Lo studio di due ingegneri italiani, Giuseppe Ganio e Giorgio Pagliara, rivela che, analizzando gli effetti di portanza e deportanza determinati dalla forma delle carenature si possono ottenere benefici sul comportamento dinamico della moto, specialmente in curva. Ecco quindi che potrebbe variare lo scenario in MotoGP, partendo dagli studi aerodinamici della F1.
Dalla galleria al PC
DALLA GALLERIA AL PC L’aerodinamica della moto è tra le più
complicate
che ci siano: il veicolo è in assetto variabile, il pilota sporge e si
muove. Anche mettere una moto in galleria del vento in assetto da curva
non è facile: richiede molta attenzione e un tappeto rotante. L’unica
alternativa è utilizzare modelli di simulazione numerica (la cosiddetta
CFD, Computational Fluid Dynamics), che richiedono comunque supercomputer
da centinaia di migliaia di euro. Da poco, però, sono stati sviluppati
metodi di calcolo che consentono di effettuare analisi soddisfacenti con
computer equivalenti ai comuni PC.
Lo stato attuale degli sviluppi aerodinamici in MotoGP non è ben chiaro,
ma sembra sicuro che le moto si facciano vedere molto meno delle Formula
1 (che del resto spendono 100 volte tanto) tanto in galleria del vento
che negli ambienti di calcolo CFD; solo ultimamente qualche squadra si
sta muovendo in questa direzione. Di fatto nella MotoGP si lavora ancora
quasi solo in galleria del vento e con la moto in assetto da rettilineo:
anche per questo capita di cambiare carena all’ultimo momento, cosa
impensabile
in F1 dove l’aerodinamica condiziona pesantemente e da subito lo sviluppo
dell’intero veicolo.
Con la diffusione dei nuovi software, però, lo studio aerodinamico in galleria
del vento si sta rivelando meno conveniente di quello fatto al calcolatore.
Ogni modifica che si vuole provare in galleria del vento prevede infatti
la preventiva costruzione del pezzo (con notevole dispendio di tempo e
denaro) e la fisica che può essere studiata è assai limitata. La CFD rende
invece possibile approfondire il comportamento della moto in curva, senza
dover costruire nulla e limitando al massimo le carene da provare in pista;
permette inoltre di studiare i problemi termici legati al raffreddamento
di motore, freni e componenti interne varie.
In fisica
IN FISCA Un oggetto simmetrico che avanza in presenza di aria genera
una forza aerodinamica, che può essere scomposta in due componenti: la
prima è una forza in direzione “orizzontale” (la direzione del
moto),
che ha verso opposto rispetto a quello in cui si sposta la moto, si oppone
all’avanzamento e viene chiamata resistenza (drag D in inglese). La
seconda
è una forza in direzione verticale (perpendicolare alla direzione del moto),
detta portanza (lift L in inglese). Una portanza rivolta verso il basso
viene chiamata deportanza e assume segno negativo. Il rapporto L/D (lift
over drag) è utile per paragonare l’efficienza aerodinamica di oggetti
diversi.
Porta o deporta?
PORTA O DEPORTA? Per dare qualche valore di L/D, è interessante sapere
che i migliori alianti da competizione, oltre ad una resistenza minima,
hanno un L/D anche superiore a 70 (portanza altissima), mentre le Formula1
sono deportanti, con un L/D di circa -3,5: per ogni kg di spinta resistente
ce ne sono 3,5 che schiacciano la vettura a terra. E le moto? Per le moto
l’efficienza aerodinamica in curva è un valore sconosciuto e tenuto in
poca considerazione. Si pensa che un L/D = 0 (portanza nulla) sia la condizione
ideale per una moto, poiché corrisponde ad un assetto neutro; in realtà
non ci sono dati concreti che avvalorino questa supposizione.
Si possono creare carene che favoriscano la velocità in rettilineo e che
siano al tempo stesso più lente in curva o viceversa, ma poco si sa degli
effetti aerodinamici in fase di curva, quando la moto si inclina, il pilota
si sporge e l’assetto delle sospensioni, che soprattutto in curva
controlla
l’altezza della moto, ha un forte impatto su L/D. In curva le pance e
i fianchi delle carene corrono molto vicino all’asfalto, e potrebbero
generare degli effetti simili al fondo piatto delle F1. È sicuro che una
certa forza aerodinamica verticale venga generata dalle carene in questo
frangente, ma rimangono due grossi interrogativi: primo, quale è il verso
di questa forza: si tratta di deportanza o di portanza? E secondo: siamo
sicuri che questa forza (frutto per ora più o meno del caso) sia quella
ottimale ai fini del risultato cronometrico? Gli ingegneri italiani Giuseppe
Ganio e Giorgio Pagliara sono stati i primi a cercare di far luce su questi
interrogativi.
Lo studio italiano
LO STUDIO ITALIANO Tutto cominciò con l’arrivo di un software che
abbatteva tempi e costi del calcolo CFD, e che permetteva di studiare oggetti
che fino ad allora non erano mai stati studiati. Dopo gli incoraggianti
risultati ottenuti su un piccolo kart, nel 2006 la Ilmor-Suter si mostrò
interessata ad approfondire l’aerodinamica della nascente X3 da MotoGP.
Il naufragio del progetto X3 portò con sé questo studio, che è stato proseguito
dagli autori sfruttando la carena di una Honda CBR 250, il cui profilo
era noto e le cui dimensioni erano simili a quelle di una MotoGP. La maggior
parte delle moto hanno una sezione “panciuta”, probabilmente perché
ottimizzate
per il rettilineo, che comporta un L/D molto vicino a quello della CBR
250. Partendo dunque dalla moto in assetto da rettilineo, si è passati
a simulare curve a destra con diverse inclinazioni, vicine ai valori plausibili
in gara (54°-56°).
Simulatore: sorprese e soluzioni
SIMULATORE: SORPRESE E SOLUZIONI Le simulazioni hanno
prodotto
un risultato imprevisto. Nonostante lo schiacciamento della vena d’aria
(cioè il restringimento della sezione attraverso cui passa l’aria) tra
la carena in piega e l’asfalto, che dovrebbe provocare
un’accelerazione
del flusso (un fluido si muove più velocemente in una sezione più stretta
rispetto ad una più larga) e quindi deportanza (pressione superficie sono
direttamente proporzionali perché il rapporto tra la prima e la seconda
è uguale alla portata che è una costante, perciò la pressione matematicamente
diminuisce quando diminuisce la sezione), i risultati sembravano invece
indicare che la moto ha una tendenza naturale ad essere portante in curva.
Quello che accade è cioè che il pilota, sporgendosi, genera della deportanza,
ma la moto, soprattutto nella parte bassa, genera molta più portanza per
un rapporto L/D di circa 0,4. Questo risultato ha spinto gli autori a tentare
di modificare la carena per ridurre il rapporto L/D rendendolo negativo,
o quantomeno neutro.
Appurato che il regolamento FIM consente alcuni interventi utili a questo
scopo, si è deciso di creare un fondo piatto in stile auto racing: con
questa geometria, l’L/D è stato ridotto a 0,1 con un’efficienza in
rettilineo
attorno a 0,06 – quindi un comportamento pressoché neutrale.
Le figure della gallery mostrano le zone di pressione massima e minima
sulla superficie della moto. In presenza dei colori caldi (rosso e giallo)
c’è una pressione più alta, viceversa per i colori freddi (blu e viola).
La zona di giallo all’ingresso carena, a lato interno curva, è la ragione
per cui la moto “porta”; la zona di blu all’ingresso spoiler
nella versione
con fondo piatto è la causa principale della riduzione della portanza per
questa carena. Poiché il pilota è fonte di deportanza, mentre la moto è
portante, è interessante notare come nasca un momento torcente (forze opposte)
che tende a raddrizzare la moto e può disturbare il pilota.
Moto difficile in curva
MOTO DIFFICILE IN CURVA I risultati ottenuti, i primi ad essere
pubblicati
e discussi, aprono un mondo: la possibilità di studiare la deportanza della
moto e farla giocare a proprio favore. Sono necessari il coraggio di cimentarsi
in uno sviluppo che è al di fuori dei canoni tradizionali e prove in pista,
per valutare l’effetto potenziale delle modifiche proposte dai modelli
studiati al computer: è auspicabile che i team inizino a lavorarci
sistematicamente.
Se il modello è corretto, le conseguenze sono infatti inequivocabili: a
prescindere dalle sensazioni e dal feeling che un pilota può avere, con
una moto portante come quelle attuali andare veloce in curva è più difficile.
Maggiore velocità significa infatti maggiore portanza, quindi meno grip
dei pneumatici (proporzionale alla forza che schiaccia la moto a terra).
Un’ulteriore conseguenza di questo fatto è la tendenza, naturale nelle
gare di moto, a formare “trenini”: chi sta dietro non solo beneficia
dell’effetto scia in rettilineo, ma anche di più grip in curva. La scia
infatti diminuisce in generale la forza aerodinamica: in rettilineo la
resistenza, e in curva la portanza che come abbiamo visto ha un effetto
negativo. In F1 avviene l’esatto contrario, infatti, poiché le monoposto
hanno la caratteristica di essere molto deportanti e quindi di raggiungere
velocità più elevate, il pilota non può stare troppo vicino all’auto che
lo precede, perché rischia di perdere il controllo. Se in futuro si dovessero
vedere meno trenini in MotoGP, quello sarà il segno che lo studio della
aerodinamica in curva si sarà diffuso.
Spettacolo o benefici?
SPETTACOLO O BENEFICI? Rimane
da capire se studiare le carenature al computer sia un bene o un male per
lo spettacolo, dopo che in F1 si è dovuto dare un freno allo sviluppo prima
dell’aerodinamica, e ora anche dell’elettronica. Ciò non toglie che
in
uno sport dove quello che conta è andare più veloce degli altri, una soluzione
che funziona non resti a lungo inesplorata. Al momento una moto dipende
molto dal pilota, come dimostrano le differenze tra prime e seconde guide
in F1 (qualche decimo al giro) e in MotoGP (fino a qualche secondo al giro),
mentre dipende molto poco dall’aerodinamica.
Se in F1 (L/D = 3) girare senza
alettoni può costare decine di secondi al giro, in MotoGP (L/D = 0,3) lavorando
bene si può forse pensare di fare qualche decimo di differenza, che si
guadagnerebbe soprattutto in uscita di curva dove il maggior grip permesso
dalla deportanza consentirebbe di accelerare di più. Forse l’effetto
maggiore
si sentirebbe dove i cavalli sono pochi, come in 125. Ma per sapere cosa
succederà davvero, dovremo aspettare che le moto siano uscite dall’età
della pietra. Non dovrebbe volerci molto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA