Chi ci darà la moto del domani?
Sembra che la strategia delle Case giapponesi per il futuro sia avviata verso le moto più economiche, dalla produzione di milioni di pezzi. Si apre un’opportunità per i nostri Costruttori, da non perdere.
In ammirazione di fronte alla CB Twister 110. Potremmo, forse, finire così: a disquisire sulla comodità della sua sella lunga o a commentare la prestazione, lodevole, del suo motore quattro tempi raffreddato ad aria (bella la fitta alettatura! ...) che consuma pochissimo, solo 70 km con un litro di benzina; ad apprezzarne il look sportivo, anzi da supersportiva di una volta. La piccola motocicletta Honda è stata al centro dell’attenzione all’Expo di New Delhi, capitale di un Paese che nel 2010 comprerà dieci milioni di moto e scooter. La Twister costa l’equivalente di 650 euro ed è un esempio di come stanno cambiando gli scenari economici del mondo delle due ruote e di come stanno ragionando e lavorando le aziende giapponesi per spezzare la catena della crisi economica.
Le moto per l’Europa, per gli Stati Uniti, per i Paesi che possono spendere, sono bellissime, potentissime e velocissime, ma se se le vendite precipitano, diventa tutto troppo costoso: a cominciare dal pensarle, nell’investirci uomini e mezzi e quindi nel produrle. E non è più remunerativo venderle, se per farlo si deve ricorrere a campagne di sconti dissanguanti per la necessità di riassorbire lo yen che si rivaluta.
La novità è questa: le grandi aziende stanno pensando in “grande”, in termini di milioni di pezzi da produrre e quindi con occhio ai mercati e ai Paesi in via di sviluppo.
Un recente documento di Yamaha sposta radicalmente la propria visione strategica sulle moto super economiche. Honda lo ha fatto da tempo: dei 14,823 milioni di pezzi costruiti nel 2009 (il 4% in meno rispetto al 2008), 204.000 sono stati venduti negli Usa (il 48% in meno rispetto al 2008), 261.000 pezzi in Europa e, ben 11,7 milioni in Asia, dove ha migliorato del 6% rispetto al 2008. Ecco perché il massimo delle risorse e delle menti della potentissima R&D di Hamamatsu, quella che ci ha dato la VFR1200 col cambio automatico e la NR 750 a pistoni ovali, è concentrato su piccole sportive come la Twister o su mezzi ultra economici come il Wave 110i, una via di mezzo tra uno scooter e una moto, prodotto in Thailandia e dotato di iniezione elettronica. Che cosa ci dobbiamo aspettarci per il futuro? Probabilmente un rallentamento nelle presentazioni delle novità che arrivano dal Giappone, magari mascherato da pausa di riflessione per la congiuntura del momento. Il rischio, in una strategia dominata dal low cost, è di ritrovarci ad avere in futuro moto meno interessanti, meno coinvolgenti, fotocopia a quasi di quello che già esiste, dove l’evoluzione tecnica non è presa in considerazione e l’innovazione non si sposa più alla bella meccanica. Il mercato europeo, ma diciamo pure italiano, è stato determinante per i produttori giapponesi. Generazioni di motociclisti viziati dalla qualità e dalla bellezza del made in Italy ne hanno fortemente influenzato impegno tecnologico e sensibilità estetica. “Piacerà agli italiani?”, domandano gli ingegneri e i designer giapponesi che regolarmente ci onorano di una visita, mostrando disegni e bozzetti. Ascoltano, prendono appunti. È immodesto dire che spesso nella moto finita abbiamo trovato traccia dei nostri commenti? Tanto finora ha pesato l’Italia nella produzione delle quattro grandi sorelle giapponesi. Lo scenario oggi sta forse per cambiare, per l’industria del Sol Levante la voce dell’Europa potrebbe contare meno e nuove immense possibilità si spalancherebbero per i produttori europei specializzati in moto più intriganti, più coinvolgenti, più affascinanti e magari anche dalle prestazioni superiori. Fantascienza? Speriamo, perché è sempre un male per il mercato quando diminuisce la concorrenza. Nel frattempo però, anche come provocazione, perché non parlarne? Elementi su cui ragionare non mancano.
Un esempio? Andate alla prova delle maxisportive e guardate chi è finito sul podio.