Un po’ sorprendentemente, invece, l’approfondita analisi chimica non ha dato esiti negativi. Dopo aver scovato il piombo nel casco contraffatto, per un accessorio che generalmente non è a contatto con la pelle come il paraschiena, ci aspettavamo di tutto e di più, invece le analisi di ogni componente del paraschiena – dall’elastico al guscio, dal metallo interno all’imbottitura – hanno mostrato che tutto è risultato in regola con le normative europee. La spiegazione potrebbe stare nel fatto che la Cina ha recentemente introdotto regole molto severe sulla tutela della salute e dell’ambiente, quindi il tessuto e le plastiche locali sono “regolari”, o almeno così è in questo caso. Anzi, il CentroCot, che ha ovviamente analizzato anche l’originale, ha rilevato proprio nel suo logo posteriore in plastica rossa (il famoso "diavoletto"), una piccola quantità di cadmio. Durante lo “smembramento” dei paraschiena per raccogliere i campioni da analizzare, è emerso un altro fattore di rischio: per tenere uniti i vari strati di materiali, Dainese ha utilizzato dei bottoni metallici – ovviamente copiati in questo dai cinesi – tuttavia, mentre il bottone originale è tondeggiante e sottile e ricoperto da una leggera imbottitura non rappresenta un pericolo, quello contraffatto sembra più un comune bottone metallico da jeans, non smussato. Questo significa che in caso di urto in quel punto potrebbe causare ulteriori danni.
In conclusione, chi spendesse 22 euro per un paraschiena contraffatto… avrebbe buttato via 22 euro: non è obbligatorio indossarlo e non passa i test di omologazione, quindi che senso ha spenderci dei soldi?