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La normativa Euro 5 ci restituirà tanta tristezza

Un lettore ci scrive preoccupato: "Che motociclisti saremo quando le moto diventeranno sempre più costose, pesanti, voluminose, silenziose, “verdi”? Ci toglieranno l'essenza del mezzo? L'arrivo della normativa Euro 5+ peggiorerà le cose?

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Caro direttore, sono un abbonato di 38 anni. Le vostre prove, i vostri articoli, i vostri consigli mi hanno portato al motociclista che sono oggi: informato, prudente e orgoglioso di far parte di questa tribù in via di estinzione. Ho dovuto rileggere l’editoriale (lo trovate nell’ultimo paragrafo di questo articolo), caro Federico, per capire che con la Euro 5+ sarà una completa tristezza. Hai parlato di moto sempre più costose, pesanti, voluminose, silenziose, “verdi”. Come dici, amiamo essere motociclisti per l’essenza del mezzo, per il rumore, per la disinvoltura con cui affrontiamo un bel passo di montagna... Se si toglie tutto questo, che motociclisti saremo?

Ivan Mangili – Bonate Sopra (BG)

Caro Ivan, ho preso come spartiacque il 1999, anno di introduzione della Euro 1. Prima di allora ci fu il grande ventennio tutto deroghe ai vincoli ambientali; dopo quella normativa arrivarono i vent’anni della sostenibilità a ogni costo. Nel 1999 già testavo le moto per Motociclismo. Di quell’anno ricordo ancora benissimo la “pistata” a Valencia con la Yamaha R1, il viaggio a Creta con la BMW R 1150 GS, una sparata al passo del Penice con la Honda Hornet 600. Se ripenso alle doti di guida di cui era capace una moto di quelle, mi dico che da allora abbiamo fatto tanta strada. Se però prendo come riferimento una sportiva o una globetrotter o una naked del 1979, non posso negare a me stesso che negli anni 80 e 90 il progresso inteso come piacere di guida abbia corso più veloce che negli ultimi anni. Avete mai guidato una moto dal fascino immarcescibile come la BMW R80 G/S? Ecco, quella moto, rispetto a una R 1150 GS vent’anni più giovane, è semplicemente di un’altra era geologica. Viceversa una R 1150 GS del 1999 è un modello che a mio parere non sfigurerebbe troppo in una comparativa maxienduro di oggi. Questo per dire che la R1 e la Hornet e un po’ tutte le moto a cavallo del millennio sono più vicine alle loro “nipoti” (2019) che alle loro “nonne” (1979). Ciò detto, resto convinto che l’industria motociclistica sia riuscita a “digerire” bene le nuove direttive, restituendoci, attraverso un lavoro straordinario, prodotti sempre più sicuri e più divertenti. Sta di fatto che ingentissime risorse in questi ultimi due decenni sono state spese per conformare le moto a normative sempre più stringenti, mentre nello scorso millennio venivano impiegate solo per assecondare i desideri del motociclista, che non sempre collimano con quelli di Bruxelles.

La Yamaha R1 che trovate a pag. 78 (riferimento al numero di Ottobre 2019) è la prima moto Euro 5 che guidiamo. Ci siamo saliti in sella a Jerez, rapportandoci a questa belva da 300 km/h con una trepidazione insolita. Niente smania da cordolo. Piuttosto la preoccupazione che la norma antinquinamento in vigore dal 1° gennaio 2020 avrebbe potuto compromettere il gusto di guida. Timore fugato al primo rettilineo, dove abbiamo riassaporato i 200 CV purosangue di sempre. Questo approccio eco-sensibile mi ha riportato indietro al 2003-2006-2016, quando debuttarono fra mille preoccupazioni (anche mie) le Euro 2, Euro 3 e poi Euro 4. Invece le normative che negli anni hanno disciplinato la pulizia di scarico ci hanno ricordato, ogni volta con maggiore convincimento, che i legislatori corrono veloci ma gli ingegneri sanno tenere il passo. Non a caso sentiamo parlare da tempo di modelli in commercio già “Euro 5 ready”. Penso tuttavia che la lenta stratificazione delle norme antinquinamento, a partire dalla Euro 1 del 1999, ci abbia dato il tempo di assimilare un cambiamento in realtà più grande di come lo percepiamo oggi. Se riavvolgiamo il nastro degli ultimi vent’anni, ci accorgiamo che la moto ha perso via via un po’ della sua essenza: semplicità, leggerezza, spazi vuoti per “guardarla attraverso”. Tutto questo ce lo racconta bene il duello di pag. 120 (Ottobre 2019) fra la Monster e la lontana discendente della Hornet. A fine anni 90, in un’altra era geologica, queste due icone del minimalismo pesavano 6 kg meno e, nel caso della Honda, avevano più brio nonostante una cilindrata inferiore. Visto lo straordinario progresso di cui è stata ed è capace la nostra industria, mi domando dove saremmo oggi senza le costrizioni della Euro 5. Qualcuno direbbe inquinati e contenti. La verità è che le nostre moto sono diventate meravigliose creature inzeppate di centraline, sensori, materiale fonoassorbente e acciai sempre più spessi e pesanti perché ultraresistenti al calore emesso da catalizzatori ogni anno più grandi e roventi (toccano gli 800 °C). E la Euro 5+ in arrivo il 1° gennaio 2024 complicherà ulteriormente la faccenda (Ottobre 2019 - pag. 22). Letta la norma, ho provato a immaginare la moto da qui ai prossimi 5 anni. La sfida più grande sarà l’abbattimento del rumore, e segnali di attenzione al tema già ce li danno i primi “velox acustici” (Ottobre 2019 - pag. 16). Per scendere dall’attuale soglia di 77 dB fino ai presunti 75-76, in molti casi si dovrà lavorare sugli organi interni o magari fare rinunce come... i clin clin clin della frizione Ducati (che musica!). Occorrerà “insonorizzare” il rotolamento delle gomme e il trascinamento della trasmissione finale. E le due principali casse acustiche della moto (aspirazione e scarico) saranno sempre più voluminose per smorzare le onde di pressione: quanto sarà difficile disegnare moto belle? E quanto saranno intriganti moto sempre più afone? Presumibilmente ci sarà una maggiore diffusione della carenatura, barriera per così dire naturale ai decibel. Con buona pace degli amanti di naked e offroad. O magari davvero si viaggerà elettrico. Qualunque strada si prenda, di certo registreremo un’impennata dei costi. Sofisticati software e hardware obbligati per legge a monitorare le emissioni inquinanti, segnalando in tempo reale eventuali anomalie (OBD2), potrebbero depauperare il consumatore finale ma anche le piccole Case, che in assenza di R&D qualificate dovranno necessariamente affidarsi a fornitori specializzati come Marelli, Bosch, Continental. Senza contare quant’è difficile e costoso progettare un motore davvero efficiente, ovvero capace di consumare -e quindi inquinare- poco per la capacità di trasformare senza sprechi la combustione in energia. Non a caso la nuova Africa Twin cresce nella potenza e nella cilindrata ma dichiara consumi inferiori (Ottobre 2019 - pag. 28). Tutto questo è facile se ti chiami Honda come anche BMW, Ducati, Kawasaki, Suzuki, Yamaha. Guarda caso le uniche Case con la fasatura variabile nella produzione di serie, a tutto vantaggio della “ampiezza” di utilizzo motore ma anche del rispetto dei parametri Euro 5. Sia ben chiaro: nei prossimi anni non moriranno i 2T e neppure i motori ad aria, ma le varie TM, Beta, Morini, SWM sono chiamate alla sfida più difficile. Queste considerazioni ci fanno capire una verità semplice semplice: non si risolve il problema dell’inquinamento con la sola bandiera intellettuale della sostenibilità o con la condanna sommaria del progresso inteso come moto, macchina, aereo. Occorre “imporre” investimenti non più grandi della capacità dell’industria di sostenerli.

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