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I quattro motivi che hanno portato all’estinzione della moto totale

Era maneggevole e richiedeva poca manutenzione, ci facevo le vacanze, i viaggi avventurosi e affrontavo percorsi tecnici. Ma come si è arrivati alla scomparsa della “moto totale”? È successo alla fine degli anni 90, per quattro motivi

La Suzuki DR350S di Mario Ciaccia in Marocco, sulla pista tra Zagora e Foum Zguid

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Fino agli anni 90 non si parlava tanto del concetto di moto totale perché, semplicemente, si usavano le enduro come tali. Non c’erano tutte le paranoie moderne. Io avevo la Suzuki DR350S e trovavo naturale usarla ogni giorno in città per andare al lavoro, perché era maneggevole e richiedeva poca manutenzione. Mi divertiva farci i passi alpini su asfalto, perché nei tornanti era un fulmine. Ci facevo le vacanze, carico di bagagli, andando in posti tipo Scozia, Sicilia o Portogallo, viaggiando a 130 km/h costanti in autostrada e facendoci anche 1.000 km in un giorno. La usavo per fare viaggi avventurosi in Marocco, Tunisia o per andarci all’Elefantentreffen. E poi, in fuoristrada, affrontavo percorsi tecnici tipo il Fosso di Varzi, la cavalcata di Febbio o le Valli Orobiche. Avevo una compagnia dove tutti avevano monocilindriche da 350/600 cc siglate XT, TT, XL, XR, DR e KLR, che usavano esattamente come facevo io. E queste cose le racconto spesso, ossessionato come sono dalla scomparsa di questi usi e costumi, che ha portato al crollo del mercato che preferivo.

È successo alla fine degli anni 90, per quattro motivi. Il primo è che, a furia di usarli, s’è capito che viaggiare con un “affidabilissimo” mono, sia pure Honda o Yamaha, continuamente a 130 km/h in autostrada lo logorava rapidamente. Avevamo tutti grossi problemi tra i 45.000 e i 70.000 km: consumo elevatissimo d’olio, giochi eccessivi tra pistone e cilindro, grippaggi, sbiellate, crepe nelle teste, cuscinetti dell’albero motore che facevano cric e croc. Su un bicilindrico quelle cose succedevano verso i 150.000 km. Secondo motivo: è uscita una nuova generazione di moto più leggere, potenti ed efficienti in fuoristrada, capitanate dalla Yamaha WR400F e dalla KTM EXC400, che hanno radicalmente cambiato il modo di intendere l’enduro. Rispetto alle varie XR e TT andavano molto meglio in mulattiera, molto peggio su asfalto e richiedevano una manutenzione assidua, non più compatibile con l’uso spensierato quotidiano o turistico: quindi i trasferimenti se li facevano dentro i furgoni. Il terzo motivo è che le enduro da viaggio sono diventate sempre più grosse, comode e potenti, ma meno adatte al fuoristrada, così molti si sono abituati a viaggiare in autostrada come se fossero in poltrona e a considerare impossibile poter coprire lunghe distanze con motori monocilindrici di qualsiasi genere. S’è così creata una forbice enorme tra enduro stradali e specialistiche. Il quarto motivo sta nella mentalità dell’uomo: quando si abitua a certe cose, non riesce più a tornare indietro. Così la Honda XR600 (come tipico esempio di mono tuttofare) è diventata troppo faticosa in fuoristrada… e pure su strada.

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