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30 January 2022

Marco Melandri, una stagione al verde

A fine 2008 Kawasaki, prendendo a pretesto la crisi economica, decide di ritirarsi dal motomondiale. Marco Melandri si trova spiazzato ma, nonostante un team Hayate di sole sei persone e senza il supporto della Casa, porta la moto sul podio e… torna a divertirsi

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Marco Melandri nel 2009 in sella alla Kawasaki ZX-RR del Team Hayate Racing

Avere il coraggio di portare al limite una MotoGP non significa necessariamente essere impermeabile ad ogni emozione. Pilota fortissimo, Marco Melandri è sempre stato un ragazzo estremamente sensibile ai rapporti umani ed all’ambiente che lo circonda. Per questo, dopo tre straordinarie stagioni con Gresini e la Honda, il 2008 come ufficiale Ducati si rivela un incubo: non solo perché guida una moto “che non piaceva a me, come io non piacevo a lei”, ma anche per una atmosfera ostile, che non lo protegge da critiche e cattiverie. I due anni di contratto garantiscono uno stipendio da top rider, eppure il ravennate non esita a proporre un accordo: se avesse trovato un altro ingaggio, avrebbe rinunciato ad ogni buonuscita.

Al rientro da Indianapolis, Marco vola in Giappone: sulla pista di Autopolis lo attende il prototipo 2008 della Kawasaki. Rientrata in classe regina nel 2002, la casa di Akashi ha collezionato risultati deludenti, finendo quasi sempre fanalino di coda nella classifica marche. Progettata dall’ing. Yoda (ex Yamaha), la nuova ZX-RR colpisce positivamente Marco, in particolare per il motore potente e dall’erogazione corposa: è la moto giusta! Il 29 dicembre 2008, mentre si appresta ad una giornata di motocross sotto la neve, arriva un sms dal suo manager Vergani: “Chiamami subito. Brutte notizie”. La Kawasaki, prendendo a pretesto la crisi economica, ha deciso di ritirarsi dal motomondiale, liberando tutte le persone sotto contratto.

La notizia è una bomba, in primis per la Dorna, che si attiva per salvare il salvabile, ottenendo dalla casa giapponese di cedere tutto il materiale alla Hayate, squadra neonata composta dal personale licenziato e finanziata nelle spese vive dall’organizzatore stesso. “Fu una vera doccia fredda – racconta Marco – trovarci ai test in Qatar con un team di sei persone, questa moto nera e delle casse confuse di ricambi. Sembravamo dei garagisti che avevano sbagliato circuito. Ovviamente siglammo l’ultimo tempo, ma ebbi di nuovo buone sensazioni”. I test sono il 30 marzo, Kawasaki ha promesso supporto tecnico fino al 31: il team chiede una modifica urgente alla sospensione posteriore.

Alla prima gara, in Qatar, la minuscola compagine è guardata con un misto di imbarazzo e accondiscendenza: Marco finisce quattordicesimo, non lontano comunque dal suo sostituto in Ducati, Hayden. Si arriva in Giappone, la moto nera chiude sesta, dietro solo Yamaha e Honda ufficiali e la Ducati di Stoner. Spagna: quinto posto, dietro Rossi, Pedrosa, Stoner e De Puniet, trenta secondi davanti ad Hayden. È la volta di Le Mans, con pista umida: vince Lorenzo, Marco arriva alle sue spalle, davanti a Pedrosa, Stoner e Dovizioso. “Quando ho superato Stoner ho cominciato a ridere come un matto!”.

Il più incredibile degli epiloghi potrebbe essere la gara successiva al Mugello, dove, ancora sotto la pioggia, Melandri va in testa e conduce fino al “flag to flag” di metà gara. “Avesse continuato il brutto tempo ancora mezz’ora, avrei vinto di sicuro”. A metà stagione i ricambi finiscono, le marmitte si crepano, dal Giappone nessun pezzo di ricambio, e Marco si deve accontentare di settimi posti. Poco importa, è tornato a divertirsi ed ha mostrato a tutti che non sarà un uomo di ghiaccio, ma come talento non è secondo a nessuno.

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La Kawasaki ZX-RR 2009 di Marco Melandri - Team Hayate Racing

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