L'inizio
La 750 SF è considerata un po’
il capolavoro di Massimo Laverda, uomo onesto e sincero.
La Laverda nei primi Anni '60 si batte per non essere travolta dalla crisi.
Le prova un po’ tutte. Ma nessuno dei modelli presentati porta
risultati
apprezzabili. Né lo scooter 50 a 4 tempi, né quelli a 2. Tantomeno
le 125, giunte in ritardo in un mercato dominato da Moto Guzzi, Gilera,
Moto Morini, MV e Benelli. Solo con le macchine agricole e il discreto
risultato della 200 (più che altro all’estero), la Casa di Breganze sta
a galla.
Poi Massimo Laverda ebbe quella che potremmo chiamare la “magnifica
intuizione”.
Che tempo fa ebbe modo di raccontarci così.
“La terra promessa allora era l’America e là mi sono recato per
studiare
la situazione e vedere che possibilità c’erano. Contrariamente a
mio
padre, avevo la moto nel sangue da sempre e avrei fatto di tutto pur di
restare nel settore. Sono tornato a Breganze convinto
che
il futuro stava nelle grosse cilindrate e mi sono messo subito al lavoro
in questo senso con Luciano Zen, nonostante il parere
decisamente
contrario di mio padre che considerava addirittura immorale concepire moto
da puro divertimento di 650-750 cc".
"Era il 1964. Tutti negli USA mi avevano detto che la Honda Hawk 305
bicilindrica era la moto di maggior successo. Poi mi avevano raccontato
che c’era una forte tendenza all’aumento delle cilindrate. Insomma,
era
chiaro. Per imporsi sul mercato bisognava fare una Hawk di grossa
cilindrata.
Dunque, lo confesso. Comprai questa Honda e la portai in Italia per studiarla
bene. Ma non si può dire che l’abbiamo copiata da cima
a fondo,
anzi in corso d’opera abbiamo cambiato quasi tutto.”
Massimo Laverda sapeva davvero guardare al futuro. E questa sua nuova
prospettiva di vedere le cose non solo avrebbe salvato l’azienda di
famiglia, ma l’avrebbe condotta verso nuovi e straordinari traguardi.
Per capire bene tutto ciò bisogna considerare il periodo storico in cui
Massimo Laverda si muove.
Vediamo allora.
La scultura
Nel primo anno di consegne, il 1970, sono 1.096 SF immatricolate che salgono
l’anno dopo a ben 1.915, a un soffio dalla Honda CB750 Four (1.929) e
davanti alle Moto Guzzi V7 (1.787).
Nel 1972 la 750 SF è la maxi più venduta in Italia, un traguardo che
probabilmente
nemmeno Massimo Laverda può immaginarsi, ma che lo premia per aver saputo
vedere l’esatto evolversi del mercato. Le immatricolazioni toccano
quota 3.082. Ha sorpassato l’ambitissima Honda CB750 che totalizza
3.033 esemplari.
Seguono - tanto per farsi un'idea indicativa sui gusti dell’epoca - 2.300
Moto Guzzi V7, 1.509 Kawasaki Mach IV 750, 1.004 Benelli Tornado 650.
La Maxi Laverda ha un enorme bicilindrico. Ma al di là
dell’abbondante
dimensionamento, è moderno. E il prezzo è veramente competitivo:
1.020.000
lire nell’estate ‘72. (la Honda costa, come la Kawasaki, 1.280.000.
La
Guzzi V7 Sport ben 1.480.000 lire. Nasce un fenomeno).
La SF è amata da tanti. Anche chi motociclista non è, magari per la colorazione
arancione o rosso fuoco di gran moda. Ma come in tutte le cose c’è anche
il rovescio della medaglia. Nonostante si sia chiuso di un grado
l’inclinazione
del cannotto di sterzo e si siano abbassati il telaio di 2 cm e il motore
di 4 cm rispetto alla 750 S, la SF resta poco maneggevole e
“dura”
da inserire in curva. C’è poi il problema dell’eccessivo
sforzo che
richiede la leva della frizione - che la Casa cercherà di ovviare
(invano) nel corso degli anni - che nella guida in città “spacca” la
mano.
La SF resta sulla breccia nel ‘73-’74 subendo l’attacco dei
giapponesi
alle quali la Laverda risponde senza perdere tempo con la valida 3 cilindri
1000.
L’ultima versione con freni a tamburo è della fine del '72. Beneficia
del telaio (più basso di 5 cm) e del gruppo termico della supersport SF-C:
guadagna in agilità e prestazioni (+6 CV).
La 750 SF chiude la carriera il 6 febbraio 1978 dopo aver ricevuto aggiornamenti
estetici, freni a disco e cerchi in lega con un totale di 18.500 esemplari
venduti.
In sintesi
LA SCHEDA
Motore: a 4 tempi, bicilindrico parallelo inclinato in avanti di 25°,
teste e cilindri in alluminio con camicie riportate in ghisa speciale,
alesaggio per corsa 80x74 mm, cilindrata 743,9 cc, rapporto di compressione
9,65:1, distribuzione monoalbero a camme in testa comandato da catena duplex,
2 valvole per cilindro, aspirazione da 38 mm, scarico da 34 mm, diagramma
di distribuzione, aspirazione apre 60° pPMS, chiude 68° dPMI, scarico apre
78° pPMI, chiude 45° dPMS, manovellismo a 360°, potenza max 60 CV a 6.600
giri, coppia max 6,8 kgm a 5.500 giri, raffreddamento ad aria.
Alimentazione: due carburatori Dell’Orto VHB 30 AS (sinistro) e
VHB
30 A (destro), diffusore 30 mm, getto max 125, getto min 55, valvola gas
50, spillo conico V3 alla 2a tacca, polverizzatore 265N, vite aria aperta
di 1 giro e mezzo. Prese d’aria a cornetto. Capacità serbatoio 17,5 litri
(dal 1971 da 19 litri) di cui 3 di riserva (2,5 da ‘71).
Accensione: a batteria 12V con ruttore a due coppie di contatti montato
sulla sinistra dell’albero motore e bobina singola per ogni cilindro.
Anticipo min 0°, anticipo max 40°. Apertura tra i contatti 0,4 mm. Candele
Bosch 280.
Impianto elettrico: a 12V alimentato da dinamo Bosch da 150W comandata
da cinghietta. Batteria Bosch 24Ah.
Lubrificazione: a carter umido con pompa ad ingranaggi, capacità coppa
3 kg di olio Sae 10W-40 da sostituire ogni 3.000 km circa.
Trasmissione: primaria a catena triplex sulla sinistra, rapporto
2,2 (z 25/55), secondaria a catena sulla destra da 5/8”x9,6, rapporto
2,1 (z 19/40). Rapporti totali di trasmissione: 12,099 in prima, 8,699
in seconda, 6,347 in terza, 5,419 in quarta, 4,620 in quinta.
Frizione: in dischi multipli in bagno d’olio con comando a cavo.
Cambio: a 5 marce con comando sulla destra. Valore rapporti interni:
2,619:1 in prima, 1,883 in seconda, 1,374 in terza, 1,173 in quarta, 1,000
in quinta.
Telaio: in tubi di acciaio formanti trave superiore e motore con funzione
portante. Inclinazione cannotto di sterzo 28°.
Sospensioni: anteriore forcella Ceriani teleidraulica con ammortizzatori
a doppio effetto e steli da 35 mm, 170 cc di olio per gamba, posteriore
forcellone oscillante con due ammortizzatori Ceriani teleidraulci regolabili
su tre posizioni di molla.
Freni: Laverda, anteriore e posteriore a tamburo centrale da 230 mm
a doppia camma.
Ruote: cerchi in alluminio a raggi, pneumatici 3.25-18 anteriore, 4.00-18
posteriore, pressione di gonfiaggio ant 1,8 bar, post 2,2.
Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.190, interasse 1.490, larghezza
manubrio 680, altezza max 1.050, altezza sella 800, altezza pedane 300,
luce a terra 170, peso a vuoto 218 kg.
Prestazioni: velocità max 190 km/h, consumo 6 litri per 100 km (16,6
km/l).
Varianti SF 1973
Potenza max 66 CV a 7.300 giri, coppia max 6,1 kgm a 6.000 giri. Rapporto
di compressione 8,9:1, diametro valvole, aspirazione 41,5 mm, scarico 35,5
mm, diagramma di distribuzione aspirazione apre 45° pPMS, chiude 70° dPMI,
scarico apre 65° pPMI chiude 52° dPMS. Carburatori Dell’Orto PHF 36 AS
(sinistro) e PHF 36 AD (destro) con pompetta di ripresa, getto max 140,
getto min 60, valvola gas 40, spillo conico K2 alla seconda tacca,
polverizzatore
265, scatola filtro ermetica. Pneumatico anteriore da 3.50-18, batteria
da 27Ah. Lunghezza 2.200, larghezza manubrio 675, altezza max 1.000, altezza
sella 810, luce a terra 150.