La prima voce che abbiamo preso in considerazione per la guida urbana è lo scatto al semaforo, importante per partire davanti al traffico. Ecco quindi l’accelerazione 0-50 km/h: BMW e Yamaha viaggiano appaiati con un ottimo 2,4”, seguiti a ruota da Suzuki (2,48”) e da SYM (2,84”), che soffre un po’ nello spunto iniziale. Nell’ambiente caotico delle nostre città, una precisa risposta all’acceleratore è fondamentale per sgusciare tra le auto: quasi impeccabile BMW, bene Suzuki e Yamaha, rivedibile per un leggero effetto on-off SYM. Da non sottovalutare la facilità di manovra a bassissima velocità, l’altezza della sella e l’utilizzo dei cavalletti, perché da queste voci emerge la praticità d’uso. Il Burgman, tra sella bassa e svasi nelle pedane, eccelle nel consentire davvero a tutti di toccare e fare manovra con i piedi ben piantati per terra. In più, il supporto lombare dispone di tre posizioni, permettendo di “cucirsi” lo scooter addosso. Quasi ugualmente gestibile BMW, mentre Yamaha e SYM risultano un po’ più alti. Quest’ultimo, in particolare, è più largo degli altri a causa del motore centrale, invece che oscillante col forcellone come nel caso degli altri tre. Capitolo cavalletti: sorprende SYM che ha un ottimo bilanciamento delle masse e si lascia accompagnare sul cavalletto senza sforzo, malgrado sia il più pesante del lotto. Bene Yamaha e Suzuki, BMW è il più pesante da sollevare. Che sia per riporre il casco o un po’ di spesa, uno dei motivi del successo degli scooter è la capacità di carico. Qui regna Yamaha, con un vero e proprio bagagliaio: due caschi integrali e resta pure lo spazio per qualcos’altro. Suzuki ha un vano molto regolare: due caschi integrali potrebbero entrare (dipende dal modello), ma vanno incastrati per bene. SYM accoglie un integrale o due jet. Mentre BMW ospita un integrale e un jet, ma solo se è parcheggiato: il sistema “Flexcase” permette a una porzione di vano di abbassarsi fino a sfiorare la ruota posteriore, per incrementare la capacità di carico. Ma in viaggio va chiuso: quindi niente integrali o demi-jet di scorta. Incontrando un tratto in pavè, si distinguono Burgman e SYM, entrambi dotati al posteriore di monoammortizzatori progressivi: sullo scooter giapponese, complice la sella molto morbida, si possono affrontare strade molto sconnesse senza mettere in pericolo le vertebre più delicate. Perfettibile l’avantreno, forse per il contrasto con l’eccellente posteriore. Bene, come dicevamo, il SYM, ma l’indole sportiveggiante lo rende un po’ più rigido. Efficaci gli avantreni di Yamaha, in particolare, e BMW, mentre le loro coppie di ammortizzatori posteriori verticali soffrono le sconnessioni più secche. La frenata dell’XMax è potente e ben modulabile, con un ABS davvero poco invasivo. Lo scooter di Iwata è tallonato in questo dal tedesco, seguono Suzuki e SYM, il cui ABS si fa sentire con importanti pulsazioni alle leve. Leve che solo sul Maxsym sono regolabili su quattro posizioni. Dopo l’ABS, obbligatorio da anni, il dispositivo elettronico di sicurezza più importante è il controllo di trazione, in particolare se il fondo è viscido (la vernice delle strisce pedonali è famigerata). Questo dispositivo, poi, è ormai diffuso anche su alcuni 125. Sorprende un po’ che sia presente solo su BMW e Yamaha, mentre Suzuki e SYM si affidano alla sensibilità del pilota. Tre dei quattro scooter in prova dispongono di freno di stazionamento, curiosamente solo BMW non ne è dotato. Mancanza che emerge se si deve parcheggiare su una rampa, per esempio. Suzuki e Yamaha hanno rispettivamente una manopola nel retroscudo e una levetta al manubrio. SYM lo attiva attraverso la stampella. Quest’ultima soluzione evita il rischio di dimenticarsi di inserirlo, ma potrebbe penalizzare in manovra.