole, l’insegna “Motor Ranch” e un cancello spalancato. Nonostante le rivoltelle, lo consideriamo un segno di benvenuto: oggi Valentino ha fatto uno strappo alla regola, qui di solito ospita “solo piloti, allievi o amici”. E siccome i giornalisti non rientrano in nessuna delle tre categorie, ci muoviamo con una certa discrezione.

 

ATTRAZIONE FATALE

La pista non ha box né paddock né tribune. L’unico impianto di questa struttura è un grande casolare ristrutturato. Sotto il suo grande portico, tra taniche di benzina e monitor dei tempi, una dozzina di moto da flat track di tutte le Marche. Valentino ha una Yamaha, i suoi “allievi” guidano KTM (ma ci sono anche… moto verdi e altre rosse, come potete vedere nelle foto).

La terra della pista è attraversata da rigagnoli d’acqua, ma appare liscia e compatta, come insensibile agli agenti atmosferici. Resisterà, solida e densa, anche ai traversi senza fine dei piloti. Siamo nel posto più bello del mondo. Se ci dessero una tuta e un casco non esiteremmo un solo istante nonostante il termometro sfiori gli zero gradi. E chi se ne importa del rischio colossale di una figuraccia al cospetto di Rossi, Fenati, Antonelli, Bulega, Guareschi, Sanchini, Bagnaia, Migno, Marini e un altro manipolo di fuoriclasse del Ranch (sono tra quelli che disputano la cosiddetta Winter Season: cliccate qui).

 

GUARDARE E NON GUIDARE

Ma purtroppo di guidare non se ne parla proprio sicché, dopo qualche minuto da spettatori, spinti un po’ dal freddo un po’ dall’invidia, ci rintaniamo ben volentieri tra le mura spesse di questo casolare. Ci accoglie Graziano Rossi, qualche stufa a pellet manco a dirlo “a manetta”, e il crepitio del fuoco che fa cuocere le castagne nel grande camino della stanza centrale. Sopra le grandi porte di legno sono sparse foto, targhe, insegne. La più bella è questa: Traverso SPA (Solo Per Amore), che sormonta una maxipiantina della pista con il nome delle sue 19 curve.

 

NOMI DA TRADIZIONE CULINARIA E PISTAIOLA

Si parte dal Cucchiaio e dal Fagiolo, perché l’arte culinaria qui è apprezzata come quella del traverso, e si chiude col Carro e con la Quercia, così, tanto per ricordare a tutti che questa è una pista vera, mica solo roba da ridere (qui un video on board con Valentino). C’è anche uno spogliatoio molto grande e poco riscaldato. Qualche panca di legno, un paio di appendiabiti e una stufetta sottodimensionata sono le uniche concessioni al comfort. E poi c’è un tavolone in legno da almeno venti posti vicino a un cucinotto dove è naturale immaginarsi grandi abbuffate tra amici dopo una sana smanettata. Niente di tutto questo: “Qui si viene per allenarsi duramente – ci dice Vitto Guareschi – e in particolare Valentino e suo padre hanno una resistenza in sella che è straordinaria. Passano anche diverse ore senza fermarsi, hanno il dono, tra gli altri, di guidare la moto al limite senza fare alcuna fatica. Ogni tanto Rossi alla quinta ora di allenamento gira più forte che alla prima…”.

 

ALLENARSI DIVERTENDOSI E CON POCHI RISCHI

Già, Vitto ci riporta coi piedi per terra: siamo qui per questo, non solo per conoscere i segreti di Rossiland, ma anche per indagare sulla tecnica e sul tipo di allenamento di Valentino e dei “suoi” ragazzi. Serve davvero passare tanti giorni e tante ore sulla terra con moto da poche decine di CV quando in pista, nel Motomondiale, si devono gestire fino al quadruplo della potenza e dell’aderenza? Non ha dubbi Graziano: “Sono stato io a volere il Ranch, credo in questa tecnica di guida fin da quando arrivarono gli americani negli anni Ottanta. È un modo per allenarsi e per divertirsi senza rischiare di farsi facilmente male, come può accadere per esempio col motocross”.

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