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26 November 2008

Lo studio aerodinamico della moto: migliorare la facilità in curva è possibile copiando dalla F1

Lo studio di due ingegneri italiani, Giuseppe Ganio e Giorgio Pagliara, rivela che, analizzando gli effetti di portanza e deportanza determinati dalla forma delle carenature si possono ottenere benefici sul comportamento dinamico della moto, specialmente in curva. Ecco quindi che potrebbe variare lo scenario in MotoGP, partendo dagli studi aerodinamici della F1.

Dalla galleria al PC






DALLA GALLERIA AL PC
L’aerodinamica della moto è tra le più complicate che ci siano: il veicolo è in assetto variabile, il pilota sporge e si muove. Anche mettere una moto in galleria del vento in assetto da curva non è facile: richiede molta attenzione e un tappeto rotante. L’unica alternativa è utilizzare modelli di simulazione numerica (la cosiddetta CFD, Computational Fluid Dynamics), che richiedono comunque supercomputer da centinaia di migliaia di euro. Da poco, però, sono stati sviluppati metodi di calcolo che consentono di effettuare analisi soddisfacenti con computer equivalenti ai comuni PC.

Lo stato attuale degli sviluppi aerodinamici in MotoGP non è ben chiaro, ma sembra sicuro che le moto si facciano vedere molto meno delle Formula 1 (che del resto spendono 100 volte tanto) tanto in galleria del vento che negli ambienti di calcolo CFD; solo ultimamente qualche squadra si sta muovendo in questa direzione. Di fatto nella MotoGP si lavora ancora quasi solo in galleria del vento e con la moto in assetto da rettilineo: anche per questo capita di cambiare carena all’ultimo momento, cosa impensabile in F1 dove l’aerodinamica condiziona pesantemente e da subito lo sviluppo dell’intero veicolo.

Con la diffusione dei nuovi software, però, lo studio aerodinamico in galleria del vento si sta rivelando meno conveniente di quello fatto al calcolatore. Ogni modifica che si vuole provare in galleria del vento prevede infatti la preventiva costruzione del pezzo (con notevole dispendio di tempo e denaro) e la fisica che può essere studiata è assai limitata. La CFD rende invece possibile approfondire il comportamento della moto in curva, senza dover costruire nulla e limitando al massimo le carene da provare in pista; permette inoltre di studiare i problemi termici legati al raffreddamento di motore, freni e componenti interne varie.

In fisica





IN FISCA
Un oggetto simmetrico che avanza in presenza di aria genera una forza aerodinamica, che può essere scomposta in due componenti: la prima è una forza in direzione “orizzontale” (la direzione del moto), che ha verso opposto rispetto a quello in cui si sposta la moto, si oppone all’avanzamento e viene chiamata resistenza (drag D in inglese). La seconda è una forza in direzione verticale (perpendicolare alla direzione del moto), detta portanza (lift L in inglese). Una portanza rivolta verso il basso viene chiamata deportanza e assume segno negativo. Il rapporto L/D (lift over drag) è utile per paragonare l’efficienza aerodinamica di oggetti diversi.

Porta o deporta?





PORTA O DEPORTA?
Per dare qualche valore di L/D, è interessante sapere che i migliori alianti da competizione, oltre ad una resistenza minima, hanno un L/D anche superiore a 70 (portanza altissima), mentre le Formula1 sono deportanti, con un L/D di circa -3,5: per ogni kg di spinta resistente ce ne sono 3,5 che schiacciano la vettura a terra. E le moto? Per le moto l’efficienza aerodinamica in curva è un valore sconosciuto e tenuto in poca considerazione. Si pensa che un L/D = 0 (portanza nulla) sia la condizione ideale per una moto, poiché corrisponde ad un assetto neutro; in realtà non ci sono dati concreti che avvalorino questa supposizione.

Si possono creare carene che favoriscano la velocità in rettilineo e che siano al tempo stesso più lente in curva o viceversa, ma poco si sa degli effetti aerodinamici in fase di curva, quando la moto si inclina, il pilota si sporge e l’assetto delle sospensioni, che soprattutto in curva controlla l’altezza della moto, ha un forte impatto su L/D. In curva le pance e i fianchi delle carene corrono molto vicino all’asfalto, e potrebbero generare degli effetti simili al fondo piatto delle F1. È sicuro che una certa forza aerodinamica verticale venga generata dalle carene in questo frangente, ma rimangono due grossi interrogativi: primo, quale è il verso di questa forza: si tratta di deportanza o di portanza? E secondo: siamo sicuri che questa forza (frutto per ora più o meno del caso) sia quella ottimale ai fini del risultato cronometrico? Gli ingegneri italiani Giuseppe Ganio e Giorgio Pagliara sono stati i primi a cercare di far luce su questi interrogativi.

Lo studio italiano





LO STUDIO ITALIANO
Tutto cominciò con l’arrivo di un software che abbatteva tempi e costi del calcolo CFD, e che permetteva di studiare oggetti che fino ad allora non erano mai stati studiati. Dopo gli incoraggianti risultati ottenuti su un piccolo kart, nel 2006 la Ilmor-Suter si mostrò interessata ad approfondire l’aerodinamica della nascente X3 da MotoGP. Il naufragio del progetto X3 portò con sé questo studio, che è stato proseguito dagli autori sfruttando la carena di una Honda CBR 250, il cui profilo era noto e le cui dimensioni erano simili a quelle di una MotoGP. La maggior parte delle moto hanno una sezione “panciuta”, probabilmente perché ottimizzate per il rettilineo, che comporta un L/D molto vicino a quello della CBR 250. Partendo dunque dalla moto in assetto da rettilineo, si è passati a simulare curve a destra con diverse inclinazioni, vicine ai valori plausibili in gara (54°-56°).

Simulatore: sorprese e soluzioni





SIMULATORE
: SORPRESE E SOLUZIONI Le simulazioni hanno prodotto un risultato imprevisto. Nonostante lo schiacciamento della vena d’aria (cioè il restringimento della sezione attraverso cui passa l’aria) tra la carena in piega e l’asfalto, che dovrebbe provocare un’accelerazione del flusso (un fluido si muove più velocemente in una sezione più stretta rispetto ad una più larga) e quindi deportanza (pressione superficie sono direttamente proporzionali perché il rapporto tra la prima e la seconda è uguale alla portata che è una costante, perciò la pressione matematicamente diminuisce quando diminuisce la sezione), i risultati sembravano invece indicare che la moto ha una tendenza naturale ad essere portante in curva. Quello che accade è cioè che il pilota, sporgendosi, genera della deportanza, ma la moto, soprattutto nella parte bassa, genera molta più portanza per un rapporto L/D di circa 0,4. Questo risultato ha spinto gli autori a tentare di modificare la carena per ridurre il rapporto L/D rendendolo negativo, o quantomeno neutro.

Appurato che il regolamento FIM consente alcuni interventi utili a questo scopo, si è deciso di creare un fondo piatto in stile auto racing: con questa geometria, l’L/D è stato ridotto a 0,1 con un’efficienza in rettilineo attorno a 0,06 – quindi un comportamento pressoché neutrale.

Le figure della gallery mostrano le zone di pressione massima e minima sulla superficie della moto. In presenza dei colori caldi (rosso e giallo) c’è una pressione più alta, viceversa per i colori freddi (blu e viola). La zona di giallo all’ingresso carena, a lato interno curva, è la ragione per cui la moto “porta”; la zona di blu all’ingresso spoiler nella versione con fondo piatto è la causa principale della riduzione della portanza per questa carena. Poiché il pilota è fonte di deportanza, mentre la moto è portante, è interessante notare come nasca un momento torcente (forze opposte) che tende a raddrizzare la moto e può disturbare il pilota.

Moto difficile in curva






MOTO DIFFICILE IN CURVA
I risultati ottenuti, i primi ad essere pubblicati e discussi, aprono un mondo: la possibilità di studiare la deportanza della moto e farla giocare a proprio favore. Sono necessari il coraggio di cimentarsi in uno sviluppo che è al di fuori dei canoni tradizionali e prove in pista, per valutare l’effetto potenziale delle modifiche proposte dai modelli studiati al computer: è auspicabile che i team inizino a lavorarci sistematicamente. Se il modello è corretto, le conseguenze sono infatti inequivocabili: a prescindere dalle sensazioni e dal feeling che un pilota può avere, con una moto portante come quelle attuali andare veloce in curva è più difficile. Maggiore velocità significa infatti maggiore portanza, quindi meno grip dei pneumatici (proporzionale alla forza che schiaccia la moto a terra). Un’ulteriore conseguenza di questo fatto è la tendenza, naturale nelle gare di moto, a formare “trenini”: chi sta dietro non solo beneficia dell’effetto scia in rettilineo, ma anche di più grip in curva. La scia infatti diminuisce in generale la forza aerodinamica: in rettilineo la resistenza, e in curva la portanza che come abbiamo visto ha un effetto negativo. In F1 avviene l’esatto contrario, infatti, poiché le monoposto hanno la caratteristica di essere molto deportanti e quindi di raggiungere velocità più elevate, il pilota non può stare troppo vicino all’auto che lo precede, perché rischia di perdere il controllo. Se in futuro si dovessero vedere meno trenini in MotoGP, quello sarà il segno che lo studio della aerodinamica in curva si sarà diffuso.

Spettacolo o benefici?




SPETTACOLO O BENEFICI? Rimane da capire se studiare le carenature al computer sia un bene o un male per lo spettacolo, dopo che in F1 si è dovuto dare un freno allo sviluppo prima dell’aerodinamica, e ora anche dell’elettronica. Ciò non toglie che in uno sport dove quello che conta è andare più veloce degli altri, una soluzione che funziona non resti a lungo inesplorata. Al momento una moto dipende molto dal pilota, come dimostrano le differenze tra prime e seconde guide in F1 (qualche decimo al giro) e in MotoGP (fino a qualche secondo al giro), mentre dipende molto poco dall’aerodinamica.

Se in F1 (L/D = 3) girare senza alettoni può costare decine di secondi al giro, in MotoGP (L/D = 0,3) lavorando bene si può forse pensare di fare qualche decimo di differenza, che si guadagnerebbe soprattutto in uscita di curva dove il maggior grip permesso dalla deportanza consentirebbe di accelerare di più. Forse l’effetto maggiore si sentirebbe dove i cavalli sono pochi, come in 125. Ma per sapere cosa succederà davvero, dovremo aspettare che le moto siano uscite dall’età della pietra. Non dovrebbe volerci molto.
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