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Moto Guzzi V7 Sport, “V” come vincente

50 anni fa nasceva la Moto Guzzi V7 Sport, una moto immortale che racchiude la capacità visionaria e tecnica degli uomini di Mandello del Lario. La serie delle V7 è in produzione ancora oggi e ha partorito la straordinaria Sport, una bicilindrica che è diventata il simbolo della “sportiva all’italiana”

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Moto Guzzi V7 Sport

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Nella mente di Lino Tonti, progettista autorevole e visionario di Casa Guzzi, girano vorticosi dei numeri che si rincorrono incessanti uno dietro l’altro: “200 kg, 200 km/h e 5 marce”. Sono i parametri dettati dall’ingegner Roberto De Stefani, direttore generale della Moto Guzzi, per la creazione di una nuova sportiva. Il dirigente di Mandello affida l’incarico al tecnico di Cattolica per i suoi notevoli trascorsi nelle competizioni e pure perché De Stefani ha assistito ai record mondiali di velocità conseguiti dai prototipi, realizzati da Tonti e nati dalla turistica V7 Special (sono ben 19 i primati abbattuti sulla sopraelevata di Monza alla fine dell’ottobre 1969). A ragione pensa che questa moto e il suo affidabile motore a V trasversale di 90° siano la base di un nuovo modello, che vada ad inserirsi nel mercato delle moto pesanti, che dia battaglia alle giapponesi. Lino Tonti è un tecnico eclettico, capace di spaziare tra il veicolo utilitario, al mezzo militare, alla moto da Gran Premio. Prima di approdare sulle sponde del lago di Como nel 1967, all’età di 47 anni, ha già una notevole esperienza in fatto di scooter e moto, ma la Guzzi è la Guzzi. Narrava che: “Mi tremavano le gambe per l’emozione al momento di entrare nello stabilimento”. Tonti inizia a formarsi sulle due ruote nel reparto tecnico di Benelli, a 17 anni. Ci rimane sino a quando scoppia il secondo conflitto Mondiale e viene arruolato nel Genio aeronautico.

L’esperienza maturata tra gli aeroplani da guerra sarà fondamentale per la sua formazione; lo aiuterà anche nelle scelte tecniche delle future moto che andrà a disegnare. Del 1949 è il Cigno 125, uno scooter a ruote alte che verrà costruito dall’Aermacchi; nel 1957 arriva in Mondial e progetta una 250 bicilindrica bialbero, purtroppo non verrà mai costruita perché l’azienda del conte Boselli aderirà, con Gilera e Moto Guzzi, al patto di astensione dalle competizioni del Motomondiale. Così passa alla Bianchi, dove progetta la moto militare MT 61, modelli da cross di 175 cc, motoleggere come la Sila 175, l’Orsetto 80 (inevitabile lo slogan pubblicitario: “Orsetto, lo scooter perfetto”) e le bialbero 250, 350 e 500 da GP vittoriose con Tino Brambilla e Remo Venturi. Dopo la Mondial, Tonti è in Gilera nel 1964, dove realizza una moderna bicilindrica 250-350: è destinata a prendere il posto della vetusta B300, ma non arriva alla produzione di serie. Nel 1967 si dedica ancora alle macchine da competizione: accoppiando due motori Aermacchi 250 Ala d’Oro, realizza la sua Linto 500, che vince a Imola nel 1969 il GP delle Nazioni guidata da Alberto Pagani, il figlio del sciur Nello, il campione del mondo della 125 del 1949.

Lino Tonti dispone, quindi, di capacità e maturazione tecnica, in più si dimostra molto “pratico” nelle sue scelte. Raccontava a Motociclismo, ricordando la genesi della V7 Sport: “Il piano di massima l'ho messo giù in due settimane febbrili. Ma poi mi sono arenato a causa delle feroci contestazioni sindacali. In fabbrica non si poteva lavorare bene, spesso non si poteva neppure entrare. Una situazione che mi rodeva il fegato perché ero ansioso di procedere. Visto che la situazione non si sbloccava, mi sono procurato un motore V7 Special vuoto e metri di tubo da telaio. Poi mi sono rintanato nello scantinato di casa mia a Varese. Ho chiamato il validissimo Alcide Biotti, che era stato al mio fianco in precedenti imprese. Abbiamo cominciato a tagliare i tubi, a puntarli, poi a saldarli, evitando le curve perché sono nemico dei tubi piegati. Abbiamo fatto anche la cuIla scomponibile per rimuovere e montare facilmente il motore. Ho dovuto conservare l'interasse della V7 Special perché obbligato dal motore, dalla trasmissione e dal forcellone. Ma sono riuscito a compattare e diminuire l'ingombro in altezza, guadagnando anche luce da terra. Ho sostituito la dinamo che stava al centro della V con un alternatore posto davanti all’albero motore. Inoltre, ho alzato il motore di 5.5 cm e l'ho inclinato di 2,5. Per motivi di economia industriale siamo partiti dal motore della V7 Special. Abbiamo diminuito l'alesaggio per ottenere, sempre con la stessa corsa di 70 mm, la cilindrata esatta di 748,4 cc e rientrare cosi nella categoria 750 in vista del probabilissimo impiego agonistico. L'aumento delle prestazioni è stato ottenuto grazie a camme con alzata più elevata, carburatori da 30 mm al posto di quelli da 29, rapporto di compressione salito a 9.8:1. La potenza effettiva è così aumentata dagli originali 40 CV a 6.300 giri della Special a 58 CV a 7.000 giri. Siamo poi riusciti ad applicare iI cambio a 5 marce cambiando solo il coperchio. Mi ricordo che per provare a fondo il nuovo telaio abbiamo montato un motore da 65 CV reduce dai record di Monza del 1969. Ebbene, sempre con lo stesso pilota, questa moto girava 6 secondi in meno! Mi sentivo molto soddisfatto perché partendo da una meccanica già esistente si era fatto un bel passo in avanti. Inoltre, erano stati raggiunti gli obiettivi che ci eravamo prefissati”.

Non tutto va per il verso giusto, tanto che la moto che avrebbe dovuto degnamente celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione della Guzzi rischia di non raggiungere le catene di montaggio. Continua Tonti: “

A metà del 1970 ho passato i disegni al reparto Produzione. Ma c’è stata una bruttissima sorpresa perché il direttore della produzione Alberlci ha scatenato un putiferio, gridando scandalizzato, in una riunione generale, che per la Sport occorrevano ben 151 modifiche rispetto alla Special. Non aveva capito che si trattava di tutt'altra moto. Ma non poteva capirlo perché non se ne intendeva affatto. Comunque la sfuriata ha bloccato il progetto. Ero sotto shock, avvilito come mai in vita mia. Stavo per dare le dimissioni, anzi l'avevo già detto in direzione. Prima di rinunciare, l'ingegner De Stefani aveva chiamato a rapporto collaudatori, disegnatori e commerciali. Tutti si erano espressi positivamente. Così la V7 Sport diventò un classico e io restai alla Moto Guzzi”.

La V7 Sport nasce bene perché le prestazioni ci sono: la moto si dimostra migliore della concorrenza. Nella celebre comparativa di Motociclismo del settembre 1972, dove le maxi si sfidano sul circuito di Monza, la Guzzi primeggia sul tempo sul giro e sulla velocità massima: distacca di quattro secondi la Honda CB750 Four e ne affibbia sette alla Ducati GT 750; è la sola a superare la barriera dei 200 km/h (esattamente 201 km/h) sul lungo rettilineo (senza varianti) del circuito brianzolo. La moto non ispira immediatamente confidenza “nonostante l’ottima posizione in sella e la maneggevolezza degna di una moto di media cilindrata”, come evidenzia Nico Cereghini nella prova apparsa su Motociclismo di febbraio 1972. Il telaio è il vero capolavoro di Tonti perché la moto non si sposta di un centimetro dalla traiettoria voluta dal pilota: Nico scrive che “in sella si potrebbe improvvisare una danzetta, se solo si possedesse un po’ più di equilibrio. Sembra di viaggiare sulle rotaie di un ottovolante”. Le doti migliori il motore le dimostra dai 4.000 sino a 7.500 giri e il tutto senza vibrare e senza avere trafilaggi d’olio tra i vari carter.

Il vero neo è il prezzo: la Sport costa 1.480.000 lire, un prezzo superiore di 200.000 lire rispetto alla Honda CB750 Four ben più dotata in fatto di componentistica e qualità della costruzione, oltre al fatto di essere una quattro cilindri. Rispetto alle altre italiane è “fuori concorso” perché la Ducati GT 750 si ferma a 960.000 lire, la Laverda 750 SF si fissa a 1.020.000.

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