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Undaunted: il film su Dovizioso

Andrea Dovizioso presenta il suo docufilm che ci mostra aspetti inediti della vita di un top rider MotoGP; un’occasione per fare il punto sulla stagione 2020 dove si va a caccia del feeling con le nuove gomme

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Undaunted, indomito. È il nuovo nickname che campeggia sulla tuta di Andrea Dovizioso, in sostituzione del famoso “DesmoDovi”. Ma è anche il titolo di un inedito docufilm che vede protagonista il pilota della Ducati, realizzato dal regista Paolo Novelli e prodotto da Red Bull Media House, della durata di 52 minuti. Per un anno intero Paolo ha seguito Andrea in ogni momento della sua vita, mostrando un lato di Dovizioso, e della MotoGP, sconosciuto agli appassionati. Il film sarà visibile dal 21 febbraio su Red Bull TV (poco più in basso trovate il trailer).

“Sono stato un pazzo a seguire il Dovi per un anno - ha detto Paolo Novelli - Un percorso emotivamente intenso, con tante gioie che si sono alternate a momenti difficili. Penso di aver tirato fuori un ritratto vero di Andrea come pilota e come uomo. Dovi ha deciso di mostrarsi in tutte le sue sfaccettature davanti alla mia telecamera con il coraggio che lo contraddistingue. Mi piacerebbe che, guardando questo film, gli spettatori possano avere la sensazione di essere entrati nel mondo intimo dei piloti durante una gara”.

“Io sono molto appassionato di motocross - ha dichiarato Andrea Dovizioso durante la presentazione – e in quel mondo si riesce più facilmente a vedere cosa succede al di fuori delle gare, a differenza della MotoGP dove tutto è abbastanza blindato. Valutando questo, abbiamo deciso di far vedere qualcosa di più “interno” del nostro ambiente, rimanendo legati alla tecnica, senza toccare troppo la mia sfera privata. È stata una bella esperienza, le riprese mi hanno appassionato e con Paolo si è creato un rapporto speciale. È entrato a tutti gli effetti a far parte del team e della nostra famiglia. Anche se siamo agli antipodi caratterialmente, io il razionale e lui l’artista, siamo in perfetta sintonia. Sono convinto che questo documentario aprirà nuovi scenari sul mondo della MotoGP”.

L’incontro è stato anche occasione per fare il punto sui primi test in vista della nuova stagione.

“L’introduzione delle nuove gomme Michelin rendono difficile leggere la reale situazione, di tutti, non solo della nostra. Tre giorni di test in Malesia sembrano tanti, ma in realtà non sono sufficienti per avere un’idea chiara, perché arrivi da uno stop di due mesi girando sulla pista con le condizioni più estreme e c’è tanto da mettere a punto. I test in MotoGP vanno fatti in modo intelligente, devi capire bene cosa devi fare e devi farlo quando sei nella giusta condizione. In questo senso sei molto limitato in Malesia”.

Ma a che punto siete?

“Non abbiamo ancora lavorato molto sulle gomme, ci siamo fatti un’idea valutando il comportamento anche sulla lunga distanza, simulando un long run assieme a Danilo e sono venuti fuori aspetti interessanti, anche se non si sa quanto siano veritieri. È presto. Guardare la classifica alla fine dei test non ti fa capire la reale situazione: ho chiuso quindicesimo a mezzo secondo dal primo, quindi vuol dire poco. C’è margine di adattamento alle gomme, ma non sappiamo ancora quale sia il vero limite, è tutto da scoprire. Il reale equilibrio non si capirà nemmeno in Qatar, bisognerà aspettare almeno le prime tre quattro gare, utili a tutti a trovare il miglior adattamento alle gomme e il bilanciamento della moto; sono dati che emergono solo in gara. Per questo il risultato dei test in Malesia per me non conta più di tanto”.

Per il momento chi ti sembra più avanti in questo lavoro di messa a punto?

“Abbiamo visto i piloti Yamaha molto carichi e veloci, così come le Suzuki. Marquez in questo momento non è decifrabile per i problemi fisici che ha. Ma interpretare i valori in campo non è così importante adesso. Dobbiamo adattarci alle gomme e in Qatar avremo a disposizione del materiale nuovo; vedremo come sarà il risultato”.

Non è la prima volta, però, che provate queste gomme. Nei primi test i risultati sono stati diversi.

“Questo ti fa capire che prendere per buoni i risultati della Malesia è sbagliato. Ci vorrà qualche gara per capire bene come stanno le cose”.

Che differenza c’è stata tra la Malesia e gli altri test?

“In Malesia abbiamo fatto delle simulazioni gara, cosa che a Jerez e a Valencia non aveva fatto nessuno. Fare più entrate con le stesse gomme non è come simulare un long run, perché alla lunga vengono fuori aspetti nuovi per tutti”.

Quali sono le differenze rispetto alle vecchie coperture?

“Hanno una carcassa diversa e hanno più grip in certe situazioni. Si può andare più forte, ma allo stesso tempo tendono a muoversi di più e questo cambia il bilanciamento della moto, l’approccio alla frenata, l’inserimento; è tutto un po’ diverso. Bisogna ribilanciare la moto facendo delle prove e dobbiamo capire se la direzione che abbiamo preso è quella giusta oppure no. Non è facile, cambia tanto anche la gestione della derapata, perché si perde aderenza più facilmente ed è tutto più difficile da gestire. Devi modificare la taratura dell’elettronica, devi guidare in un modo diverso, devi bilanciare la moto in modo diverso”.

Queste caratteristiche “aggravano” il problema storico di difficoltà di percorrenza della Ducati?

“Non so rispondere, in questa fase. Avere delle gomme che si comportano diversamente condiziona tutto quello che fai; è così per tutti ora come ora. È ancora tutto da scoprire. Sulla carta le moto che hanno una migliore percorrenza di curva potrebbero trovarsi meglio; forse. Serve ancora tempo per capire”.

Parti per vincere il Mondiale?

“Sì, altrimenti non sarei qui. Per farlo, però, dobbiamo migliorare la costanza di risultati, perché Marc quando va male fa secondo e non possiamo permetterci di perdere punti in certe gare. Mi sento molto competitivo in questo momento, nonostante i miei 34 anni; mi sento nel mio miglior stato di forma, per esperienza, velocità, condizione e conosco bene i miei pregi e i miei difetti. Non avverto ancora i limiti dell’età e sono motivato. Voglio provare a giocarmi il mondiale finché posso. Se fai parte di un progetto vincente vale la pena rischiare e fare sacrifici per cercare di ottenere il risultato, mentre se non dovessi trovarmi in questa situazione non sarà un problema per me non andare avanti”.

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