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Art Déco: la Majestic 350 degli Anni 30

L’Art Déco è stato un fenomeno del gusto che riguardò anche... le moto. È di esempio questa monocilindrica francese, elegante e innovativa, in produzione dal 1929 al 1933, frutto di lunghi studi iniziati nel 1923
1/21 Una delle ultime Majestic prodotte, dotata di un monocilindrico verticale Chalse di 350 cc, raffreddato ad aria e completamente racchiuso nella carrozzeria
A prima vista viene istintivo, principalmente a chi ha sviluppato una certa sensibilità all’arte, fare un accostamento tra la Majestic e l’Art Déco. E in effetti non c’è solo contemporaneità tra le due cose, nelle linee della moto progettata da Georges Roy, infatti, si trova l’essenza di questo movimento artistico che si è affermato in Francia negli anni Venti e Trenta. Un’arte che si manifesta traendo ispirazione da tutto ciò che ci circonda, che oltrepassa però la banale funzionalità delle forme aggiungendo - in dosi appaganti - persuasività ed eleganza. La Majestic è effettivamente una moto dalla linea molto elegante, accresciuta dalla carrozzeria estesa che fa corpo unico con il telaio, nella quale si inseriscono differenti forme geometriche sia in armonia sia in discontinuità. Gli spazi ovali, che lasciano in vista le ruote, appaiono come una conseguenza logica del profilo della scocca che si protende sugli pneumatici incorporando i parafanghi. Anche le feritoie laterali, indispensabili per il raffreddamento del motore, sono funzionali e decorative al tempo stesso, perché la loro dimensione varia progressivamente in funzione del profilo superiore del telaio: iniziano grandi per incorporare grosse quantità d’aria, finiscono piccole per estrometterla in una sorta di effetto Venturi. Mentre il grosso faro, il complesso del manubrio con il cruscotto e la sella si staccano dal corpo, quasi come se non ne facessero parte. Sarebbe stato possibile studiare delle forme carenate per questi ultimi elementi, al fine di dare più omogeneità all’insieme - ma in questo caso per l’accostamento artistico avremo dovuto parlare di Futurismo - e poi, probabilmente, non è stato questo l’obiettivo di Georges Roy che con la Majestic ha voluto realizzare una moto confortevole, pulita non solo nella linea, ma anche piacevole nell’uso quotidiano e, soprattutto, non eccessivamente complicata da costruire, per renderla accessibile a tutti anche se poi la storia ci dice che ha avuto una vita breve.

La New Motorcycle

Nell’ottobre del 1926, al Salone di Parigi, fa il suo esordio la New Motorcycle, moto e marchio di Georges Roy. È un mezzo anticonformista che basa la sua originalità sul telaio di lamiera stampata, non certo una novità in campo motociclistico, ma la soluzione è molto interessante perché la struttura è ottenuta da un unico foglio di alluminio, tagliato, pressato e tenuto insieme con i rivetti, che fa anche da carrozzeria, e che nasconde quasi totalmente il motore. La sospensione anteriore è affidata a una normale forcella a parallelogramma, anch’essa di lamiera stampata, che ben si sposa con la linea pulita e un po’ futuristica della moto. Il motore può essere, a scelta, il due tempi della Train oppure il quattro tempi Anzani, per i primi esemplari, e per quelli successivi il Chaise sempre a quattro tempi. L’accoglienza del pubblico però è per così dire tiepida, forse è la carenatura estesa che non convince appieno, forse è l’aspetto eccessivamente fuori dagli schemi che non piace a tutti - la storia è prodiga di esempi analoghi - e le vendite sono al di sotto delle aspettative. E anche se la New Motorcycle è una moto onesta, sia nelle prestazioni sia nel prezzo - soprattutto la versione motorizzata Chaise - non soddisfa appieno nemmeno il suo progettista. In effetti l’obiettivo di semplificare la produzione del telaio è stato centrato, ma la ciclistica ha delle geometrie abbastanza convenzionali e il comportamento su strada risulta equiparabile a quello di una moto con una normale struttura di tubi.

Nasce la Majestic

Le strade in quegli anni sono in prevalenza accidentate e per mantenere una buona stabilità di marcia, messa spesso a repentaglio dalle buche e dai solchi, la tendenza diffusa dei Costruttori di moto è quella di utilizzare una inclinazione del cannotto di sterzo sensibilmente aperta (intorno ai 30°, se non superiore) e dotare il manubrio di frenasterzo. Ed è proprio la presenza di quest’ultimo che non va giù a Georges Roy perché indurendo lo sterzo vengono privilegiate le andature rettilinee e penalizzate quelle in curva, riducendo così la maneggevolezza a livelli che il progettista della Majestic giudica non soddisfacenti per gli standard che lui si è prefissato. Utilizzando la medesima tecnica di produzione della New Motorcycle, Georges Roy dà vita a un nuovo telaio costituito da due longheroni che collegano e avvolgono lateralmente le ruote, posizionandosi leggermente più in basso del perno ruota. Quella anteriore ha un mozzo che incorpora lo sterzo, azionato dal manubrio per mezzo di due tiranti. La sospensione anteriore è affidata a una sorta di forcella telescopica, un meccanismo che ricorda le sospensioni posteriori a ruota guidata (o a scorrimento assiale), che hanno trovato larga diffusione negli anni immediatamente successivi. L’asse posteriore è invece rigido. Prende così forma la Majestic che, per la produzione di serie, si affida al monocilindrico francese Chaise, nelle cilindrate di 350 e 500 cc, queste ritenute più appetibili dalla maggior parte dei motociclisti.
Mentre, in previsione di una clientela più elitaria, vengono approntati due esemplari che adottano il propulsore bicilindrico a V di 750 cc, prodotto dalla inglese JAP, che viene montato trasversalmente. Un esemplare monta invece il 500 quattro cilindri a V della Chaise. In funzione del motore montato la trasmissione finale può essere a catena o ad albero. Tra gli obiettivi di Georges Roy c’è anche quello di attirare nuovi clienti dalle quattro ruote, le automobili infatti vendono bene in quegli anni, offrendo un mezzo confortevole e facile da usare e con una carrozzeria, che mette il pilota al riparo dalla meccanica e dagli inconvenienti che da essa ne derivano, con una linea originale e affascinante. Nel dépliant pubblicitario appare infatti la dicitura “Moto Voiture”. Anche la stampa specializzata di quegli anni pone l’accento su questo aspetto definendo la Majestic una “motomobile”. La rivista inglese Motor Cycling, del luglio del 1929, pubblica un’anteprima con tre immagini della nuova creatura di Georges Roy. Il testo, senza mai usare il nome Majestic, dice che la nuova moto esce dagli stabilimenti situati al 77 di Avenue d’Antonio, Chatenay, Seine (gli stessi della New Motorcycle) e la definisce - usando il consueto aplomb britannico - “non del tutto attraente”. La descrizione continua con “il nuovo modello si basa essenzialmente su linee automobilistiche e il tipo di sterzo ricorda una certa macchina utilitaria inglese, popolare e di successo, ora fuori produzione”. Abbandonato in parte lo spirito critico, prosegue “Qualunque cosa può essere detta a proposito dell’ultimo progetto francese, ma certo non che è privo di originalità e probabilmente desterà sensazione al prossimo Salone”.
A parte la naturale rivalità anglo-francese, la cosa più importante che Motor Cycling ci dice è che la nuova moto di Georges Roy è motorizzata con un propulsore di 1.000 cc a quattro cilindri in linea, raffreddato ad aria, prodotto dalla Cleveland. Questo ci fa presupporre che la Majestic sia stata pensata inizialmente per ospitare il grosso motore americano e solo successivamente, forse per ragioni legate al costo del propulsore, sia stata presa la decisione di adottare gli altri motori. Quella col Cleveland è comunque la moto personale di Georges Roy. Il lancio ufficiale sul mercato - come annunciato - avviene al Salone di Parigi dell’ottobre del 1929 e la Majestic per l’occasione è accompagnata da una adeguata campagna stampa: la rivista Moto Revue, nello stesso mese, ha un inserto pubblicitario su doppia pagina con una illustrazione, raffigurante la nuova moto, realizzata dal talentuoso disegnatore francese Geo Ham. Come previsto dal magazine inglese la Majestic desta grande sensazione, sia per le linee inconsuete, sia per le soluzioni telaistiche molto audaci. Il progetto di George Roy supera a pieni voti anche la prova su strada, dimostrando una buona stabilità di marcia a tutte le andature, sia in rettilineo sia in curva, inoltre è confortevole e maneggevole quanto basta, ovviamente questi giudizi sono raffrontati con la produzione motociclistica di quegli anni. Per contro il sistema di sterzo nel mozzo ruota non consente un raggio stretto come quello di una forcella tradizionale, ma questo aspetto è decisamente trascurabile in rapporto ai benefici che offre.

La gloria, poi il declino

In mano a piloti privati la Majestic ottiene ottimi risultati anche nelle competizioni, perché la sua dolcezza di guida permette a corridori dilettanti di partecipare con successo a numerose gare di Regolarità, come la Parigi-Pirenei-Parigi e la Sei Giorni Invernale di Auvergne. La Majestic fa proseliti anche in Italia e più precisamente a Torino, dove il pilota locale Valerio Riva decide di utilizzare l’avantreno completo, mozzo sterzante e sospensione per la sua moto da corsa dotata di un motore 500 cc, progettato e costruito in proprio, a 4 cilindri in linea con distribuzione bialbero a camme in testa. Riva partecipa al Gran Premio delle Nazioni, che si tiene a Monza, senza però ottenere risultati significativi. Nel 1931 viene modificato il telaio e i due longheroni cambiano forma, perdono quell’aspetto da cantiere metallurgico per assumere una forma artistica. Nell’insieme la Majestic non subisce modifiche di rilievo, ma esteticamente il telaio diventa ora ponderante, occupa uno spazio maggiore, e diventa parte della carrozzeria.
È sicuramente questa la versione più affascinante - dal punto di vista estetico - della moto francese, mentre tecnicamente resta pressoché invariata. Forse perché non ha avuto il coraggio di chiudere con la parentesi del dopoguerra, oppure perché è proprio quella la sua principale fonte di guadagno, sta di fatto che Georges Roy vende tutte le sue partecipazioni nell’avventura motociclistica alla Delachanal a Joinville-le-Pont, gli stabilimenti dove si producono le moto Dollar, e suo malgrado è costretto a tornare a occuparsi - anima e corpo - delle macchine per l’industria tessile. La sua uscita dalla scena coincide, sfortunatamente, con un periodo di difficoltà della Delachanal, che nel giro di un paio d’anni dichiara il fallimento portando con se nel baratro sia la Majestic sia i molti progetti che Roy ha lasciato e che attendevano di essere sviluppati. Successivamente la Dollar viene acquisita dalla compagnia Omnium Métallurgique et Industriel, proprietaria anche del marchio Chaise, che garantisce così la continuità produttiva. Ma la speranza di chi ha creduto di vedere un spiraglio di luce per la creatura di Georges Roy viene presto delusa. Si conclude così nel giro di pochi anni la storia della Majestic, che è stata prodotta in circa 600 esemplari, ma che a dispetto della breve vita è entrata nella storia, non solo quella della motocicletta, ma anche in quella dell’Art Déco.
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