La KTM è quella che fa discutere più di tutte. A noi affascina perché la sua estetica è dominata da quel serbatoio da venti litri che avvolge il motore e scende fin quasi ai piedi del pilota, seguendo le ultime tendenze delle moto che corrono alla Dakar. Non ci piace, però, il vuoto che c'è tra quello e il cupolino: al primo colpo d'occhio, la 790 sembra una 990 a cui si è rotta la carena e si è rimediato montando il cupolino della 1290. La sua rivale diretta, la Yamaha, si ispira chiaramente alla 450 che ha vinto l'Africa Eco Race con Alessandro Botturi e che corre alla Dakar con Adrien Van Beveren e solo questo basta per parlarne bene. Però non riusciamo a leggere un nome con quel peso, Ténéré, sopra un serbatoio così piccolo: solo 15,5 litri, il meno capiente del gruppo. Richiami dakariani anche per la Moto Guzzi: il serbatoio da 23 litri e la colorazione gialla, rossa e bianca ricordano la V65 TT che partecipò alla maratona africana nel 1985, ma il tutto con uno stile unico, geniale, che propone elementi classici in chiave moderna. La Suzuki mantiene il solito aspetto "pacioccone" e simpatico, eppure anche in lei c'è un richiamo alla solita Dakar: il becco anteriore. Fu proprio questa Casa giapponese a inventarlo, sulla DR750S Big del 1987, nata per correre nei rally africani. Dicevamo che la sua posizione di guida ci piace meno rispetto alla 1000: la colpa è soprattutto del manubrio, che è lontano dal busto, ma non ci piacciono neanche le pedane alte e avanzate. La moto però è comoda, grazie a una sella ampia e bene imbottita. Sembra anche piccola, amichevole e maneggevole, eppure pesa la bellezza di 211 kg, una decina di meno rispetto all'Honda CRF1000L Africa Twin che, a confronto, sembra molto più grossa e pesante. Anche la Moto Guzzi sembra molto più grossa, lunga e pesante della Suzuki. Il manubrio viene all'indietro, la sella è larga e comoda, le pedane al posto giusto. L'unica cosa che non ci piace è che non si "sente" la ruota anteriore tra le mani, ma la si percepisce lontana. Sulla KTM si sta un po' accovacciati e si sente subito la sella larga, dura e con gli spigoli che toccano le cosce. Abbiamo scoperto che quella della sorella R è più stretta, morbida e comoda. Se si guida in piedi, il manubrio è troppo basso. Ed eccoci alla Yamaha, la cui postura ha entusiasmato alcuni di noi, mentre altri vorrebbero un manubrio più arretrato e una sella più bassa. Gli estimatori la paragonano a una 450 da rally, col busto eretto, il manubrio molto alto e parlano di una sensazione di dominio della strada. Si può abbassare di 40 mm con una sella ancora meno imbottita e un leveraggio che riduce la corsa della sospensione posteriore.