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90 anni in galleria

Moto e aerodinamica: qual è il modello più efficiente in galleria del vento? Per capirlo, andiamo all'università di Perugia, che ha una struttura fatta su misura per le due ruote. In attività da oltre 20 anni, è stata utilizzata da numerose Case e team; con lei analizziamo novant'anni di storia e tecnica dell'aerodinamica. Tra Gilera Saturno, Ducati 998, Yamaha RD 650 R, BMW K100 RS, MV Agusta Ipotesi, Honda RS 500, scopriamo che...

Piloti all’università

In tema di studi aerodinamici l’Università di Perugia ha una storia importante, ma non tutti la conoscono. Non tanto per questioni di comunicazione, ma soprattutto perché nel corso degli anni molte aziende hanno chiesto la riservatezza. Sono infatti numerose quelle che si sono rivolti all’Istituto umbro, tra le più importanti si possono citare la Moto Guzzi, l’Aprilia, e in questi ultimi anni la Mahindra, che ha il reparto corse in Italia. Non mancano all’appello numerosi team privati della Superbike, Moto2 e Moto3. L’aerodinamica è importante per tutte le moto da competizione, ma per le per le piccole 250 diventa rilevante, visto che la potenza è limitata. La Mahindra, addirittura, si è presentata in galleria con ben nove piloti: lo studio aerodinamico infatti è imprescindibile da chi sta in sella. In questi ultimi anni sono passati in questa struttura tutti gli ufficiali Aprilia, perché quando si cerca la massima prestazione conta anche il minimo dettaglio, e ogni pilota è un caso a sé. Sono stati eseguiti anche dei test per altre tipo di moto da competizione, come le Dakar, e in questo caso ci si è concentrati sul comfort, poiché in gara occorre guidare per molte ore nell’ostile ambiente del deserto. Sebbene i “pilotini” abbiano simile corporatura e sono in gran parte coperti dalla carenatura, è interessante notare che si trova una grande differenza tra uno e l’altro. Ci sono poi dei fatti curiosi. Spesso il più veloce in pista è quello meno bravo in galleria, poco attento ad assumere una posizione di guida più favorevole per la velocità; se vogliamo spiegare questo fatto potremmo dire che è più “creativo”, un purosangue con la vittoria nel mirino, e che quindi spesso trascura alcune sottili tecniche da ragioniere. In pista poi un pilota non ha il tempo né la tranquillità mentale di mettersi perfettamente in carena guardando il millimetro. 

Metodologia

In genere in galleria si esegue una prova alla volta, poi si apportano le modifiche alla carenatura, o alle appendici, e quindi si ripetono le misure. Si eseguono anche prove con la stessa aerodinamica, per trovare semplicemente la posizione in sella più efficace (qui le foto). In questo caso il pilota può assumere due o tre posizioni ad ogni sessione, posizioni che devono essere stabilite a priori. Inoltre, prima della misura, deve restare “congelato” nella posa in modo da permettere di ristabilire lo “zero”, cioè la stazionarietà necessaria a una lettura corretta, visto che ogni piccolo movimento (anche il leggero spostamento di una mano o di un piede) induce delle fluttuazioni così ampie da rendere inutili l’analisi dei dati. Un altro fatto curioso è che spesso un pilota più alto è più aerodinamico di uno decisamente più piccolo. Questo perché la schiena del primo, allungandosi sulla zona posteriore, riesce a chiudere meglio il flusso. Risultato che vale, ovviamente, a parità di sezione frontale; poi ci sono da valutare l’eventuale peso in più, che penalizza nelle variazioni di velocità, altro importantissimo tema.

Moto stradali

Ovviamente l’aerodinamica non è importante solo per le moto da competizione, oggi è essenziale per tutte le moto e gli scooter. Infatti influisce su numerosi aspetti della qualità della moto, e a seconda della categoria cambiano naturalmente gli obiettivi. Ogni progetto sarà quindi caratterizzato dal bilanciamento tra le prestazioni, i consumi, il comfort (efficacia della protezione, vibrazioni, rumori), sulla temperatura (efficienza di un radiatore) e anche sulla risposta strutturale (come reagisce un elemento sottoposto a un flusso d’aria ad alta velocità). Una moto stradale in genere viene valutata con tre collaudatori (uno basso, uno medio e uno alto) e anche con il passeggero. Prima della prova deve essere fissata sul piano -in sostanza una bilancia- nell’assetto che assume alla velocità prevista dal test, informazione che si conosce grazie alla telemetria.

Esame quantitativo, esame qualitativo

La galleria del vento permette di svolgere due compiti fondamentali: misurare le forze a cui è sottoposta una moto in movimento a varie velocità, e analizzare la qualità dell’aerodinamica, cioè studiare i movimenti dei flussi dell’aria. Le forze si misurano con le celle di carico, che rilevano la spinta longitudinale, cioè la resistenza che la moto incontra nell’avanzamento, e la forza che si genera in senso verticale, altrettanto importante alle alte velocità perché schiaccia o solleva il muso. Quest’ultimo effetto oggi è diventato così importante nelle attuali MotoGP, da far passare in secondo piano l’efficacia aerodinamica. Dalla prima metà degli anni 90 si è capito infatti che la carena non doveva essere penetrante, ma anche deportante, obiettivo che porta a una soluzione di compromesso. Oggi si è riusciti a mantenere valori di CX sostanzialmente uguali a quelli delle moto degli anni 80, ma con il grandissimo vantaggio di riuscire a caricare l’anteriore. Se oggi si usassero quelle aerodinamiche dalle forme a uovo, invece delle cuneiformi, in rettilineo si decollerebbe. Il problema più grosso è diventato l’impennata, che si deve limitare anche in accelerazione, per limitare l’intervento del controllo di trazione e scaricare più CV a terra. 

La matematica non basta

Il sistema di equazioni di Navier-Stokes descrive il comportamento di un fluido dal punto di vista macroscopico. Purtroppo appartiene ai problemi del millennio ancora irrisolti. Oggi con i supercalcolatori è possibile arrivare a una buona soluzione approssimata, ma non basta, occorre sempre ricorrere alla sperimentazione. Questo perché i flussi dell'aria che investono la moto sono molto complessi, possono essere laterali, non lineari, più o meno forti, a intensità variabile, possono assumere delle volute impossibili da descrivere con una formula matematica. Per questo si deve ricorrere alle prove in galleria, dove il vento a comando permette di tenere otto controllo i numeri anche in dettaglio, con i decimali. 

90 anni contro il vento

In questa galleria del vento un gruppo di lavoro dell'Università di Perugia ha analizzato il comportamento aerodinamico di 18 moto, che vanno dal 1921 al 2007; le più vecchie sono prive di carenatura, mentre le altre appartengono a diverse categorie, si va dalle prime sport-touring alle moto da competizione. È interessante notare che molti modelli non sono mai andati nella galleria del vento. Gli ingegneri hanno misurato la forza che si oppone all'avanzamento in queste tre condizioni: moto senza pilota e con il pilota in tuta di pelle; per le sole moto più vecchie si sono utilizzati anche i vestiti dell'epoca, svolazzanti e inadatti alla velocità. Sono state calcolate due misure, il prodotto Cd x A, dove A è la sezione frontale, interessante perché proporzionale alla resistenza all'avanzamento, e il Cd, cioè l'efficienza aerodinamica. Le moto della prima metà del '900 sono state testate alla massima velocità che raggiungevano; tutte le altre stradali a 90 e 160 km/h con il pilota eretto o in carenatura; le moto da competizione solo con il pilota in carenatura. Tra le prove si evidenziano alcuni casi particolarmente interessanti. Una premessa: il Cd è uguale a 1 quando il corpo è un cubo. Si è visto che per una moto d'epoca con il pilota abbigliato come allora, con vestiti svolazzanti, il Cd è maggiore di uno, cioè l'aerodinamica è peggiore di quella di un cubo. La moto da sola ha il Cd come con la moto con il pilota vestito con tuta di pelle. Quando il pilota si abbassa il Cd cambia poco perché non c'è aerodinamica. Sono state eseguite delle prove anche con il passeggero; in questo caso il Cd non peggiora, anzi, si abbassa, sebbene leggermente. Questo perché si crea una condizione aerodinamica migliore, proprio come accade con la citata (sempre lieve) maggiore efficacia aerodinamica del pilota di buona statura. Con le naked più moderne c'è un leggero miglioramento del Cd. Leggero perché manca la carenatura, ma ciò che è colpito dall'aria è comunque studiato anche in funzione dell'aerodinamica, quindi il fanale, l'eventuale guscio che protegge il cruscotto, il parafango. Sulle nude assume più importanza verificare l'efficacia del raffreddamento, quindi si studia il flusso dell'aria attorno al motore -in particolare se è ad aria- e al radiatore.

Arrivano le carenature

Negli anni 70 arrivano le prime carenature, e sebbene siano disegnate a intuito -all’epoca difficilmente si poteva usufruire delle gallerie del vento- risultavano piuttosto efficaci. In questo caso lo studio è stato eseguito sulla MV Agusta 350 Ipotesi del 1973, con carenatura e codino (optional) simili a quelli delle moto da corsa dell’epoca. L’analisi nella galleria ci dà una prima indicazione di come devono funzionare le moto da corsa: il Cd migliora con il pilota abbassato e cala per la moto senza pilota, perché la sagoma della persona fa parte del progetto aerodinamico. Con il pilota eretto, ovviamente, il Cd peggiora, ponendosi a metà tra i due casi ora citati. Dire ovviamente è istintivo ma errato, vediamo perché. Sulla BMW R90S (1975), il cupolino svolge la sola funzione protettiva. Tende quindi a inglobare un ampio volume, compreso il pilota in posizione eretta, quella che si assume nella guida regolare. Anche in questo caso il Cd è migliore con il pilota a bordo, ma il risultato più favorevole si ottiene nella posizione eretta. Se il pilota si abbassa, infatti, si generano dei vortici. L’interazione del pilota con la carenatura è quindi importante, e raggiunge il massimo sulle moto da competizione.
Nel caso della Honda RS 500 -di Marco Papa, del 1986- la migliore di tutte le moto provate in galleria, si registra un calo estremo dei Cd x A e Cd della moto col pilota in posizione gara rispetto la sola moto. 

Alla galleria non puoi mentire

Alcuni modelli possono trarre in inganno, come per esempio la Yamaha RD 350 R (1986: qui la “RD story”). L’immagine è sportiva, in realtà è una sport-tourer; il Cd, infatti, è vero che è migliore con il pilota in sella, ma il valore più favorevole si raggiunge col busto in posizione eretta. La Honda CBR600F (2001), da sempre una delle sportive più comode (trarrà in inganno anche la facilità della guida...), in galleria si comporta invece come una classica sportiva: Cd migliore con il pilota in carena. La più turistica del lotto è la BMW K100RS (1991: qui la storia delle bavaresi “serie K”). Non solo l’efficienza aerodinamica cala col pilota in carena, ma diminuisce asportando le borse laterali, disegnate in modo da chiudere in maniera più efficace il flusso d’aria alle spalle della moto. Caratteristica che la stessa Casa aveva dichiarato, e che fa intendere che dietro al progetto ci sia stato un attento studio nella galleria del vento, dove BMW aveva già sperimentato la boxer R100RS del 1976, la prima moto di serie ad avere una completa carenatura. Alcune note interessanti. La Ducati 851 SP3 (1991) ha un Cd migliore della Honda RC30 (1986), e il migliore Cd in assoluto è quello della Ducati 998 S (2002). Non ha però il miglior Cd x A, poiché la carena è piccola e la sezione frontale (A) con il pilota aumenta rispetto ad altre moto. Un risultato diverso è quello della Ducati Desmosedici RR (2007), il Cd non è tra i più bassi in assoluto perché è stata progettata per ottimizzare il Cd x A, per ottenere la massima efficacia in pista.

IDENTIKIT: LA GALLERIA DELL’UNIVERSITÀ

La Galleria del vento Raffaele Balli, costruita nei primi anni 90, è realizzata a circuito chiuso. Un motore elettrico da 365 kW, con una girante con 11 pale di carbonio, 2,80 metri di sezione, spinge l’aria fino a 160 km/h. È realizzata a circuito chiuso per controllare l’impatto ambientale, sia in termini di rumore, sia energia (il risparmio è dovuto al fatto che è alimentata con aria già in movimento). Prima di investire la moto l’aria passa attraverso una grata a nido d’ape che abbatte le turbolenze e stabilizza il flusso, rendendolo laminare. La sezione di prova è lunga 4 metri, con ugello di uscita dell’aria di 2,20 x 2,20 m. I dati vengono letti alla frequenza di 1 khz, ma questi valori si usano solo per misure particolari. L’aerodinamica infatti non è stazionaria di natura, quindi si esegue una media ogni secondo. Il vento si mantiene fisso per 100 secondi, e in una giornata si riescono a compiere 10-15 prove, a seconda del soggetto; al termine si ha l’andamento della resistenza e della portanza in tutte le configurazioni.

La prova qualitativa è diversa, serve per vedere come si comporta l’oggetto da studiare. Si usano i fili di lana, il fumo, il flow-viz. I fili di lana vengono interpolati graficamente da un software messo a punto dai ricercatori (quelli corrispondenti al moto laminare risultano fermi, quelli nel moto turbolento assumono l’aspetto di un ventaglio); il fumo si può osservare con una lampada strobo oppure con un laser, usato per disegnare più piani di luce; il flow-viz è un liquido colorato che viene spruzzato sulla superficie e viene trascinato dall’aria, nelle zone parallele al vento il flusso è laminare, dove inizia a mescolarsi, o a colare, vuol dire che c’è turbolenza. Nella Formula 1 si eseguono questi test con una vernice trasparente, ma sensibile ai raggi UV, così che le squadre avversarie non possano vedere l’andamento dei flussi. L’università ha sviluppato un sistema di rilevamento di punti di pressione a 32 canali che campiona a 4 khz. L’aria viene raccolta da dei tubicini di silicone che la convogliano nel sistema di acquisizione, un centro di raccolta posto sotto la pedana della galleria. Dopo un ciclo di misure si confrontano i risultati dei calcoli con quelli sperimentali, si correggono i parametri e si riparte con il calcolo. Alla fine, quando che il sistema numerico concorda con quello reale, allora si può iniziare a modificare le superfici e calcolare i risultati. 
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