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Puch-Frigerio 125

La moto (allestita nelle cilindrate di 125, 175 e 250 cc) utilizzava motori Rotax e telai derivati da quello della Puch 250 vincitrice del titolo iridato Cross nel 1975

Puch-frigerio 125



Fra le prime Case che si convertono al motore austriaco Rotax con distributore a disco rotante c’è la Puch. Il trapianto però è opera dei Frigerio che della Puch erano importatori per l’Italia.
La moto (allestita nelle cilindrate di 125, 175 e 250 cc) utilizzava motori Rotax e telai derivati da quello della Puch 250 vincitrice del titolo iridato Cross nel 1975. Nel 1976, primo anno di attività, le Puch-Frigerio vennero realizzate in 300 esemplari. Esteticamente molto aggressiva e ben rifinita, la 125 alla sua presentazione è uno dei modelli più costosi della categoria.


Telaio e forcellone hanno quattro diverse posizioni di attacco per gli ammortizzatori. Smontando la ruota, anche sulla Puch-Frigerio freno e corona restano solidali al forcellone.

Il telaio al cromo molibdeno della Puch-Frigerio è ai vertici della categoria per quanto riguarda la scelta del materiale. Il tenore di carbonio e la percentuale di cromo utilizzati è il medesimo scelto all’epoca da Ferrari ed MV Agusta per i loro mezzi da GP. Il peso di telaio e forcellone è il più basso della categoria: appena 10 kg. Sotto, il carter motore in magnesio è tagliato verticalmente. Smontato il coperchio del carter sinistro è visibile il pacco frizione ed il lungo condotto di ammissione che finisce nel piatto del disco rotante.
Il massiccio albero motore lavora su due grossi cuscinetti a sfera. Sul lato sinistro ha un piccolo ingranaggio dentellato su cui viene fissato il disco rotante.



In questa nostra carrellata appare ormai evidente che sono tantissime le Case presenti sul mercato nella seconda metà degli anni Settanta con i loro modelli da Regolarità, molte però sono arrivate solo da alcuni anni e si sono aggregate a quello che potremmo definire lo “zoccolo duro” della specialità. Ovvero quelle aziende che masticano fuoristrada da più di un decennio e che con le loro moto hanno contribuito a far crescere la febbre della Regolarità nel nostro paese. Fra queste la Puch entra di diritto, anche se la sua presenza sul mercato italiano negli anni Settanta è dovuta alla passione ed all’impegno dei fratelli Frigerio di Treviglio, che della Puch erano importatori fin dal 1970. Ma Piero e Gigi Frigerio non si limitano a vendere le moto così come arrivano dall’Austria. Fanno di più: le preparano per le corse, studiano dei miglioramenti, a volte intervenendo in maniera radicale su motore e ciclistica, sempre mantenendo un filo diretto con la Casa madre. Ed i risultati raccolti con Alessandro Gritti testimoniano la bontà del loro lavoro.
Nel 1975 però i Frigerio vengono convocati a Graz e si sentono dire che la Puch è decisa ad interrompere la produzione di moto da Regolarità. Anziché disperarsi, i due ottengono il permesso di costruire le moto direttamente in Italia, con il marchio Puch-Frigerio. Dato che il monocilindrico due tempi utilizzato fino a quel momento è ormai giunto al limite del suo sviluppo, i Frigerio si accordano con la Rotax per la fornitura dei suoi nuovi motori a disco rotante.


La nuova Puch-Frigerio nasce quindi attorno al monocilindrico di 123,4 cc (alesaggio per corsa 54x54 mm) dotato di carburatore Bing da 32 mm, frizione multidisco in bagno d’olio e cambio a sei rapporti ad innesti frontali. Il telaio conserva il tradizionale telaio a struttura mista: doppia culla chiusa in tubi d’acciaio con trave superiore scatolato a fasciare la zona del cannotto di sterzo.
Abbastanza convenzionale la scelta delle sospensioni con forcella teleidraulica Ceriani e coppia di ammortizzatori Marzocchi a gas al posteriore.
La nuova Puch-Frigerio 125 ottiene un discreto successo commerciale, soprattutto grazie alla buona impressione che i nuovi modelli (ci sono anche la 175 e la 250) suscitano fra piloti ed appassionati.
La moto è decisamente equilibrata, facile da usare ed il Rotax è un deciso passo in avanti rispetto al vecchio monocilindrico Puch in fatto di prestazioni. Con gli inevitabili aggiornamenti resta in listino fino a metà degli anni Ottanta, poco prima della scomparsa del marchio Puch dalla scena motociclistica.



Caratteristiche tecniche

Riferite alla versione del 1977

Motore: monocilindirico a 2 tempi raffreddato ad aria. Alesaggio per corsa 54x54 mm. Cilindrata totale 123,6 cc.
Rapporto di compressione 14:1.
Ammissione a disco rotante. Potenza max 23 CV a 9.000 giri.
Alimentazione: carburatore Bing da 32 mm. Miscela al 4%.
Accensione: elettronica Bosch 6v-35W.
Frizione: multidisco in bagno d’olio.
Cambio: a sei rapporti con innesti frontali.
Telaio: doppia culla chiusa in tubi d’acciaio con trave superiore scatolato.
Sospensioni: anteriore forcella Marzocchi ZTI da 35 mm; posteriore forcellone oscillante con due ammortizzatori Marzocchi oleopneumatici regolabili su 5 posizioni.
Freni: anteriore a tamburo 140 mm; posteriore a tamburo 160 mm.
Ruote: a raggi con cerchi in acciaio.
Anteriore 21”, posteriore 19”.
Pneumatici: anteriore 3.00-21; posteriore 4.00-18.
Dimensioni (in mm) e peso:
interasse 1.420,
lunghezza 2.100,
larghezza 800,
altezza sella 900.
Peso a vuoto 95 kg.
Prezzo: 1.452.360 lire.
Note: provata da Motociclismo sul numero 1-1977.
Dati rilevati: potenza max non rilevata.
Velocità max 111,800 km/h.
Accelerazione 0-400 metri in 16,625 secondi.
Peso a vuoto 95 kg.
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