Il Generale dietro la collina ci ha nascosto il vino. Sotterra bottiglie in giro per la Sicilia ad ogni viaggio. Vino invecchiato tra le borse della sua Guzzi California III e la fertile terra dell’isola. Mauro Capuana, il Generale, si è disegnato una mappa per ritrovarle al prossimo passaggio, a distanza di anni. Perché le strade del motociclista siciliano vogliono sempre la replica, si attaccano addosso all’anima e non ti lasciano passare lo Stretto.
Le Aquile
Il Generale dietro la collina ci ha
nascosto il vino. Sotterra bottiglie in giro per la Sicilia ad ogni viaggio.
Vino invecchiato tra le borse della sua Guzzi California III e la fertile
terra dell’isola. Mauro Capuana, il Generale, si è disegnato una mappa
per ritrovarle al prossimo passaggio, a distanza di anni. Perché le strade
del motociclista siciliano vogliono sempre la replica, si attaccano addosso
all’anima e non ti lasciano passare lo Stretto. Ti fanno girare la testa
tra il mare, scorci di colline verdi che sembran la Scozia, la primavera
che spunta a febbraio, e la montagna con la neve che ti guarda da un altro
pianeta. Paiono infinite. E invece si avvitano fino a Messina per rimbalzare
indietro. Le Aquile sono i mille che su due cilindri Guzzi allargano i
confini motoristici della Sicilia. Il motoclub più grosso del sud conta
980 iscritti, nasce a Palermo nel mito di Moto Guzzi e allarga la famiglia
a chi si vuol far adottare. Il Generale è un ex poliziotto con 46 anni
di moto addosso, i chilometri ha smesso di contarli. Pensa al suo vino,
quello che imbottiglia di persona e nasconde negli anfratti rurali della
sua isola. Poi un giorno ripassa dalle parti di Trapani, ricorda
quell’albero
a destra, quel masso sempre sdraiato a ridosso di un cespuglio di ginestre
e scava. Un bianco lasciato a riflettere per tre anni. Freddo, perfetto.
La moto per le Aquile è così. Turistica, paciosa, sonnacchiosa e golosa.
Antica, sofferta, curata, ingrassata e singhiozzante. Un po’ poesia, pure.
E col rombo brevettato Guzzi.
Il presidente e la storia
Il presidente Giuseppe Porretta, che
nella vita fa l’operatore turistico per la Provincia di Palermo, ci apre
le porte della piccola sede incastrata nel quartiere Acquasanta, di fronte
al famigerato carcere Ucciardone. Tra il porto e il cuore della città,
via della Libertà. Vecchio e nuovo qui si tengono stretti. Il club è una
creatura di appena 8 anni, 6 ufficiali. Ma i mille sono quasi tutti over
40, e reggono il palcoscenico della storia del bicilindrico italiano con
la passione di chi vuol restare indietro perché ha un altro sapore.
Pochi metri più su c’è anche la loro officina “ufficiale”,
quella dove
l’ultrasettantenne Ciccio Candela prepara e ripara, da 50 anni, i motori
senza elettronica. Valgono la mano e il mestiere, l’odore è fragranza
di grasso e benzina. I microchip restano fuori. Gente normale, questa qui.
“Non mi posso nemmeno definire un vero motociclista- si smarca Porretta
- sono un amante e basta”. Comincia tutto per caso, come sempre. “Il
club nasce nel 2000 come un incontro casuale: un gruppo di guzzisti che
si corteggiano, che si ritrovano al Bar Sicilia, un paio di volte alla
settimana. Ognuno portava amici, ed eravamo diventati un po’ scomodi per
le dimensioni del bar. Non avevamo un nostro spazio. Così nel 2002 abbiamo
costituito il club e nel 2003 ci siamo affiliati alla FMI e abbiamo preso
la sede”.
Come è nato il club
Perché il club?
“La nascita del club è venuta spontanea. Il primissimo è stato Fabio
Montalto,
che ha creato il nucleo iniziale, e ha diffuso l’idea dell’incontro
tra
guzzisti lasciando i bigliettini sulle moto che incrociava per strada.
Lui mi ha abbordato con questo stratagemma. Il primo gruppo era di una
ventina di persone. La sede è stata davvero il punto di incontro. Agli
amici non si poteva negare l’accesso. Uno tira l’altro, e alla fine,
si può dire che questo si è trasformato in un club plurimarca.
Si chiama ancora Le Aquile, anche se si tratta di aquile di diverso genere.
Organizziamo le passeggiate domenicali ma anche eventi speciali. Abbiamo
fatto una manifestazione all’interno del carcere Ucciardone, per far
sentire
la nostra passione anche ai detenuti. Abbiamo un socio all’interno”.
In che senso? “No, è una guardia carceraria...”.
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