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MotoGP Qatar: il Disoccupato Volante. E non è una questione di biglie

Il paradosso di Fabio Di Giannantonio, che vince la sua prima gara otto giorni prima dei test ufficiali del 2024, ai quali (per ora) non potrebbe prendere parte perché fuori dai giochi

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Oggi a te, domani a me: il rocambolesco campionato 2023 lo stanno decidendo le gomme. Un innocente e frustrato Jorge Martin guarda il suo pneumatico posteriore al termine della gara lunga del Qatar, dove ha terminato decimo. Il giorno prima era stato Bagnaia a lamentare lo stesso problema.

Nonostante io sia più vicino ai 100 anni di età, che ai 10, amo giocare a biglie. Ogni estate, con figli e nipoti, affrontiamo grandiose gare sulla spiaggia di Martinsicuro in Abruzzo, su piste professionali tracciate con le chiappe del più leggero tra noi, che viene trascinato per le gambe, riempendosi il costume di sabbia, conchiglie, sassolini, sigarette, bastoncini di ghiaccioli, dentiere usate, fazzoletti, cacche di cane e via peggiorando. Queste gare vanno sempre nello stesso modo: c'è uno di noi che va in fuga, accumula un vantaggio galattico, ha la vittoria in tasca ma, a quel punto, si emoziona, ha paura di sbagliare, per cui gli viene il braccino, fa tiri meschini, rallenta troppo e viene ripreso dagli altri, finendo per perdere la gara. Ora, il maggiore dei miei nipoti, che all'anagrafe si chiama Andrea ma che noi chiamiamo Annndddrrreeeaaahhh per fare prima, dopo avere visto la gara Sprint del Qatar mi dice: ma Bagnaia sta facendo come noi con le biglie?

Annndddrrreeeaaahhh concentratissimo in una gara del 2023, dove recupererà dalla penultima posizione fino alla vittoria, per colpa del braccino di quelli davanti. Si noti la lingua di fuori.

L'ipotesi è suggestiva, ma non credo che sia così. La MotoGP di questi ultimi tempi sta diventando davvero complicata. Il moscissimo quinto posto di Bagnaia nella Sprint e le vittorie tardive di Diggia secondo me fanno parte dello stesso calderone in cui è finito l'attuale campionato. Come amo ripetere spesso, io seguo assiduamente le gare in televisione fin dal 1983, anno del primo titolo di Freddie Spencer. Bene o male, ho assistito a campionati in cui i protagonisti erano sempre gli stessi. C'erano da uno a quattro dominatori e il resto faceva un altro sport. I dominatori si spartivano i primi tre gradini del podio. Tra loro c'era quello che vinceva sempre, così come quelli che finivano sempre secondi o terzi e che vincevano almeno un paio di gare all'anno. Questa situazione ultimamente vedeva protagonisti Rossi, Lorenzo, Stoner e Pedrosa, i Fantastici Quattro. Poi Marquez ha preso il posto di Stoner, ma la situazione era sempre quella: un'elite davanti al resto del Mondo. Le cose sono cambiate drasticamente e quasi di colpo quando Dorna ha preso a castrare pesantemente le moto vincenti introducendo regolamenti sempre più restrittivi. I guai, per Honda, sono iniziati nel 2016, quando è stata costretta a utilizzare una centralina elettronica comune per tutti, imposta dall'alto e non sviluppata da lei. E che, sulla RCV, lavorava chiaramente peggio della sua, che dovette buttare alle ortiche. I risultati della nuova politica si sono visti già quell'anno. Nel 2015, le 18 gare vennero vinte da quattro piloti: Rossi, Lorenzo, Marquez e Pedrosa, su Yamaha e Honda ufficiali. Come sempre. Nel 2016, i vincitori furono nove (ai soliti Rossi, Lorenzo, Marquez e Pedrosa si aggiunsero Miller, Viñales, Iannone, Crutchlow, Dovizioso) in sella a Honda ufficiali e private, Yamaha, Suzuki e Ducati. Non fu un caso, faceva parte del disegno di Dorna per rendere le gare più avvincenti ed equilibrate. Il rovescio della medaglia è che il Fenomeno con la F maiuscola, ovvero il pilota fuoriclasse che svetta per talento personale, fa più fatica ad emergere. Vediamo bene ciò in questo 2023, dove si sono scatenate una serie di variabili per cui è dura davvero pronosticare un vincitore.

Ma la FantaMotoGP?

Fino a due anni fa, in redazione, facevamo la FantaMotoGP ed era ancora abbastanza facile azzeccare il podio. Poi abbiamo smesso per motivi squallidi (eccesso di agonismo, che ha portato al disgusto generale) ma sarebbe stato interessante vedere cosa sarebbe successo quest'anno, visto che ormai le gare sono diventate simili a quelle di ciclismo. Parlo delle tappe in pianura, in cui il gruppo arriva compatto fino alla fine e dalla volata può venire fuori quasi chiunque. Finora, tra Sprint e lunghe, si sono disputate 38 gare, con dieci vincitori diversi (Bagnaia, Martin, Bezzecchi, Aleix Espargarò, Alex Marquez, Bastianini, Di Giannantonio, Binder, Rins, Zarco), sette dei quali su Ducati e gli altri tre su Aprilia, KTM e Honda. I talenti sono imbrigliati e frustrati da elementi estranei alla guida pura, soprattutto legati alle gomme (come s'è visto in maniera macroscopica in Qatar). L'incubo di averne una difettosa (ovvero con caratteristiche leggermente inferiori al dovuto, cosa che in un mondo legato ai centesimi di secondo può significare la catastrofe). Il problema del cambio di pressione quando stai in scia a chi ti precede: non solo ti penalizza alla guida, ma c'è pure la mannaia dei tre secondi di punizione. Le penalizzazioni se superi la linea verde, sia pure di un millimetro. I sorpassi "sporchi" che vengono puniti e sanzionati da una giuria che ha metri di giudizio tutti suoi, quindi spesso ingiusti (poi, se Aleix Espargarò tira un ceffone a un incolpevole Morbidelli alla fine la fa franca, ma questa è un'altra storia). In tutto questo, però, c'è una nota che non torna: se i drastici interventi del 2016 erano stati introdotti per interrompere il dominio di Honda e Yamaha, come mai siamo tornati a una situazione simile, con Ducati che umilia tutte le altre Case?

Anche la scia di chi ti precede e ti risucchia, buttandoti poi fuori se non combini "il disastro", fa parte dei nuovi problemi di cui devono tenere conto i talenti puri.

Anche così, però, il 2023 ci dice che ci sono due dominatori, ovvero Bagnaia e Martin. Gente che, anche quando ha problemi, riesce comunque a finire nei primi cinque, quasi sempre. Questa continuità manca a tutti gli altri, primo tra tutti il terzo in classifica, Marco Bezzecchi, capace di vincere quattro gare quest'anno (di cui tre lunghe!) ma spesso fuori dalla top ten. In questo contesto si inserisce la vicenda di Fabio Di Giannantonio, che approda in MotoGP nel 2022 e non ottiene risultati di rilievo per una stagione e mezza, fino a svegliarsi quando ormai è chiaro che il suo posto verrà preso da Marc Marquez. E lui dove andrà? Da nessuna parte: non interessa a nessuno, causa scarso rendimento. Ed è a quel punto che il romano ribalta la situazione, diventando di colpo un cavallo vincente. In tanti anni di gare della classe regina non so se ho mai visto niente di simile. Non si capisce se è un caso (dai e dai, alla fine Diggia ha capito come si va forte in MotoGP) o se è una reazione orgogliosa (e si meriterebbe un applauso, perché in casi come questo uno si deprime e si lascia andare), resta il fatto che (anche) questo è diventato un vincente e sarebbe assurdo se restasse disoccupato. Anche perché è il più simpatico di tutti... Mentre scrivo, per lo meno, ci sono speranze di vederlo nel team VR46 per il 2024. Sarebbe bello se questo articolo venisse smentito nel giro di pochi minuti...

A proposito di simpatia, non potevo perdermi il siparietto dei tre piloti a fine gara, quando la riguardano in tv.

Stiamo parlando del primo podio tutto italiano dal 2015 e del primo con piloti e moto italiane della stessa marca dal 1951, quindi erano tutti sciolti e liberi di fare battute. Solamente davanti alla TV Fabio ha capito come mai Pecco gli fosse sparito alle spalle. La conversazione tra i tre, più o meno, è stata questa: Bagnaia ha spiegato che la moto 2023 ha un vantaggio enorme quando si tratta di frenare sul dritto, mentre la 2022 è più veloce al momento di entrare in curva. Diggia nota in tv la manovra del torinese, che viene risucchiato dalla scia e finisce fuoripista. "Ma che, sei matto?". "Abbiamo sfiorato il disastro" commenta Pecco e interviene Marini: "Sarebbe stato un disastro molto bello, per me". Già, mors tua vita mea: Luca sarebbe passato da terzo a primo, un po' come successe a Oliveira nel 2020, quando vinse la sua prima gara grazie a un regalo fattogli da Miller e Pol Espargarò.

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