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Ho moto freddo

Ci sono motociclisti con abitudini agli antipodi quando fa mo(l)to freddo. Ecco le opinioni di Federico Aliverti e Mario Ciaccia in merito all’uso della moto in inverno
1/14 L'accampamento al risveglio dopo la nevicatona notturna

Federico Aliverti - “Io mi rintano in auto in attesa del disgelo”

“La maggior parte delle moto d’inverno va in letargo perché la maggior parte dei motociclisti è come me, nella tana – macchina riscaldata e radio – in attesa del disgelo. È vero che le Case si sono date da fare per riparare il pilota dal vento e dal freddo con cupolini, deflettori, carenature e plexiglass di ogni forma e grandezza. Alcuni modelli offrono manopole e selle riscaldate. Al pilota vengono in soccorso anche ABS e controllo trazione: quando la temperatura è rigida l’equilibrio è precario anche per uno esperto. A tutto ciò aggiungiamo anche un abbigliamento invernale al top della tecnologia e la passione che non mi manca, sta di fatto che d’inverno IO NON MI DIVERTO. Tu sì, eccome, caro Mario. Tu appartieni alla razza degli stoici, degli irriducibili per i quali freddo e disagio sono il condimento della passione. Mario Ciaccia, uno yeti col casco e la barba coi ghiaccioli. I suoi antenati si imbottivano con la carta di giornale sotto il giubbotto e via. Con tutto il progresso a tua disposizione non ti sembra vero avventurarti nella tundra con la tua moto-renna e non “perdi tempo” a scongelarti all’autogrill come i comuni mortali. A una simile passione tanto di cappello (o di casco). Altrettanta è la mia passione però. Io mi sento un vero motociclista con un diverso DNA: fare una curva senza piegare non è curvare. Ruotare il gas con circospezione non è accelerare. Modulare una frenata con le dita assiderate non è frenare. Anche veder crescere la nebbia a ogni respiro dentro il casco non è viaggiare. E non è viaggiare neppure avere un brivido lungo la schiena, come se già non bastasse il freddo, a ogni frenata da panico. Io d’inverno sogno l’asfalto nero come pece, il cielo azzurro, distese di prati verdi ai lati di una strada che gioca a nascondino tra le colline. Praticamente il Mugello. Caro Mario, ti sembro per caso un ottuagenario motociclista con il plaid e la boule? Potremmo andare avanti a dibattere all’infinito, io ti risponderei che tu sei come gli infissi in PVC, cioè impermeabile all’acqua e insensibile agli agenti atmosferici. Che tu in moto d’inverno sei come il velista che doppia Capo Horn e il runner che finisce la maratona. Che non godi nell’impresa ma dell’impresa. Toh. Esattamente come me.”
Federico Aliverti con la Ducati 1199 Superleggera al Mugello

Mario Ciaccia - “Io mi esalto quando tutto ghiaccia”

Io sono d’accordo con Federico! Sono il primo ad affermare che il bello della moto è guidare con l’aria tiepida in faccia, senza 14 strati di vestiti che ti impacciano e su un fondo bello asciutto, su cui piegare in curva, perché il bello della moto è fare le pieghe, anche se io non passo i 25° e Federico arriva a 65°. Sottoscrivo su tutto. Anzi, ribadisco il concetto: non sono d’accordo su chi dice che i veri motociclisti sono quelli che vanno all’Elefantentreffen, perché le moto non sono nate per guidare sulle uova. Però... Io ho partecipato a dieci Elefantentreffen e a quattro Fintentreffen e non ho motivazioni razionali per spiegare perché. Io adoro l’inverno, lo amo da quando sono piccolo, quando il cielo diventa di quel colore lattiginoso e vedo scendere i primi fiocchi mi viene da piangere dalla commozione. Mi avviene una reazione chimica nel cervello invertita rispetto al resto della popolazione mondiale, che si sente felice quando il cielo splende nel cielo blu. Io mi esalto quando cala il nebbione, quando tutto ghiaccia, quando nevica, quando la notte si vedono solo strade con fondo bianco e lucine accese di casette dove la gente beve cioccolate calde e dorme sotto piumoni alti mezzo metro. Mi esaltano le foto degli accampamenti in Antardide. E qual è il mio modo migliore per vivere l’inverno? Attraversarlo in sella alla mia moto, piano piano, magari con le catene da neve, attentissimo a non cadere, col fiatone. Al buio, monto la tenda sulla neve. E quando mi chiedono perché, rispondo: “Non lo so”. In molti mi dicono che sono scemo. Infatti io e i miei compagni di scorribande invernali veniamo chiamati “Coglioni d’Inverno”. E mi sta bene, lo accetto. Ma sono un essere umano: non mi piace prendere freddo, voglio stare nel freddo ma senza sentirlo. Da anni uso l’abbigliamento elettrico, per il quale nutro odio e amore: se funziona è il Paradiso, ma troppe volte si guasta. Il mio sogno, come quello di Federico, è averlo con la batteria che duri dodici ore, senza fili.
Alla fine la pensiamo uguale...”
Mario Ciaccio con la sua Honda Africa Twin all'Elefantreffen
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