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Moto Guzzi Albatros 250, a volo radente

La Guzzi Albatros 250 è la monocilindrica che prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale ha sbaragliato ogni concorrenza. Ripercorriamo la storia di questo modello
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Plastico decollo a cavallo di un dosso in terra battuta. Esempio di bellezza del gesto sportivo e dello stile perfetto del pilota: stringe con forza le ginocchia al serbatoio, gli spettatori guardano con ammirazione il passaggio ardito. Osservando le foto che trovate nella gallery, tutto sembra facile, che ci vuole a fare un salto? Magari ci vuole una moto eccezionale come la Guzzi Albatros 250, la monocilindrica che prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale sbaraglia ogni concorrenza, pure al di fuori dei nostri confini.

Punta tutto sulla leggerezza

Nasce nel 1939 per le gare riservate ai “gentlemen”, per quei pochi che potevano permettersi di spendere 12.500 lire, cifra cospicua e superiore a quanto si doveva sborsare per la Condor 500, (11.000 lire), altra “racing” di Mandello del Lario e costruita nello stesso anno della 250. La “mezzo litro” costava meno perché aveva dotazioni e meccanica più semplice; esempio, la distribuzione era ad aste e bilancieri mentre quella dell’Albatros monoalbero. Perché questa moto era così vincente, tanto da aggiudicarsi pure due Tourist Trophy nel 1947 e nel 1948 con gli inglesi Manliffe Barrington e Maurice Cann? Facilmente, si potrebbe far partire la spiegazione dal suo progettista, l’ingegner Giulio Cesare Carcano, uno dei più grandi geni della motocicletta, il padre della Guzzi più famosa, la 500 otto cilindri da GP. Il tecnico milanese arriva sulle rive del lago di Como nel 1936 appena laureato e si dedica ai mezzi militari come l’Alce, ma il talento scalpita e viene riconosciuto dal gran patron Carlo Guzzi che gli affida uno studio per modernizzare la vecchia 250 da competizione. Si punta tutto sulla leggerezza con ampio uso di alluminio e leghe leggere di magnesio per avere una moto affidabile, facile da guidare.

Solo 59 moto costruite

Il motore monocilindrico eroga 20 CV a 7.500 giri/min con una miscela al 50% di benzina e benzolo. Poi con il miglioramento del carburante si arriva ad avere una compressione vicina a 9:1 e si hanno 24 CV. Ne sono state costruite 59, tutte montate a mano nel reparto corse: 25 nascono prima della Guerra e il resto dopo il Conflitto mondiale. Resiste nel listino fino al 1949 dove per via dell’inflazione arriva a costare 870.000 lire, quando un’analoga 250 stradale come l’Airone si paga 380.000 lire. Condor per prima e poi Albatros aprono in Guzzi il filone “ornitologico” dei nomi delle motociclette, che durerà fino al Chiù e al Nibbio degli anni Settanta. Non più sigle come GTV, denominazioni “Sport” o la cilindrata del modello. Chi abbia imposto la nuova catalogazione non si sa, ma non bisogna dimenticare che, sin dall’inizio della sua storia, un’aquila appare sul serbatoio delle moto di Mandello. A onor del vero, gli uccelli qui non c’entrano perché, in realtà, il fregio ricorda i trascorsi in aeronautica militare dei fondatori Guzzi, Parodi e Ravelli. Perché si sia usato per la 500 dei privati il nome Condor, il gran volatore che si libra sulle vette dell’America del sud, non si sa. Forse perché è un uccello imponente e maestoso, ma allo stesso tempo ha in sé quella idea di leggerezza che immediatamente si avverte quando lo si vede volare. Albatros, che seppure per pochi mesi cronologicamente viene dopo il Condor, potrebbe essere stato scelto perché se il primo è il re della montagna, il secondo è padrone dei mari, visto che svolazza con eleganza sugli oceani.
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