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Un po' di storia: Piero Remor, il papà del quattro cilindri frontemarcia

Genio e… rigidezza: si potrebbe così sintetizzare quello che è stato Piero Remor, ingegnere romano che, tra le tante, ebbe l’intuizione di realizzare il quattro cilindri frontemarcia. Un motore che divenne poi il riferimento per la stragrande maggioranza delle moto, soprattutto sportive

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Elegante anche nei momenti di riposo, Remor (sinistra) sfida a scacchi Pagani, sotto lo sguardo della signora Rita, moglie del pilota milanese. È il 1949 tra le gare di Assen e Spa

Se oggi guidiamo una brillante e potente quattro cilindri (in linea frontemarcia) gran parte è merito di quel signore in doppiopetto e con gli occhiali sottili che nella foto sfida a scacchi un attento Nello Pagani.

L'ingegnere Piero Remor e il suo amico Carlo Gianini (anche lui laureato in ingegneria) disegnano a Roma nel 1923 un motore da competizione quattro cilindri di 500 cc. Niente di nuovo sotto il sole per il numero dei cilindri, ma la brillante e vincente idea è quella di metterli di traverso rispetto al senso di marcia, così possono raffreddarsi al meglio.

Il motore all'inizio dispone di 24 CV, poi si evolve sino a 30 CV a 6.200 giri/min, diventa da monoalbero a bialbero, ha il raffreddamento misto aria/acqua e viene portato in gara e a caccia dei record di velocità da Piero Taruffi.

La moto viene "sponsorizzata" dalla CNA, ma nel 1929 l'azienda aeronautica preferisce abbandonare il progetto della quattro cilindri. Gianini resta in CNA e Remor si occupa di consulenze; questo fino al 1939, quando Taruffi lo chiama ad Arcore, in Gilera: bisogna realizzare una nuova quattro cilindri 250 da GP dotata di compressore volumetrico, dispositivo che regalava cavalli a manciate. Ma siamo all’inizio del secondo conflitto mondiale e tutto è rimandato alla fine della guerra.

Al riprendere delle competizioni internazionali, il compressore viene abolito e in Gilera viene l'esigenza di costruire una nuova quattro cilindri 500 da GP. Così Remor torna ad Arcore, rispolvera i passi tecnici della 250 e nasce una delle moto più incredibili di quegli anni. Il motore è raffreddato ad aria per essere il più leggero possibile, ha teste e cilindri fusi in blocco, albero motore monolitico, sviluppa circa 48 CV a 9.500 giri/min.

Le soluzioni tecniche utilizzate per vincere sono pure molto costose e fanno dire a Giuseppe Gilera: "Mi fa sprecare un sacco di soldi". Altro punto di discussione con l'ingegnere romano riguarda l'efficacia delle sospensioni: Remor si occupa anche di questi particolari che utilizzano, al posto delle normali molle, le barre di torsione (vedi foto in galleria), uno dei punti fissi del suo credo tecnico, retaggio della cultura aeronautica. Proprio le barre di torsione sono oggetto di continua discussione: i piloti contestano questa soluzione perché rende la moto instabile. Remor replica all'accusa con la perentoria frase: "Lei ha studiato?".

La Gilera 500 è subito veloce e nel Mondiale del 1949 ci sale l'esperto Nello Pagani. Il pilota milanese vince il GP di Assen e il Nazioni a Monza, arrivando a un passo dall'aggiudicarsi il titolo della 500 dopo aver trionfato nella 125 con la Mondial.

Pagani, raccontando il suo rapporto al calor bianco con Remor, dirà: "Era un gran tecnico e di talento ne aveva fin troppo, ma era un uomo tremendamente pieno di sé, tanto che credo che per difendere le sue scelte tecniche sarebbe arrivato a piedi fin sulla Luna".

In effetti, Pagani ha ragione perché Remor è un tecnico dalle grandissime e varie capacità. Alla fine del 1949 l'ingegnere romano lascia la Gilera per approdare alla MV Agusta per realizzare un'altra 500 da GP, la 4 cilindri che sarà la base della moto che rimarrà sulla breccia del Mondiale per ben 17 anni.

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