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Marco Melandri e i giochi di squadra

In uno sport individuale, dove rischi la pelle, è giusto sacrificare la tua vittoria per favorire il compagno di squadra in lotta per il titolo?

Marco melandri e i giochi di squadra

Quello che Melandri ha fatto in Francia (disubbidire agli ordini di scuderia, anche se in Aprilia ci fanno sapere che è tutto a posto) sta facendo discutere parecchio noi appassionati. Penso che il motivo sia semplice: non sappiamo a chi dare ragione. Questo ragionando con la testa. Col cuore, ciascuno di noi sa cosa stava provando quando Melandri stava concludendo l’ultimo giro senza farsi superare da Guintoli, mentre gli uomini della sua squadra gli esponevano la faccina arrabbiata, il cui significato era: “Oooooh, ti vuoi fare da parte, che qua c’è un Mondiale da vincere?”. Per quel che mi riguarda, io speravo che Melandri si facesse da parte. E mi stupivo di provare questo desiderio: Melandri è un grande talento degli anni Duemila, uno che è stato in grado di battere più volte Rossi quando questo era al top della carriera, ma ha un carattere ansiogeno e lamentoso, che gli ha fatto perdere molti Mondiali e vincerne pochi. Anzi, solo uno. Questo me lo rende umano e simpatico. Guardate come s’è comportato con l’Aprilia RSV4, considerata la migliore moto del Mondiale Superbike: ha impiegato mezza stagione per farsela andare bene, perdendo una marea di punti in classifica generale. Quando, finalmente, è entrato in sintonia col mezzo è diventato il più veloce, il più forte, l’uomo da battere. Ma è troppo tardi: con le sue vittorie, questo pilota ufficiale Aprilia sta facendo perdere il Mondiale all’Aprilia. Paradossale, eh!

 

QUANDO È GIUSTO CHIUDERE IL GAS?

Di sicuro, quando entrano in scena i calcoli e i giochi di squadra, lo sport non ci fa una bella figura. Non riuscirò mai a dimenticare la faccia di Nani Roma, quando lo scorso gennaio la sua squadra gli ha regalato la vittoria di una Dakar che aveva già perso, imponendo a Peterhansel di farsi da parte quando mancavano pochi km al traguardo finale (avrebbe raggiunto il record imbattibile di sei vittorie in moto e sei vittorie in auto). Nani piangeva felice, mentre tutto il mondo lo guardava sbigottito e si domandava: ma come fa a non vergognarsi? Va be’, questa storia di Mini è particolare, perché in lizza per la vittoria c’erano due compagni di squadra, quindi è difficile non avere dubbi e tifare per Peterhansel.

Invece pensate al classico caso in cui un pilota lotta per il Mondiale e il suo compagno di squadra è attardato in classifica generale, ma nel finale di stagione è chiaramente più veloce di lui. Quanto è giusto che chiuda il gas e si rassegni a stare dietro, in nome della vittoria della Casa per cui corre? Vengono in mente tanti episodi, a iniziare da quello in cui Gabor Talmacsi, nel 2005, batté in volata il compagno di squadra (KTM) Kallio, privandolo di quei 5 punti che gli sarebbero bastati per vincere il Mondiale nella classe 125. Talmacsi fu licenziato, ovviamente.

Ricordate quando, in Gran Bretagna, Giancarlo Falappa sconfisse in volata Raymond Roche, in Superbike, nel 1990? Il francese la prese malissimo e fece una piazzata, accusando Falappa di ostacolarlo nel suo ruolo di leader della squadra. Questo perché Falappa era appena arrivato e Roche era convinto di essere il numero uno indiscusso. Ma era solo la quarta gara su ventisei e nulla dava a Raymond motivi per ritenere che la via per il titolo spettasse solo a lui. Ancora oggi trovo fuori luogo le sue pretese.

 

GIANOLA, SLIGHT, MAGEE…

Uno degli episodi più clamorosi avvenne nel 1985, nella classe 125, quando Fausto Gresini si giocava il Mondiale con la Garelli ed aveva Ezio Gianola come compagno di squadra. Al GP francese Ezio era nettamente più veloce di Fausto, ma aveva avuto l’ordine di arrivare dietro. La cosa non gli andava giù, così optò per passare in testa nella fase finale e poi, platealmente, rallentò e fece segno con la testa a Gresini di passare, come a dire: “Vincerei io, ma mi costringono a perdere”. Già questo bastava per irritare gli uomini Garelli ma pensate come la presero quando, all’ultimo giro, Gianola non resistette e vinse ugualmente la gara. Alla fine Gresini il titolo lo vinse, ma l’anno dopo Gianola corse con la MBA e non fu certo per caso. Anche in quella occasione non seppi cosa pensare. Gianola era stato stupido o aveva esercitato il sacro diritto alla vittoria che nessun gioco di squadra dovrebbe mai inficiare?

Anche Aaron Slight perse il posto alla Kawasaki, quando sconfisse il compagno di squadra Scott Russell in una gara del 1993, durante il Mondiale Superbike vinto proprio da Russell.

Ci sono tanti episodi, pensate a Kevin Magee che, nel 1987 in Portogallo, nella classe 500 GP, fa una gara mostruosa come wild card ma deve cedere il secondo posto a Randy Mamola, che sta contendendo il Mondiale a Wayne Gardner.

 

ROSSI, CAPIROSSI, HARADA…

Ricordate la finale del Mondiale 250 del 1998, quando Loris Capirossi e Tetsuya Harada si contendevano il titolo? Quello era l’anno dell’esordio di Rossi in 250. Valentino impiegò mezza stagione a prendere le misure alla nuova cilindrata e l’altra mezza ad essere il migliore. Aveva già vinto quattro gare di fila quando si trovò davanti a un dilemma: con Capirossi e Harada a battersi nel duello finale, cosa avrebbe dovuto fare lui? Tutti e tre correvano per Aprilia ed occupavano le prime tre posizioni della classifica generale. Non c’erano ordini di scuderia, quindi: comunque fosse andata, avrebbe vinto un’Aprilia. Rossi era terzo, doveva fare la sua gara, senza danneggiare nessuno dei due, quindi cosa fece? Decise di stare davanti a quei due! Vinse la gara mentre Capirossi, speronando Harada col famoso sorpasso alla disperata dell’ultima curva, non solo vinse il titolo, ma regalò a Rossi il secondo posto in classifica generale. Aprilia si trovò, così, con tre moto ai primi tre posti, ma la manovra di Capirossi non le piacque e così il buon Loris dovette passare alla Honda, nel 1999.

 

LAWSON, RANEY…

Alla domanda: “Ma è giusto che un pilota in palla lasci vincere un altro?” rispondere è sempre difficile. Credo che il pilota in palla, per accettare questa violenza, debba avere un certo trasporto verso la squadra e verso il proprio compagno e, quindi, decidere di non superarlo proprio. Come fece Eddie Lawson in Svezia nel 1990: a seguito di un grave infortunio aveva saltato mezza stagione, era tagliato fuori dalla lotta per il titolo ed era a secco di vittorie. Era in astinenza; e in Svezia era il più veloce di tutti. Ma decise di non danneggiare Wayne Rainey, suo compagno di squadra, che era in vetta alla classifica e quindi gli si incollò come un francobollo (da cui il famoso “francobollato” inventato da Guido Meda) alle chiappe, senza mai provare a passarlo, come un body guard.

 

MASCHERE IN AMORE E SPORT

Ma se, invece, il pilota non fosse così devoto alla causa? Noi spesso facciamo l’errore di parlare di sport come scuola di vita, fucina di generosità e gesti nobili, ma non è così. L’uomo, inteso come animale, nasce con una fortissima percentuale di egoismo e di voglia di predominare sul prossimo suo. In antichità sfogava queste tempeste ormonali con la clava, conquistando gli altri popoli, ma poi s’è scoperto che lo sport era il modo più innocuo per incanalare tutta questa aggressività. Per cui, non si può chiedere a un pilota di essere altruista. Uno che rischia la pelle a caccia di gloria come fa a regalare le sue vittorie? Anche in amore, spesso i gesti che sembrano di generosità servono invece a mantenere accanto a noi la persona che adoriamo. L’adoriamo perché siamo buoni? No, perché con lei stiamo bene, anche quello è un caso di egoismo (parlo della fase dell’innamoramento: dopo, l’egoismo cala a vantaggio dell’altruismo). Non è un caso se molti cuori infranti diventano i peggiori carnefici. Va beh, forse sto esagerando con questa visione pessimistica dell’animo umano, ma resta il fatto che chiedere a un pilota di farsi da parte per fare vincere un altro è una cosa tremenda. Quindi da un lato tifo Aprilia e spero che vinca il titolo (per questo volevo che Melandri si facesse da parte), dall’altro mi domando che valore abbia un Mondiale vinto grazie a uno che si fa sempre da parte.

 

E SE MELANDRI…

Certo che Aprilia non ha tratto grandi vantaggi dalla sua voglia di avere Melandri in squadra. Vedevano in lui il dopo-Biaggi ideale, ma hanno dovuto aspettare che finisse il suo contratto con BMW, quindi fino alla fine del 2013. Per fargli posto in squadra hanno sacrificato Eugene Laverty, che andava più forte di Sylvain Guintoli (ma che aveva, dalla sua, un contratto più vantaggioso) e che, magari, quest’anno avrebbe battuto Sykes senza problemi. Arriva il 2014 e Melandri non si trova con la moto, tanto che per metà stagione si piazza al di sotto delle aspettative. Quando, finalmente, torna a vincere la situazione è delicata: il suo compagno di squadra, Guintoli, è in lotta per il titolo con Sykes, quindi per le logiche di squadra, essendo lui tagliato fuori dalla lotta per il titolo, dovrebbe aiutarlo. Ma non lo fa. Melandri finora ha vinto sei gare e la cosa è successa sempre in piste dove l’Aprilia era nettamente superiore alle concorrenti, tanto che Guintoli, quelle sei volte, è arrivato sempre secondo. Due di queste vittorie sono arrivate alla sesta tappa del campionato, su 12, quando parlare di giochi di squadra era presto. Ma le successive quattro sono tutte avvenute nelle ultime tappe, quando il gioco di squadra aveva senso. In realtà, le vittorie sarebbero sette, di cui cinque nelle ultime tre tappe: ma in Francia è successo che Melandri, per una volta, una sola, ha deciso di far passare Guintoli. Siamo tutti qui a domandarci: se lo aiuti in Gara1, perché in Gara2 hai vinto lo stesso? Penso che la risposta stia nel fatto che un vincente di classe come Melandri non ce la faccia a regalare vittorie. Non sarebbe un vincente, non avrebbe fatto nulla di quello che lo ha reso uno dei più grandi degli ultimi dieci anni, sia pure con tonfi mostruosi. Così, Macio ci ha provato, ha regalato una vittoria e la cosa lo ha fatto stare male. Ha dimostrato di essere un vincente di razza, ma anche di non avere alcun legame affettivo verso la squadra e verso il compagno (reo, tra l’altro, di averlo fatto cadere quando ancora nutriva speranze di recuperare su Sykes): se nelle ultime gare avesse deciso di stare sempre dietro a Guintoli, adesso quest’ultimo sarebbe in testa con 8 punti su Sykes, piuttosto che secondo staccato di 12 punti.

 

IN QATAR DOVREBBE ANDARE COSÌ

Ma una cosa è certa: non è bello vincere un Mondiale perché il tuo compagno di squadra, che è più veloce di te, ti regala cinque vittorie. Il Mondiale va meritato. La cosa migliore sarebbe che Guintoli, in Qatar, battesse tutti, che Melandri arrivasse secondo dando il massimo e Sykes non facesse mai meglio di terzo. Così avremmo un’Aprilia vincente senza regali e giochi di squadra. A parte i 5 punti che Melandri ha regalato in Francia, s’intende.

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