La Scrambler fu presentata nel 2015 e un bel giorno di quell’anno ci venne consegnata in redazione. In pausa pranzo la presi per fare un giretto senza avere idea di cosa aspettarmi. Ricordo come fosse oggi che mi piacque subito e moltissimo. La posizione in sella (manubrio alto e largo, vita snella, piedi che toccano facilmente, pedane dove le vorresti) suggeriva una guida spensierata, il raggio di sterzata era a prova di inversione nel vicolo e la frizione era morbida e modulabile. E avere tra le gambe un bicilindrico già allora iconico e visivamente unico infilato in una moto così carina, era di per sé motivo di mettersi alla guida di buon umore. Appena in strada ricordo di averla scoperta più brillante di quel che mi aspettassi. Il motore spingeva bene già al primo tocco del gas rendendola scattante, e lungo tutto l’arco di erogazione la coppia a disposizione era generosa e soddisfacente. La cosa che più mi stupì fu in realtà la ciclistica. La redazione si trovava nei pressi di una strada disseminata di rotonde, ergo ciò che di più lontano esiste dalla mia idea di divertimento in moto. D’altra parte, il percorso per uscire dalla città prevedeva di passare di lì e così feci.
Bene, il modo in cui la Scrambler volteggiò da una piega all’altra, e la sicurezza e la sensazione di appoggio che mi diede alla modestissima velocità di – credo – 30 all’ora, furono tali da trasformare l’idea insipida che avevo della Strada delle Rotonde. Per quella mezz’ora fu quasi un parco giochi: alcune rotonde le percorrevo facendo un giro completo sfoggiando delle super pieghe, altre filavano via con un rapido destra-sinistra-destra. Nessun’altra moto negli anni è riuscita a divertirmi tanto in una situazione così… anomala. Oggi, nella nuova Scrambler Icon ho ritrovato la stessa magia. Averla guidata a lungo mi ha dato modo di conoscerla a fondo in varie situazioni. Ho scoperto per esempio che quando sei bloccato nel traffico e la temperatura dell’aria è più che tiepida scalda parecchio le gambe. Ho scoperto – non che servisse una laurea – che la posizione di guida è del tutto inadatta ai trasferimenti lunghi a velocità sostenuta: le due orette di autostrada per arrivare a (completa tu) si fanno senza problemi a 110 all’ora, non oltre (anche perché, poi, le vibrazioni si fanno insistenti). Ho ritrovato una moto piacevolissima da guidare. È facile, maneggevole, offre una bella confidenza in curva e perlopiù se ne infischia dello stato del fondo stradale, grazie a buone sospensioni. Apparentemente non si prende sul serio ma sa correre, se è quello il mood del momento. I freni non sono potentissimi (molto modulabili, quello sì) e i trasferimenti di carico sono abbastanza evidenti, ma il quadro generale è di una compagna sempre equilibrata – soprattutto, sempre piacevole, gustosa, coinvolgente. Negli anni sono arrivati motori più generosi in fatto di spinta ma questo classico twin raffreddato ad aria e olio mette in campo tutt’ora dei bei bassi e un allungo convincente.
Ciò che appare un gradino sopra la Scrambler che ricordavo è l’elettronica, ora completa, ben funzionante e la cui interfaccia è un bel display TFT. Inoltre, ancora più di prima trasmette la sensazione di un prodotto premium - aspetto insolito quando si parla di moto di cilindrata e potenza media, idealmente dedicate a giovani o motociclisti non particolarmente esigenti. È curata, ben rifinita e, a mio modestissimo parere, molto bella.