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Moto Morini X-Cape 650: come va, pregi e difetti

Vanta una ciclistica immediata ed equilibrata, per una guida facile e poco impegnativa, mentre il motore è un po’ pigro ai bassi regimi Buono il comfort, pur con qualche vibrazione alle pedane. La dotazione di serie è, per certi versi, da moto premium, ma c'è qualche mancanza. Ecco la prova della Moto Morini X-Cape 650 2022, con le impressioni di guida, i pregi e i difetti

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Le crossover di media cilindrata vanno alla grande. Poliedriche, facili e soprattutto accessibili nel prezzo: ecco le qualità che decretano il loro successo. Doti che ritroviamo anche nella Moto Morini X-Cape, che entra a gamba tesa in questo affollato segmento per ritagliarsi il suo spazio. Esteticamente si ispira al mondo delle maxienduro, con linee proporzionate ed aggressive: la carena, alta e impettita, fa sognare grandi viaggi e avventura. La qualità percepita è buona: le plastiche sono ben accoppiate, con poche viti a vista e una verniciatura brillante.

Quello che colpisce piacevolmente – su una moto disegnata alle porte di Milano, ma prodotta in Cina – è la presenza di pregiata componentistica italiana (forcella Marzocchi, freni Brembo, gomme Pirelli) ed europea (iniezione Bosch), con dettagli da moto premium, come la strumentazione TFT con connettività (e luminosità automatica), la fanaleria LED, i blocchetti retroilluminati e i sensori di pressione degli pneumatici.

X-Cape, si legge escape: fuga, evasione. Con la Morini vien voglia di partire e non tornare più? O magari si cerca una diversione solo per un weekend? Entrambe le cose, possibilmente. Di certo, se si scappa, si vuole farlo in comodità. E l’ergonomia di questa crossover è centrata: la sella non è troppo alta da terra (c’è anche più bassa di 25 mm, optional) in modo da consentire un facile appoggio di entrambi i piedi a terra nelle soste. Le pedane sono abbastanza arretrate, per una guida attiva, e distanti a sufficienza per non costringere le gambe ad angolazioni eccessive; largo il giusto il manubrio, i cui riser si possono regolare su tre posizioni per avvicinarlo al pilota.

Solo il serbatoio – anzi, la carenatura in plastica che lo nasconde – potrebbe essere sagomato diversamente per accogliere meglio le ginocchia: snello dove incontra la sella, si allarga sensibilmente nella parte anteriore. Il piano di seduta, infine, è piatto e con imbottitura sostenuta, che non stanca nemmeno dopo una giornata di guida, ma il rivestimento è un po’ scivoloso. La scheda tecnica dichiara 213 kg a secco, eppure il peso si avverte solo nelle manovre da fermo: appena in movimento, la X-Cape si rivela molto equilibrata e agile. È la sua caratteristica migliore.

In città come nel misto stretto, spiccano doti di maneggevolezza e facilità di guida. Il feeling è immediato, la ciclistica è sana e restituisce buone sensazioni anche in inserimento di curva, benché sulle prime l’avantreno risulti un po’ leggero. Scende rapida in curva ed è svelta nei cambi di direzione, pur mantenendo sempre una apprezzabile neutralità. Non è mai nervosa e anche in percorrenza consente qualche correzione senza spaventi. Merito anche dell’ottimo grip offerto dalle gomme di primo equipaggiamento che, sull’asfalto non certo incandescente di queste giornate d’autunno, ci consentono di toccare notevoli angoli di piega in piena sicurezza, arrivando non di rado a strisciare le pedane. Eppure la luce a terra è buona.

Non prontissima, ma molto ben modulabile la frenata, specialmente all’anteriore. Il posteriore si dosa con altrettanta progressione e – se sollecitato – arriva a chiamare in causa l’ABS solo su asfalto freddo o umido. Tutto bene, insomma? Ad essere pignoli,

vorremmo delle sospensioni più sostenute

: così come ci è stata consegnata, la forcella affonda repentinamente ad ogni tocco alla leva del freno e il posteriore offre un supporto solo discreto in accelerazione, quando si guida “allegri”. La situazione migliora agendo sui registri (1 giro e ½ dal tutto chiuso sia compressione, sia estensione), ma il setting di base è più votato al comfort che al rigore nella guida impegnata. Nulla che mini sensibilmente la stabilità, beninteso: solo preferenze per piloti smaliziati.

Il pilota esperto troverà anche il motore un po’ pigro ai bassi regimi. Perfetto invece per non imbarazzare i neofiti, il bicilindrico in linea spinge con dolcezza – qualcuno direbbe poca convinzione – nella prima parte del contagiri, elastico a sufficienza per riprendere senza strattonare dai 2.000 giri/min, arrivando a generare una risposta brillante solo a partire dai 4.500 giri/min. Oltre questa soglia galoppa con maggiore verve – mantenendo però sempre un’erogazione progressiva e piacevole – esprimendo un buon allungo, fino a 9.000 giri/min. Insomma, ce n’è per divertirsi anche se, a polso, l’esemplare in prova sembra avere un po’ meno dei 60 CV dichiarati.

Per fare un paragone, ci appare più vicino ai bicilindrici in linea di Benelli TRK502 e Honda CB500X, che alle pari cilindrata Versys 650 e V-Strom 650. Certo, le seiemmezzo giapponesi dichiarano una decina di CV in più ma, anche senza arrivare ai loro livelli e in ottica di un utilizzo turistico, dal twin Morini vorremmo più grinta in basso, per non dover scalare una o due marce nel caso di un sorpasso rapido oppure per uscire dai tornanti senza tenere la frizione in mano. A proposito di frizione: non è morbidissima da azionare, però è precisa nello stacco e ben modulabile. Il cambio, benché con innesti un po’ lunghi, è ben rapportato e preciso. A livello di comfort, si ravvisano vibrazioni oltre i 5.000 giri/min, lievi al manubrio, più avvertibili alle pedane, mentre il calore emanato dal seiemmezzo è sopportabile: si sente il flusso di aria calda sulle tibie solo quando entra in azione la ventola nella guida lenta in città o nel traffico.

Come tutte le crossover, anche la X-Cape sembra incoraggiare ad avventurarsi in lunghi viaggi e divagazioni fuoristradistiche. In autostrada si viaggia bene, comodi e con la possibilità di attingere al catalogo accessori per accrescere il comfort, con parabrezza maggiorato, paramani, protezioni motore e set di valigie rigide in alluminio. Ma anche in allestimento standard non delude.

Lo stretto parabrezza si può sollevare di pochi centimetri manualmente (anche con una sola mano, ma è meglio farlo a moto ferma) e in posizione totalmente estesa protegge egregiamente busto e casco del pilota (chi scrive è alto 182 cm), lasciando esposte a qualche turbolenza solo le spalle e la sommità del capo. A 130 km/h in sesta marcia, il bicilindrico ronza appena sotto i 6.000 giri/min indicati, regime al quale si avvertono distintamente vibrazioni alle pedane che, alla lunga, stancano.

Quanto all’offroad, nonostante la presenza di ruote a raggi e gomme tassellate, la vocazione fuoristradistica è mitigata non tanto dal cerchio anteriore da 19” (meno specialistico di un 21”), quanto dallo scarico basso (la luce a terra è di 175 mm) e dall’escursione delle sospensioni (170/160 mm), buona via di mezzo tra una stradale pura e un’endurona. Tuttavia, nell’offroad non impegnativo, vale a dire su sterrate poco scassate, se la cava egregiamente: la X-Cape si guida bene in piedi per via dei fianchi stretti e il fatto che non sia troppo caricata sull’avantreno aiuta a superare gli ostacoli senza “piantarsi”. La forcella, che su strada abbiamo trovato un po’ cedevole, si fa apprezzare quando si lascia l’asfalto, digerendo sassi smossi e piccoli gradini. Selezionando la modalità Offroad sulla strumentazione (cambia la grafica, ma niente altro in termini di CV), si può accedere alle funzioni dell’ABS, disattivandolo su entrambe le ruote. L’erogazione “soft” non mette in imbarazzo nemmeno dove l’aderenza è precaria, ma se si cerca la derapata di potenza per chiudere una curva, bisogna giocare di frizione.

Chiudiamo con una nota ai consumi: durante il test, svolto principalmente su strade extraurbane, con incursioni in autostrada e divagazioni fuoristradistiche, abbiamo registrato una media di 18,6 km/litro, che si sposa con la buona capienza del serbatoio, elevando l’autonomia a oltre 300 km con un pieno. Il che conferma la vocazione di viaggiatrice della X-Cape, oltre che di divertente divora-curve.

Al termine del test scendiamo da sella con la convinzione che un ride by wire con TC, riding mode e cruise control sarebbe auspicabile: il motore è gestibilissimo anche senza aiuti elettronici, è vero, ma un ausilio in più non dispiacerà ai neofiti e sarebbe apprezzato anche dai biker “scafati”. In definitiva, questa Moto Morini ha tutte le carte in regola per dare filo da torcere sia alle altre crossover di pari cilindrata e posizionamento, sia a quelle più blasonate (o semplicemente più costose), in virtù di contenuti e dotazione di livello premium a un prezzo d’acquisto che farà gola a molti.

La moto è disponibile in tre colorazioni:

  • Bianco/rosso “Blanco White”
  • Rosso “Dolomite Red”
  • Grigio “Carrara Grey”

La Moto Morini X-Cape è in vendita ad un prezzo di 7.440 euro c.i.m. con i cerchi in lega, e a 7.740 euro c.i.m. con i cerchi a raggi. Oltre alla versione standard è disponibile anche la versione depotenziata a 48 CV, per i possessori di patente A2. Sono disponibili anche alcuni accessori per personalizzare la moto, come il tris di borse, le barre protettive e i paramani.

Il prezzo presente in questo articolo è da considerarsi con la formula “chiavi in mano”, comprensiva di “messa in strada”, che Motociclismo quantifica in 250 euro.

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