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Sfida infinita: meglio 2 o 4 cilindri per le sportive?

I motori a 2 e 4 cilindri sono i più diffusi tra le moto, al top delle prestazioni anche tra le supersportive. Ma qual è il migliore? Ecco come la disposizione dei pistoni e l'effetto giroscopico dell'albero motore influiscono sulla guidabilità
1/18 Albero motore della Ducati 1199 Panigale S

Ogni Casa ha il "suo" motore

Il numero e la disposizione dei cilindri nei motori da moto hanno un’importanza che va anche al di là della “tecnica”, tanto che le diverse architetture arrivano a tipicizzare alcune Case. Per intenderci (facciamo, per convenzione, riferimento alla disposizione dei cilindri e non a quella dell’albero motore) H-D “è” il Twin longitudinale a V di 45°; BMW il Boxer (V di 180°); Guzzi il V trasversale di 90°; Ducati il V2 a 90° longitudinale (a “L”); Triumph è “dispari” con il 3 cilindri trasversale, le “giapponesi" sono il 4 in linea. Tutte le Case elencate hanno esplorato molte altre soluzioni, certo, ma non si può negare che oggi a ogni Costruttore corrisponda un motore “tipico”. Per molte applicazioni (offroad, turistiche, custom) le scelte sono condizionate dalla destinazione d’uso o dalla tradizione del Marchio. La sfida tecnica più interessante è quella tra i motori sportivi bicilindrici e i 4 in linea trasversali: molti aspetti legati direttamente a principi fisici fanno pendere la bilancia a favore dell’una o dell’altra soluzione. Prendiamo in considerazione le sportive stradali, moto per cui le perfomance pure, quindi la miglior efficienza tecnica generale, sono un aspetto importante quanto la capacità di rendere al meglio sui percorsi più diversi.
Il bicilindrico della Ducati Panigale R

Twin irregolari

I segreti del bicilindrico della Ducati Panigale R
A questo punto bisogna addentrarsi un po’ nella Fisica, senza enunciare teoremi e formule ma spiegando i riscontri pratici di alcune leggi. Partiamo da alcuni esempi: il ciclo completo di un motore a 4T si effettua con la rotazione di 720° (2 giri) dell’albero motore. Se consideriamo un 1.000 cc, in un Twin la cubatura unitaria è di 500 cc, 250 cc per il 4 cilindri. Ci riferiamo in primis a un motore del tipo utilizzato da Ducati, in cui gli “scoppi” avvengono in maniera “irregolare”. In pratica, “scoppia” il cilindro verticale subito seguito, dopo 90° di rotazione dell’albero, da quello orizzontale. Segue poi un lungo intervallo, durante il quale il motore non genera coppia motrice e poi ancora gli scoppi. Nel V90 Moto Guzzi, la successione degli scoppi è invece “regolare”: dopo la fase di combustione del primo cilindro, l’albero ruota di 270° e poi scoppia il secondo cilindro, con una distribuzione più omogenea dei picchi di coppia corrispondenti alle fasi attive del motore (e un sound diverso). In un 4 in linea la distribuzione degli scoppi è più regolare lungo i 720° di rotazione dell’albero (ciclo completo 4T).

Quando il 4 assomiglia al 2

L'albero motore "Crossplane" della Yamaha R1, con manovelle a 90° tra loro e funzionamento "big bang", cioè a scoppi irregolari
Questo comporta che nel bicilindrico a L si registreranno alti picchi di coppia (dovuti ai cilindri dalla capacità doppia rispetto a quelli di un “4”) quasi contemporanei, seguiti da una lunga “inattività”, mentre nel 4 in linea l’erogazione della coppia avrà picchi ogni 180° (configurazione “screaming”) e sarà più regolare, così come la spinta applicata alla ruota. Ciò farebbe supporre che, ad esempio sul bagnato (dove la guida “dolce” premia), il controllo e l’aderenza del pneumatico siano superiori. Invece, al contrario, il grip in accelerazione è superiore con il motore a L. Se si considerano le fasi attive, infatti, la gomma della moto con motore Twin tenderà a “spinnare” (e scivolare lateralmente in curva) più che quella della moto 4 cilindri. Il lungo tempo senza fasi attive dà però modo al battistrada di recuperare l’aderenza mentre con il motore 4 cilindri, una volta superato il limite di aderenza, il pneumatico difficilmente “avrà il tempo” di riprendere il grip, se non “pelando” il gas. Molti Costruttori di 4 cilindri hanno realizzato motori a scoppi ravvicinati (configurazione “big bang”), disponendo diversamente le manovelle dell’albero motore. Un esempio è l’ultima versione della Yamaha R1, che monta l’albero “Crossplane” con manovelle a 90° tra loro, come sul bicilindrico che stiamo analizzando. Si è riscontrato che far perdere aderenza al pneumatico in modo netto, ma per poco tempo, rende meglio che farlo scivolare più dolcemente.

Un momento, please

Disegno schematico di un giroscopio con le forze che intervengono sulla sua rotazione: F è quella applicata allo sterzo, R la reazione del giroscopio e G il senso di rotazione della ruota anteriore.
Ma ecco un’altra qualità “nascosta” del Twin a L, riguardante l’effetto giroscopico. L’effetto giroscopico è sotto gli occhi di tutti osservando una trottola che resta in verticale fino a quando ruota abbastanza velocemente. L’asse di rotazione tende a mantenere la posizione nello spazio tanto più con l’aumentare della massa in rotazione, del raggio e della lunghezza (misurata sull’asse di rotazione) dello stesso corpo in rotazione. Però quando si applica una forza sufficiente, il sistema in rotazione reagisce in modo “strano”: se ruotiamo l’asse di rotazione, si genera una forza a 90° rispetto a quella applicata. Pensate di tenere con le mani l’asse di una ruota che gira veloce. Guardando dall’alto la ruota, se giriamo verso sinistra il suo perno, lo stesso “risponderà” spingendo la nostra mano sinistra verso l’alto, facendo quindi “ribaltare” la ruota verso destra. Esattamente come quando, guidando una moto, ruotiamo lo sterzo verso sinistra (con la moto verticale): l’asse ruota tenderà a “spingere” la moto in piega verso destra.

Pro e contro dell’effetto giroscopico

Valentino Rossi sulla Yamaha M1, il cui albero motore gira.... al contrario
Vi sono moto più “dure” da inserire in curva e questo effetto, chiaro e ben avvertibile magari a parità di pneumatici montati, dipende anche dall’effetto giroscopico, che aiuta a “piegare” ma richiede anche uno sforzo da parte del pilota per generare la componente utile alla guida. Quando effettuiamo questa manovra sullo sterzo, lo stiamo facendo anche in riferimento all’albero motore. Quello più corto e rigido del bicilindrico offrirà meno resistenza rispetto a quello più lungo del 4 cilindri che, oltretutto, normalmente ruota a velocità superiore al primo, aumentando l’effetto giroscopico che tende a mantenere la posizione dell’asse di rotazione dell’albero motore. Questo è uno dei motivi per cui nei 4 in linea si ricerca molto la compattezza laterale, arrivando, come nella R1, a contenere la bancata dei cilindri in poco più di 40 cm.
L’effetto giroscopico generato dal motore è notevole, inferiore a quello prodotto dalle ruote della moto, ma nettamente avvertibile: lo sanno bene Rossi e i piloti che guidano la M1, che ha l’albero motore controrotante rispetto a quello di una normale supersportiva come la "sorella" R1 (le uniche moto di serie con l’albero controrotante sono le MV Agusta 3 cilindri). Questo perché i piloti non hanno bisogno di tutta quella stabilità generata normalmente dall'albero motore e dalle ruote in rotazione della moto: preferiscono un M1 più nervosa per poter gestire al meglio i rapidi cambi di direzione.

Quindi è meglio il Twin?

Vi sono molte altre considerazioni che si possono rilevare proseguendo in questa analisi, a cui accenniamo: un bicilindrico a V di 90° è naturalmente bilanciato, il che evita l’utilizzo di contralberi e sistemi anti vibrazioni, indispensabili invece su un 4 cilindri. Il contralbero genera ulteriore effetto giroscopico, pur di entità minore rispetto a quello proprio dell’albero motore, data la minor massa e velocità di rotazione. La nostra dissertazione potrebbe portare a pensare che chi non monta un twin a L sbagli, ma il bello della moto sta proprio in questo: come nel poker, non esiste una soluzione vincente in assoluto e i “contro” del motore a L non sono pochi. Ma questa è un’altra storia...
Chaz Davies in azione sul bagnato con la Panigale R ad Assen, durante il mondiale SBK 2016
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