Ci sono cose che appartengono al patrimonio nazionale. Meraviglie della natura, città stupende, monumenti storici che identificano l’Italia nel mondo. Ma anche specialità gastronomiche di cui purtroppo abbiamo perso il copyright, e che ci copiano in continuazione, ad esempio gli spaghetti o la pizza. Nonostante il vezzo comune di sminuirla, anche dal punto di vista industriale l’Italia annovera una ultra secolare tradizione, che racconta di illuminati pionieri ai quali, purtroppo, non sempre seguirono discendenti altrettanto capaci.
Restando nel nostro “giardinetto”, la Moto Guzzi fu, per oltre sessant’anni, l’industria motociclistica più grande ed importante del nostro Paese: senza sminuire la Piaggio, che però di moto nel vero senso della parola non ne ha mai fatte, né le altre grandi e piccole realtà del settore, la Moto Guzzi è quella che seppe più di altre sia entrare nel tessuto sociale nazionale, sia internazionalizzarsi. Come quando, ad esempio, riuscì a battere l’Harley-Davidson proprio in casa sua fornendo il modello California, speciale versione della “formidabile V7”, creato appositamente per la Polizia di Los Angeles (qui la
storia della California, dal 1968 al 2012. Poi è arrivata
la 1400, con tutte le sue versioni:
Touring,
Custom,
Eldorado e Audace, la
versione SE e l’ultima
MGX-21). E chi almeno una volta ha avuto occasione di visitare il
museo a Mandello, ospitato nei locali dello stabilimento che un tempo erano la sede del mitico Reparto Corse e degli uffici progettazione, ha visto di persona quanti progetti innovativi (ad esempio la
mitica V8), e spesso in forte anticipo sui tempi, ma purtroppo mai giunti alla realizzazione, nacquero a Mandello del Lario.