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È morto Phil Read, il “Principe della velocità”

Phil Read si è spento all’età di 83 anni. Sette volte Campione del mondo e primo pilota a vincere un titolo iridato nelle tre cilindrate classiche del vecchio Motomondiale (125, 250 e 500) è stato uno dei più forti piloti inglesi di tutti i tempi

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È morto Phil Read. Il sette volte Campione del mondo, e primo pilota a vincere un titolo iridato nelle tre cilindrate classiche del vecchio Motomondiale (125, 250 e 500), si è spento all’età di 83 anni. Phil, da tempo seriamente ammalato ai polmoni, aveva anche contratto il Covid e a causa di questo aveva anche dovuto sopportare un lungo ricovero, si è spento oggi mentre stava dormendo nella sua casa a Canterbury.

A darne il triste annuncio è la famiglia: "È con incredibile tristezza che la famiglia Read comunica la scomparsa di Phil Read. Phil è conosciuto soprattutto per aver vinto il primo titolo mondiale Yamaha nel 1964 e per aver conquistato altri quattro titoli iridati su moto Yamaha, tra cui uno combattuto come pilota privato, oltre a due campionati mondiali della classe regina 500 nel 1973 e 1974 per il marchio italiano MV Agusta. Nel 2002 gli è stato conferito lo status di "MotoGP Legend" dalla Dorna."

Le statistiche dicono che Philip William Read, nato a Luton il 1° gennaio del 1939, si è aggiudicato sette Campionati del mondo fra il 1964 e il 1974, conquistando 52 GP iridati e salendo 121 volte sul podio, più il Mondiale TTF1 in prova unica al Tourist Trophy nel 1977.

Luton è una cittadina industriale del Bedfordshire, a 50 km da Londra, sede della Casa automobilistica Vauxhall, ma anche di uno dei più importanti aeroporti militari della Royal Air Force. È qui che nell’adolescenza il giovane Phil si appassiona ai motori e alle corse. Il suo idolo è Geoff Duke, pluricampione del mondo e pilota ufficiale di Norton e poi Gilera, che va a vedere ogni volta si presenta l’occasione, sognando di diventare un giorno come lui. In famiglia nessuno va in moto, ma nessuno ostacola la sua passione per le due ruote.

La prima motocicletta, una vecchia Matchless a valvole laterali, la compra infatti grazie all’aiuto della mamma. E quando annuncia che vuole provare a correre, in famiglia alzano le spalle rassegnati: speravano che il figlio diventasse al massimo un buon meccanico e che questo potesse soddisfare il suo amore per i motori, ma può andar bene anche così. Il debutto agonistico avviene a Mallory Park in una gara Clubman, il 13 maggio 1956, con una BSA Gold Star 350. Phil ha appena diciassette anni e chiude la prova in tredicesima posizione.

Con la Gold Star gareggia per due anni senza raccogliere risultati eclatanti: la moto non è velocissima, ma il giovane pilota mostra già i tratti caratteristici che lo accompagneranno per tutta la carriera: ha uno stile di guida molto pulito e sbaglia pochissimo, tanto che le sue cadute sono estremamente rare. La prima vittoria arriva nel 1958, sempre a Mallory Park, con una Norton Manx 350 e quello stesso anno avviene anche il suo debutto al Manx GP dell’Isola di Man dove conquista un significativo terzo posto nella gara Junior e un diciassettesimo in quella Senior.

Manx GP, Norton 350 e 500: la carriera di Phil Read negli anni seguenti segue il classico iter dei piloti inglesi di quel periodo che vogliono avvicinarsi al Mondiale. Di diverso dagli altri il ragazzo di Luton mostra una determinazione fuori dal comune che lo porta a misurarsi senza timori reverenziali con piloti già affermati e con esperienze internazionali o con altri giovani promettenti che hanno però mezzi economici (e quindi moto) migliori dei suoi, come ad esempio Mike Hailwood.

Read comunque, grazie ai risultati ottenuti con le Norton nel biennio 1959-1960 fra cui spiccano la vittoria nel Senior Manx GP e il secondo posto nel Campionato inglese della 500, si guadagna i favori di Bill Lacey, uno dei migliori preparatori delle Manx. Nel 1961 fa il suo debutto nel Mondiale, partecipando al Tourist Trophy, all’Ulster GP e a due GP nel Vecchio Continente, rispettivamente in Olanda e in Belgio, a cavallo fra i mesi di giugno e luglio. Read per l’occasione corre anche in 125 (con una Bultaco e una EMC) e i risultati sono incoraggianti, perché grazie alla vittoria nello Junior TT e a dei buoni piazzamenti ad Assen e Dudrod chiude il Mondiale della 350 in quarta posizione, riuscendo ad andare a punti anche in 125 e 500, grazie a due quarti posti conquistati in Olanda. Quell’anno il suo nome finisce sui taccuini di numerosi osservatori. Peccato che la sua carriera stenti a decollare perché all’inizio degli anni Sessanta non ci sono moto competitive e sognare una moto ufficiale in 350 o 500 - all’epoca la sola MV Agusta - è pura utopia, vista la lunga fila di piloti che ambiscono come lui a quel posto.

Dopo un 1962 opaco che lo vede rispettivamente 14° e 3° nel Campionato inglese 350 e 500, la grande illusione sembra arrivare nel 1963 quando viene contattato nientemeno che dal suo vecchio idolo Geoff Duke, che gli affida le Gilera quattro cilindri riesumate dal Reparto corse di Arcore dopo un “letargo” di sette anni. Il progetto è ambizioso, se non altro per il blasone che accompagna l’ex campione inglese e le moto italiane, ma alla regola del tempo che passa crudele e inesorabile non sfuggono le gloriose moto italiane.

Partito con grandi ambizioni, Read è ben presto costretto a ridimensionare i suoi obiettivi quando si accorge che le Gilera consentono di primeggiare contro i migliori privati del Mondiale, ma non permettono assolutamente di impensierire le MV Agusta di Hailwood. Con la 500 riesce comunque ad andare a podio in tre occasioni (secondo in Olanda e in Belgio e terzo al TT) e a chiudere il Mondiale al quarto posto. Non abbastanza per pensare di proseguire ancora una stagione, oltretutto con la consapevolezza che il materiale tecnico a disposizione sarebbe stato lo stesso, ma con un anno in più di corse sulle spalle.

L’alternativa, inaspettata, giunge alla fine dell’anno addirittura dal Sol Levante: Read riceve una chiamata dalla Yamaha che gli offre una delle sue nuove 250 per partecipare al GP del Giappone, in programma a Suzuka il 10 novembre, con la possibilità di continuare la collaborazione anche l’anno seguente nel Mondiale. Il pilota inglese accetta, vola in Giappone per chiudere il GP al terzo posto e firma il contratto con la Yamaha per il 1964.

Vista con il senno di poi la scelta di Read appare obbligata, perché in mancanza di moto competitive tanto valeva accettare la proposta della Yamaha che, oltretutto, riferita solo alla 250, lo lasciava libero di cercar fortuna in 350 e 500 con le sue Norton nel caso le moto giapponesi si fossero dimostrate poco competitive. Bisogna però dare al pilota di Luton il merito di aver compiuto un vero e proprio salto nel buio: nel 1964 la Yamaha aveva mostrato un buon potenziale, ma non aveva certo l’esperienza nei GP che può vantare oggi. In più il motore a due tempi stava iniziando ad affermarsi nel Mondiale, ma la sua affidabilità era tutta da verificare. Infine i dirigenti dell’azienda lo avevano messo sotto pressione, chiedendogli se non fosse stato possibile battere subito la Honda di Jim Redman, da due anni dominatore incontrastato della categoria… Read non si scompone e con cinque vittorie un secondo e un terzo posto alla fine dell’anno è Campione del mondo della 250.

Un successo, il primo per lui e per la Yamaha (ma anche di una moto a due tempi nella quarto di litro) che gli fa guadagnare la fiducia dei vertici della Casa giapponese. A lui viene affidato lo sviluppo dei nuovi progetti, primo fra tutti quello della 250 quattro cilindri a V due tempi raffreddata ad acqua che Read porta al debutto, sotto la pioggia, nel GP delle Nazioni 1965.

Il ruolo di prima guida in Yamaha gli va a genio: i tecnici giapponesi tengono in grande considerazione il suo lavoro e il compagno di squadra, il canadese Mike Duff, non è in grado di impensierirlo. Le cose si complicano però con l’arrivo di Bill Ivy nel 1966.

L’astro nascente del motociclismo britannico ha la sua stessa voglia di emergere e la medesima determinazione in pista. In più è simpatico, estroverso e pienamente inserito nella “Swinging London” di quegli anni. Per usare un termine moderno, il nuovo acquisto è più “modaiolo” e piace di più al pubblico del taciturno Read, caratterialmente più chiuso e riservato.

Se nei primi due anni la loro convivenza in apparenza è pacifica - non dimentichiamoci però che Read è concentratissimo, soprattutto nel 1967, nella lotta con Mike Hailwood per il titolo della 250 - la situazione degenera nel 1968 quando i due vengono lasciati soli dal ritiro della Honda. Il risultato è il già citato fattaccio del GP delle Nazioni a Monza (lo spieghiamo meglio nel box), che frutta al pilota di Luton il quarto titolo iridato in carriera e la “scomunica” permanente da parte della Yamaha per non aver rispettato gli ordini di scuderia.

La prima conseguenza è che non viene inserito, assieme ad Andersson e Gould, nella ristretta cerchia di piloti che nel 1969 ricevono le migliori TD 250 e TR 350. Nel biennio 1969-1970 la sua carriera sembra addirittura giungere al capolinea per mancanza di mezzi competitivi. Quello che la stampa inglese non aveva esitato a definire il “Principe della Velocità” nel 1969, da bi-campione del mondo in carica (della 125 e della 250), non partecipa nemmeno al Campionato Mondiale e vede sfumare l’opportunità di un possibile ingaggio da parte della Benelli in sostituzione dell’infortunato Pasolini, perchè la Casa pesarese dopo il TT gli preferisce l’australiano Carruthers. Read ha però la forza di risollevarsi e a vincere, nel 1972, il suo ultimo titolo mondiale della 250 con una Yamaha privata, gestita in proprio e dotata di un telaio artigianale realizzato dal tecnico inglese Eric Cheney.

In quegli anni è un assiduo frequentatore delle gare della “temporada” romagnola, valide come prove di apertura per il Campionato italiano, ma frequentate anche dai migliori piloti stranieri che ne approfittavano per l’ultima messa a punto prima dell’inizio del Mondiale, ma soprattutto erano attratti dai ricchi montepremi offerti dagli organizzatori.

Read ne apprezza l’atmosfera festaiola (e gli ingaggi...) e sebbene faccia spesso le ore piccole alzando il gomito da buon inglese, una volta in sella non si tira indietro. Nell’aprile del 1970 si presenta al circuito di Cervia-Milano Marittima in condizioni fisiche precarie. Ha la gamba e il polso sinistro acciaccati a causa di una caduta rimediata a Rimini il mese prima. Parte in ultima posizione perché non riesce ad avviare a spinta da solo la motocicletta e nel rettilineo del lungomare guida con una mano sola, appoggiando la sinistra sul serbatoio per farla riposare.

Nonostante gli acciacchi inizia una fantastica rimonta che lo porta, all’inizio dell’ultimo giro, ad occupare la seconda posizione. In testa c’è Visenzi, che non riesce a contenere l’azione di Read. L’inglese lo supera e va a vincere facendo segnare anche il giro più veloce. Il fatto di non aver perso affatto lo smalto e la grinta dei tempi migliori portano la MV Agusta ad ingaggiarlo nel 1972, sebbene il pilota inglese abbia già 33 anni e quindi, secondo gli standard dell’epoca, sia già in età da pensionamento piuttosto che da contratto per una moto ufficiale.

Domenico Agusta probabilmente non avrebbe gradito il suo arrivo, perché lo stile di Phil Read - che all’epoca si presentava nel paddock guidando una Rolls-Royce Silver Cloud II color argento, vestiva in maglietta e jeans sdruciti e si nutriva di fish and chips - era un po’ troppo vistoso e “zingaresco” per l’immagine della Casa italiana. Ma il Conte era scomparso nel febbraio del 1971 e alla guida del Reparto corse c’è Corrado Agusta che vede in Read la figura ideale per stimolare Giacomo Agostini e dare una mano allo sviluppo della nuova quattro cilindri che deve prendere il posto della plurititolata tre. La convivenza fra il fuoriclasse italiano e il campione inglese è simile a quella vissuta da Read ed Ivy in Yamaha.

Solo l’epilogo è diverso, perchè Agostini, infastidito dall’atteggiamento del nuovo arrivato e dalla decisione di prenderlo in squadra, preferisce cambiare aria firmando per il 1974 con la Yamaha. Read in MV Agusta resta fino alla fine del 1975, quando il glorioso Reparto corse di Cascina Costa chiude i battenti. Il suo bilancio è di due titoli mondiali conquistati nella classe 500 (1973 e 1974) e di un terzo sfuggitogli nel 1975 per gli scarti, dopo aver tenuto testa per tutto il Campionato ad Agostini sebbene la sua MV Agusta avesse ormai il fiato corto nei confronti delle rivali giapponesi 4 cilindri a due tempi.

Con la chiusura dell’avventura in MV Agusta termina in pratica la lunghissima carriera del pilota inglese che nel 1976 tenta ancora con scarsa fortuna l’avventura in 500 con una Suzuki RG del Team Life (decimo nel Mondiale con un secondo posto al Nazioni e un terzo al GP d’Austria) e nel Trofeo FIM Formula 750 in sella a una Yamaha TZ 750 con telaio Nico Bakker (diciottesimo in classifica). I suoi ultimi acuti in pista sono al Tourist Trophy nel 1977, primo anno in cui la gara dell’Isola di Man non è più valida come GP d’Inghilterra.

Sul celebre tracciato del Mountain, dove nel 1960 aveva vinto il Senior Manx GP, Read si ripete e a diciassette anni di distanza da quel successo si impone per due volte. La prima nel Senior TT (con una Suzuki 500) e l’ultima nella gara della F1 (con una Honda). Quest’ultima vittoria gli vale anche il titolo mondiale, l’ottavo, del neonato Campionato Formula TTF1 disputato in prova unica.

Dopodiché sulla carriera agonistica del “Principe della velocità” cala il sipario anche se lui ufficialmente non ha mai annunciato il ritiro e negli anni seguenti compare ancora per qualche presenza “a gettone”, pagata profumatamente. A proposito di soldi, Phil Read è sempre stato molto attento a gestire l’aspetto economico della sua attività professinistica, ma alla capacità di ottenere contratti ed ingaggi importanti non ha fatto seguito analoga bravura nell’investire quel denaro.

Tutte le attività intraprese dal campione inglese, sia che riguardassero la nautica che il settore motociclistico ed accessoristico non sono state un successo e hanno contribuito a dilapidare il patrimonio accumulato in carriera. Sotto questo aspetto la storia di Read al di fuori dall’ambiente delle corse somiglia moltissimo a quella di alcuni campioni della boxe, tanto bravi a mettere al tappeto gli avversari ad ogni costo quanto dissennati privatamente e nel campo imprenditoriale. Lui però non si è mai lamentato di quanto la vita gli ha offerto fuori dalle piste.

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