Quante persone analizzano questa mole di dati?
“Solitamente io e un collega giapponese. È un ingegnere elettronico che fa da tramite tra la pista e le sedi Yamaha di Gerno di Lesmo e di Iwata”.
Chi ha l’ultima parola, tu o Rossi?
“Lui. Un suo grande pregio è quello di tenere in grande considerazione il parere di noi tecnici, ascolta i nostri consigli e sperimenta per capire quale sia la strada giusta”.
Tutti i tecnici parlano con lui?
“No, solo io e capo tecnico siamo deputati a parlare col pilota”.
Hai libero accesso ai dati di Viñales e del team Petronas?
“Sì, io vedo i loro e anche loro vedono i nostri. Non ci sono segreti, anche a favore dello sviluppo della moto. È molto interessante vedere la telemetria di un pilota avversario. Si capisce quante apre il gas, la velocità dei cambi di direzione, l’utilizzo del freno posteriore”.
A proposito, Rossi lo usa?
“Sì. In generale, in MotoGP viene usato tantissimo, sia in fase di ingresso di curva e percorrenza, sia per ridurre la tendenza della moto ad essere sovrasterzante. Valentino ha anche il freno a pollice, utile nelle curve a destra”.
Come si fa ad associare la sensazione di un pilota ai dati?
“Ormai sono quindici anni che lavoro con Rossi, conosco le sue peculiarità. È facile vedere se in una curva sta forzando o meno, per esempio da come apre il gas”.
Il coach può essere controproducente nel tuo lavoro, magari dicendo cose opposte a quelle che dici tu?
“La bravura di un coach sta nel limitare il suo raggio di azione a quello che vede in pista, concentrandosi più che altro ai movimenti in sella e alle traiettorie”.
Parlando della M1, quali sono i suoi punti forti?
“È molto efficace in staccata grazie alla sua grande stabilità. Inoltre è veloce in percorrenza di curva”.
Qui sotto le foto del "giro a Tavullia" di Valentino Rossi.