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Abnormal Cycles Mistica: un viaggio fantastico

Tutto parte da un motore trovato in un mercatino in Germania: è lui la scintilla primogenia che innesca l'idea del progetto, realizzato con mezzi e tecniche di un secolo fa. Quindici mesi dopo la moto è pronta e funzionante, e la meta si è tramutata in un nuovo inizio
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Trovare un incipit per questo articolo e una chiave di lettura di questa special, mi è particolarmente difficile. Stimola così tante suggestioni ed epifanie, da non sapere quale scegliere. Potrei fare un ampio preambolo sulla figura di Samuele Reali, anima, testa e mani di Abnormal Cycles, che conosco da anni e mai ha deluso le aspettative, con creazioni singolari e curatissime. Potrei parlare della filosofia che sta dietro moto come Mistica, la protagonista di queste pagine, nata per fare bella mostra di sé in salotto, ma perfettamente funzionante. Potrei anche giocare con parole e immagini inventando un racconto in sospeso tra passato e presente, oppure lasciarmi ispirare dalla bellezza meccanica della moto e degli enormi generatori della centrale idroelettrica che ospita le foto di questo servizio. In ogni caso rischierei di perdermi e dilungarmi in affascinanti meandri di una narrazione itinerante. Ma, siccome questa è soprattutto la storia di un viaggio, partirò dall'inizio.

Il richiamo suadente di un motore

Mannheim, Germania. In questa cittadina a metà strada tra Francoforte e Stoccarda, si tiene ogni anno una importante e vasta mostra-scambio. Un mercatino, diremmo noi, di moto d'epoca e vetustà varie. "Era il 2016 e passeggiavo tra le bancarelle - racconta Samuele - quando incappai in una piazzola di un tizio francese che esponeva una serie di vecchi motori, completi. E lì in mezzo c'era lui, questo M.A.G. bicilindrico. Bellissimo. Gli passai accanto e proseguii: non ero andato fino nel cuore della Germania per quello, ma per dei pezzi Harley-Davidson. Però sentivo che mi chiamava... Avevo programmato di rimanere tutto il weekend a Mannheim e vagai per due giorni nel vasto mercatino, tentando di evitare la bancarella francese, perché il richiamo era forte. Alla fine sborsai 4.500 euro e lo portai a casa. È stata colpa sua. Ha insistito tanto". È serio, Samuele, mentre racconta. Non mi sta prendendo in giro: quel motore gli ha parlato. Succede così con gli artisti e i visionari. La meccanica si fa viva e assume una personalità. A questo punto, il motore è in officina a Bernareggio (MB), ma Samuele non ha idea di cosa farsene, né di dove potrà arrivare. Sa solo che sarà l'elemento iniziale di un progetto, "il mio biglietto per il viaggio negli anni Venti", dice. Perché, mentre la crew di Abnormal Cycles e tutti gli amici gli suggeriscono di costruirci intorno una moto sportiva, lui vuole una sottocanna. Di quelle con il serbatoio appeso al trave dorsale del telaio, per intenderci, che rappresentano la produzione pioneristica della motocicletta.
Il percorso, in gran parte ancora oscuro, si trasforma in un viaggio nel tempo, perché Samuele decide di utilizzare, per questo progetto, solo materiali e tecniche dei primissimi decenni del secolo scorso. Niente metalli leggeri o lavorazioni guidate da un computer. Il telaio è tutto da costruire e ha per le mani delle fusioni (cannotto di sterzo, zona sottosella e piedini perno ruota posteriore) di una Moto Guzzi Sport 13 del 1930. Basta questo per spingerlo a visitare il museo di Mandello per capire meglio e prendere ispirazione. Spulcia nei mercatini vecchi cataloghi, naviga cercando approdi sicuri nel mare magnum di internet, senza trovarli. Più si addentra nella costruzione, più intusice che il telaio dell'italiana c'entra poco con quello che ha in testa di realizzare. Bisogna dire che Samuele è uno che gode della bella meccanica, si tuffa entusiasta nei cilindri di un motore aperto, si perde con gioia nei labirinti che disegnano i condotti dell'olio, studia la razionalità dei telai e dona calore ai freddi tubi di ferro che li compongono.

Si documenta a fondo, prima di mettere mano ad un qualunque componente; si approccia con l'umiltà di un pivello alla storia di ogni moto, la studia e la reinterpreta; mescola senza rovinare. È raro trovare gente così in un ambiente dove tanti - troppi - si autocelebrano come preparatori di livello, ma altro non sono che macellai di motociclette. Capita che passino giorni interi senza che un solo passo avanti sia fatto, perché il lavoro manuale cede il posto alla contemplazione e alla riflessione; il viaggio procede anche nell'immobilità più totale. Ci sono dunque il motore, le fusioni, una forcella tipo Girder e le ruote da 26" con pneumatici da 2 ½": disegna un telaio e lo realizza poi con l'aiuto di Franco di Chop Works. A mano, con una dima di cartone e una serie di martelli, Samuele piega e salda una lamiera di ferro per realizzare il serbatoio (5 litri) da incastonare nel sottocanna.

La fiorettatura che lo adorna accompagna una miriade di parti nichelate: "La cromatura è più resistente - confessa - ma ha anche riflessi più freddi". Tutto il resto del metallo è lasciato nudo, ricoperto solo da una passata di cera grigia che ne impedisce la corrosione e ne esalta il naturale colore. E poi i dettagli, decine, sparsi dappertutto, perfetti, unici. Prendete solo l'oblò della pompa dell'olio (foto 6 qui sopra): una bolla di vetro necessaria, ma mancante quando è stata acquistata. Per ricostruirla ci vuole l'intervento del maestro vetraio Adam Cinquanta. Un personaggio da racconto fantastico. O da viaggio immaginifico, che si intreccia con quello di Mistica.

Senza fretta, né troppe curve

Adesso tocca a me salire su questa macchina del tempo e percorrere un tratto del viaggio iniziato a Mannheim. L'approccio con veicoli di tal fatta è sempre carico di ossequioso rispetto e timore: spezzerò qualche raggio delle ruote centenarie? Sarò in grado di governare i comandi tutti sballati (gas e aria sono due manettini sovrapposti a destra, l'anticipo del magnete a sinistra, il cambio a mano, con il pomello che urta il ginocchio...)? La sella è bassa, per fortuna: mal che vada posso mettere i piedi a terra in un istante. Il manubrio molleggia appena. Vi carico i polsi, laggiù distante oltre il telaio allungato. Le pedane così arretrate non aiutano a dare controllo. L'avviamento è preceduto da un rituale fatto di oliatura dei martelletti delle valvole d'aspirazione, di ricerca del punto morto, di giusta regolazione dell'anticipo. E poi un calcio deciso sul kick starter. Poto-poto-poto... Sound centenario. Ma la guida! Come facevano a godersela i nostri bisnonni, se ad ogni cambio di marci devi togliere la mano dall'acceleratore e spostarla sul pomello del cambio, mollando il manubrio che intanto comincia ad oscillare? L'avancorsa e l'interasse di Mistica sono disegnati per farla bella e acquattata, ma certo non maneggevole. A bassa andatura - perché i freni non sono certo quelli cui mi affiderei per una staccata al limite e preferisco tenere un largo margine di sicurezza, pur guidando su una strada chiusa al traffico - sudo non poco per indirizzarla dove vorrei io e non dove invece sembra decidere lei di andare. Alle vibrazioni, come al comfort inesistente, nemmeno faccio caso.

L'impegno fisico e psicologico le sovrastano. Ma sono anche accompagnati dalla indescrivibile emozione di guidare attraverso lo spazio e il tempo - facce della stessa medaglia, diceva Einstein - spinto da un motore che è prossimo a compiere un secolo di vita. E di viaggi, fisici e mentali. Una domanda però rimane in sospeso: perché il nome Mistica? "Che cosa vuol dire per te, mistica? - mi fa eco Samuele guardandomi negli occhi - Per me è una cosa cui non posso dare spiegazione. Pura fede, quasi una religione. È quel momento in cui sei talmente immerso nel tuo pensiero, che tutto il resto è tagliato fuori. Una sorta di trance. È quello che mi è successo con lei: all'inizio del viaggio capitava che rimanessi minuti interi a fissare il motore, assorto, estraniato dal mondo, mentre in testa si formavano immagini, figure, idee. Questo per me è Mistica".
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