Aprilia, in due delle ultime tre gare, è diventata la moto da battere, mettendo in ombra la fortissima Ducati. Ma quanto tempo c'è voluto! A Noale hanno spesso cercato di battere strade personali per vincere le gare ed hanno fatto così anche nella classe regina, dove hanno debuttato nel 1994. Dietro alle moto c'erano tre personaggi straordinari: Ivano Beggio (presidente), Jan Witteveen (ingegnere) e Gigi Dall'Igna (projekt manager). Nei primi anni 90 fecero questo ragionamento: le 500 4 cilindri sono le più veloci in rettilineo, ma le 250 bicilindriche vanno più forte in curva. Come sarebbe stata una 400 bicilindrica? E quella fecero. La RSW, nata 410 cc e poi portata a 430 e 460 cc nel corso dei primi anni, si rivelò in effetti competitiva sul giro secco, ma non vinceva le gare, nonostante fosse guidata da piloti del calibro di Loris Reggiani e Doriano Romboni. Il problema è che in rettilineo, erogando 140 CV al posto di 200, veniva passata dalle 500 4 cilindri, per poi trovare le curve troppo trafficate: non riusciva ad esprimere le sue traiettorie vincenti. Inoltre il rapporto peso/potenza diventava favorevole solo verso fine gara, quando il serbatoio si svuotava. Il migliore risultato fu il terzo posto che Romboni conquistò ad Assen nel 1997. Nel '98 Aprilia non corse, ma passò la stagione a sviluppare una 500 a cilindrata piena, sempre bicilindrica, che affidò a Tetsuya Harada e Jeremy McWilliams. Tra il 1999 e il 2000 i due riuscirono a ottenere diversi terzi posti, soprattutto quando pioveva, ma poi Aprilia gettò la spugna: "Faremo una 4 cilindri anche noi". Peccato che, quando la moto venne terminata, le 500 dovettero lasciare il posto alle MotoGP e quel prototipo non venne mai usato in gara.