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Crossover medie: 790 Adventure vs V85 TT vs V-Strom 650 XT vs Ténéré 700

Tra le crossover, questo è il momento delle medie cilindrate che si estendono, ormai, tra i 500 e gli 850 cc e stanno ponendosi come alternativa alle più impegnative 1200. La veterana della categoria, cioè la Suzuki V-Strom 650, sfida tre nuove arrivate: la V85 TT di Moto Guzzi e le fuoristradistiche KTM 790 e Yamaha Ténéré 700

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Comparativa Crossover 2019

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Sì, siamo di nuovo in Carnia, come con le superenduro. Non è un caso: abbiamo effettuato le due comparative contemporaneamente, con la KTM 790 e la Yamaha Ténéré che hanno partecipato a entrambe, in virtù della loro versatilità. Ormai le moto che seguono la ricetta “posizione di guida da enduro, carenatura, sospensioni tarate morbide, attitudine ai viaggi su asfalto e sterrato” sono spalmate su una sfumatura che va dai 500 cc della Benelli TRK ai 1.300 cc della KTM Super Adventure, ma si riesce ancora a identificare la fascia media, inaugurata dalla rivoluzionaria Honda Transalp 600 del 1986: bicilindrica di media cilindrata, carenata con parafango basso, adatta ai lunghi viaggi con bagagli e passeggero ma anche all’uso cittadino, ai passi asfaltati di montagna e alle strade sterrate. La Transalp ha avuto una storia lunghissima e ricca di soddisfazioni, ma poi ha lasciato il testimone alla Suzuki V-Strom 650, che ha fatto del suo badare al sodo il suo biglietto da visita. Non piace ai motociclisti da bar, ma ha da sempre un cospicuo numero di estimatori tra i macinatori di chilometri. L'abbiamo voluta mettere in comparativa con le tre ultime arrivate: la KTM 790 Adventure in versione base, la Moto Guzzi V85 TT e la Yamaha Ténéré 700.

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La V-Strom è al terzo restyling. Un tempo, motore a parte, era identica alla 1000; adesso si presenta come la sorellina più economica. Ha infatti una posizione di guida diversa, sospensioni meno raffinate e un ABS meno evoluto. La moto in prova era la XT, che di serie vanta cerchi a raggi, puntale in plastica e paramani ma che, fino al 30 settembre, è disponibile senza sovrapprezzo con borse laterali, barre paramotore, cupolino maggiorato, cavalletto centrale e borsa da serbatoio. Per un viaggiatore, tutta questa roba per 9.340 euro è un affare imperdibile. La V85 TT sta avendo un notevole successo perché riesce a sposare la filosofia classica e personale delle Guzzi con un look moderno e attuale. Anni fa lo avevano detto: "Sostituiremo la Stelvio con una enduro alla maniera Guzzi" e sono stati di parola. Costa 11.840 euro e, da marzo, ne hanno vendute oltre 900. La KTM e la Yamaha, invece, pur andando verso la stessa clientela appassionata di viaggi in fuoristrada, si presentano agli antipodi come filosofia: la 790 è una vera KTM premium, con le stesse, sofisticate dotazioni elettroniche delle sorelle maggiori (assetti dedicati e personalizzabili di controllo di trazione, erogazione e frenata) mentre la Yamaha è la più semplice e spartana della categoria: ha solo l'ABS, disinseribile totalmente con un grosso pulsante. Le separa una grossa differenza di prezzo, di conseguenza: 12.955 euro l'austriaca, 10.040 la giapponese. Da marzo sono state vendute circa 400 KTM 790 base e circa 150 R (la sorella più fuoristradistica), mentre per Yamaha l'avventura commerciale sta iniziando proprio in questo mese. Sostituisce la XT660Z Ténéré, ma è interessante anche il confronto con la vecchia Super Ténéré 750, meno potente e più pesante, che un tempo era considerata una maxi.

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La KTM è quella che fa discutere più di tutte. A noi affascina perché la sua estetica è dominata da quel serbatoio da venti litri che avvolge il motore e scende fin quasi ai piedi del pilota, seguendo le ultime tendenze delle moto che corrono alla Dakar. Non ci piace, però, il vuoto che c'è tra quello e il cupolino: al primo colpo d'occhio, la 790 sembra una 990 a cui si è rotta la carena e si è rimediato montando il cupolino della 1290. La sua rivale diretta, la Yamaha, si ispira chiaramente alla 450 che ha vinto l'Africa Eco Race con Alessandro Botturi e che corre alla Dakar con Adrien Van Beveren e solo questo basta per parlarne bene. Però non riusciamo a leggere un nome con quel peso, Ténéré, sopra un serbatoio così piccolo: solo 15,5 litri, il meno capiente del gruppo. Richiami dakariani anche per la Moto Guzzi: il serbatoio da 23 litri e la colorazione gialla, rossa e bianca ricordano la V65 TT che partecipò alla maratona africana nel 1985, ma il tutto con uno stile unico, geniale, che propone elementi classici in chiave moderna. La Suzuki mantiene il solito aspetto "pacioccone" e simpatico, eppure anche in lei c'è un richiamo alla solita Dakar: il becco anteriore. Fu proprio questa Casa giapponese a inventarlo, sulla DR750S Big del 1987, nata per correre nei rally africani. Dicevamo che la sua posizione di guida ci piace meno rispetto alla 1000: la colpa è soprattutto del manubrio, che è lontano dal busto, ma non ci piacciono neanche le pedane alte e avanzate. La moto però è comoda, grazie a una sella ampia e bene imbottita. Sembra anche piccola, amichevole e maneggevole, eppure pesa la bellezza di 211 kg, una decina di meno rispetto all'Honda CRF1000L Africa Twin che, a confronto, sembra molto più grossa e pesante. Anche la Moto Guzzi sembra molto più grossa, lunga e pesante della Suzuki. Il manubrio viene all'indietro, la sella è larga e comoda, le pedane al posto giusto. L'unica cosa che non ci piace è che non si "sente" la ruota anteriore tra le mani, ma la si percepisce lontana. Sulla KTM si sta un po' accovacciati e si sente subito la sella larga, dura e con gli spigoli che toccano le cosce. Abbiamo scoperto che quella della sorella R è più stretta, morbida e comoda. Se si guida in piedi, il manubrio è troppo basso. Ed eccoci alla Yamaha, la cui postura ha entusiasmato alcuni di noi, mentre altri vorrebbero un manubrio più arretrato e una sella più bassa. Gli estimatori la paragonano a una 450 da rally, col busto eretto, il manubrio molto alto e parlano di una sensazione di dominio della strada. Si può abbassare di 40 mm con una sella ancora meno imbottita e un leveraggio che riduce la corsa della sospensione posteriore.

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Liquidiamo subito i motori giapponesi perché c'è poco da dire: vanno entrambi benissimo. Sono elastici, fluidi, hanno una coppia sorprendente vista la loro cubatura e allungano pure bene. Le frizioni sono morbide, i cambi precisi. Sono silenziosi, ma la Suzuki ha un sound molto grintoso agli alti regimi, mentre della Yamaha ci piacciono gli scoppi quando si esce dalle curve a 2.000 giri. Come erogazioni sono simili: uno è a V, l'altro è in linea fasato a 270°, quindi entrambi pulsano perché fanno due scoppi vicini e una pausa. La nostra Yamaha soffriva di un certo on-off e di un comando del gas duro: sul numero scorso abbiamo dato la colpa all'assenza di ride-by-wire, ma poi abbiamo avuto in prova un'altra Ténéré, priva di on-off e col comando bello morbido... Passiamo quindi alla V85 TT. Doveva scontrarsi in una categoria dove le moto hanno tra i 75 e 95 CV quindi, per lo meno sulla carta, il motore della V9 non andava bene, con i suoi 55 CV. Così lo storico V2 è stato riprogettato da zero per avere lo stesso schema, compresa la distribuzione ad aste e bilancieri a 2 valvole per cilindro, ma con 80 CV dichiarati. Risultato, per avere più birra in alto se n'è persa tanta in basso. Molti guzzisti sono permalosi, soffrono le critiche alle V2 e sostengono che per godersi la vita non servano i cavalli, ma le belle sensazioni. Siamo d'accordo, ma permetteteci questo ragionamento: il classico pilota Guzzi gode a usare la sua moto ai bassi e medi regimi, diciamo tra i 2.000 e i 5.000 giri. La V7, la V9 in questa fascia sono favolose come tiro, elasticità, coppia, pulsazioni. La V85 TT invece a questi regimi sembra dormire e devi anche accelerare gradualmente, altrimenti sembra quasi che si ingolfi. Fa strano provare una moto mandelliana che va bene solo sopra i 5.000 giri. Ci sono guzzisti che non superano mai quei regimi! Per tenere il passo con le altre, andava usata con le marce corte e il gas aperto, come una sportiva. Ma è una Guzzi! Se non hai fretta te la godi ma, su asfalto, la Stelvio terza serie ci divertiva di più, pur essendo molto pesante (mentre la prima soffriva dello stesso problema di questa). Eccoci infine alla KTM 790, il cui modernissimo e compatto bicilindrico in linea fasato a 285° riproduce il sound delle sorelle a V. Ha la stessa potenza, o quasi, del 990, ma con bassi regimi molto più fluidi e facili da gestire, medi meno corposi e alti esplosivi. Con la mappatura Offroad è anche molto dolce in fuoristrada, con un'ottima trazione. A livello di potenza massima straccia nettamente le altre tre.

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KTM e Yamaha sono concorrenti, ma sono diverse come il gelato dalla bistecca. In entrambi i casi abbiamo un’escursione delle sospensioni simile, sui 200 mm alla ruota. La Yamaha ha una luce a terra di ben 245 mm reali e questo fatto, unito allo sviluppo in altezza del motore stradale, che è penalizzato dalla profonda coppa dell’olio, fa sì che non solo la sella, ma anche il serbatoio siano posti molto in alto. Mentre sulla KTM funziona tutto al contrario: il motore non solo è più compatto verticalmente, ma è stato anche collocato più giù (la luce a terra è di 230 mm) e, quindi, tutta la moto è più bassa. Inoltre, il serbatoio da venti litri sviluppato davanti alle tibie fa scendere ancora di più i pesi verso terra. Risultato, se smonti dalla Yamaha e inforchi la KTM ti sembrerà di passare da una enduro monocilindrica a una naked sportiva stradale. La giapponese ha il baricentro molto alto, l’austriaca ce l’ha bassissimo. Eppure nessuno ha criticato la guida della Yamaha, anzi, scendevamo esaltati. Cosa è successo? Negli anni 80, abituati alle moto da strada, eravamo convinti che le enduro monocilindriche fossero il massimo per il turismo avventuroso, ma anche che su asfalto fossero pessime e pericolose. Invece, quando poi guidammo le varie Honda XL e Yamaha XT, ci stupirono da quanto fossero divertenti in curva. Il busto eretto, vicino al manubrio e alla ruota anteriore, e l’altezza di sella e baricentro generavano una guida divertentissima, dove si curvava stretti scendendo in piega dall'alto e così velocemente che sembrava di essere sulle montagne russe. Le maxienduro bicilindriche, invece, davano sensazioni diverse: un incedere solenne, rassicurante, con motori dolci, ma pieni di coppia. La Ténéré 700 sembra che faccia da tramite tra i due mondi: sembra una monocilindrica da rally... con motore bicilindrico. Forse è quello che i "fuoristuristi" hanno sempre sognato. Avete in mente quando, con le monocilindriche, date un colpetto di gas per superare una pozzanghera con la ruota anteriore? Ecco, questa fa così. Su asfalto è maneggevolissima, stringe bene le curve e si può guidare sia come una supermotard, sia come una moto stradale, anche se la forcella morbida e a lunga escursione innesca qualche oscillazione.

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Al contrario, la KTM è bella piantata a terra. Sembra una naked sportiva stradale che può anche andare in fuoristrada, magicamente. Ci ha deluso la sua maneggevolezza: la sentiamo pesante davanti. Nei curvoni a gas aperto è stabilissima, in compenso. In fuoristrada ha una forcella che spiana tutto, ma il mono è tarato di base troppo rigido, copia male e limita il comfort. Sulle pietraie questa moto è però più facile e meno faticosa rispetto alla Yamaha e non c'è storia quando si tratta di poggiare i piedi a terra, dato che la giapponese è molto più alta di sella. Abbiamo avuto un problema con la corsa del freno anteriore, che talvolta lavorava a vuoto (panico!). Anche la Suzuki permette di toccare bene per terra in fuoristrada, ma questo non è il suo mondo. L'avantreno tende a chiudersi, la luce a terra è di appena 165 mm, l'ABS è invasivo e non si può escludere e la posizione di guida è ancora peggiore che su strada. In compenso, su asfalto, questa moto è una favola. Curva da sola, è maneggevole, fa sembrare facili i percorsi tortuosi, anche sconnessi. Da anni viene considerata una delle moto migliori con cui girare le Alpi e gli Appennini. La Guzzi ha una bella guida rotonda, gustosa, armonica: è sicuramente più stabile che maneggevole, ma il feeling è buono. In fuoristrada i due fuoristradisti del gruppo l'hanno apprezzata molto, gli altri invece percepivano così tanto il peso da arrivare a preferire la Suzuki. Eppure la V85 TT ha un avantreno che ispira fiducia, è stabile, non scarta e, se usata tranquillamente, ha pure delle buone sospensioni. Ma sono troppo morbide, specie la forcella.

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