
Le
viste classiche della
Laverda LH3 ne mettono in evidenza il
ridotto
ingombro e la notevole altezza da terra. La forcella
Marzocchi
TZ1
della prima serie rimane invariata (escursione 220 mm), così
come gli
ammortizzatori
Marzocchi a gas. I mozzi freno conici Grimeca
sono
da 140 mm sia anteriormente che posteriormente. La ruota posteriore può
essere smontata senza togliere freno e corona.
In azione con la
Laverda LH3 del 1979.
La famiglia LH venne sviluppata inizialmente anche con la collaborazione
del Campione italiano di Cross Italo Forni, che infatti diede
un’
impostazione
decisamente crossistica. Il basamento motore ha i carter tagliati
verticalmente.
La leva del cambio e la pedivella dell’avviamento restano solidali ai
coperchi dei carter. L’
albero motore poggia su cuscinetti a doppia
pista a sfere, mentre gli alberi del cambio ruotano su cuscinetti a sfere.
Il monocilindrico Husqvarna veniva rivisto a Breganze, dove si
incrementava
di circa 3 CV la sua potenza.
Il
telaio monoculla chiusa in tubi d’acciaio della LH3 è
sostanzialmente
simile a quello della LH1 presentata nel 1976. Compreso il forcellone
pesa 12,5 kg. Il blocco motore pesa invece 24 kg.

La
produzione di moto da fuoristrada della Laverda nella prima metà degli
anni Settanta ruota attorno alla
Chott 250. Un modello (vedi
Motociclismo
d’Epoca 12/1-2004) pesante, poco potente e con problemi di
affidabilità
che non suscita gli entusiasmi dei fuoristradisti più esperti. Per
scendere
di categoria ed affrontare il
combattuto segmento delle ottavo di litro,
non c’è molto tempo a disposizione e in Laverda piuttosto che
sviluppare
in proprio un 2 tempi, firmano un
accordo con l’Husqvarna per la
fornitura
dei motori. Nasce così nel 1976 la LH1, spinta dal monocilindrico a
2 tempi svedese (alesaggio per corsa 55x52 mm, cilindrata totale 123,4
cc), con distribuzione a lamelle, carburatore Dell’Orto PHBE da 32 mm,
cambio a sei velocità ed accensione elettronica.
Il telaio è un
monoculla in tubi d’acciaio
al cromo molibdeno, le sospensioni sono
Marzocchi con forcella
TZ1 da 35 mm dotata di foderi in magnesio e, al posteriore, una coppia
di ammortizzatori a gas con 375 mm di escursione.
Il nome LH1 significa
ovviamente Laverda-Husqvarna, con il numero 1 a simboleggiare il primo
modello di una serie che arriverà con i dovuti aggiornamenti fino alla
4 del 1979. Per la colorazione viene scelto l’
arancio Laverda che
contraddistingue le maxi stradali, giusto per sottolineare l’indole
sportiva
del modello che infatti riesce a distinguersi nelle gare di Regolarità.
Ancora meglio però riuscirà a fare la
sorella maggiore di 250
cc che
affiancherà la 125 nei listini della Casa veneta (cancellando il ricordo
della Chott) fino al suo disimpegno nel settore del fuoristrada, avvenuto
alla fine degli anni Settanta.
Caratteristiche tecniche
Riferite alla versione LH1 del 1977
Motore: monocilindrico due tempi raffreddato
ad aria. Alesaggio per corsa 55x52 mm. Cilindrata totale 123,4 cc.
Rapporto di compressione 13,5:1.
Alimentazione: carburatore Dell’Orto PHBE
da 32 mm. Miscela al 4%.
Accensione: elettronica Motoplat 6V-35W.
Frizione: multidisco in bagno d’olio.
Cambio: a 6 rapporti ad innesti frontali.
Telaio: monoculla chiusa in tubi d’acciaio.
Sospensioni: anteriore forcella Marzocchi
ZTI da 35 mm; posteriore forcellone oscillante con due ammortizzatori Marzocchi
a gas regolabili su tre posizioni.
Freni: anteriore e posteriore a tamburo
Grimeca 140 mm.
Ruote: a raggi con cerchi in acciaio Akront.
Anteriore 21”; posteriore 18”.
Pneumatici: anteriore 3.00- 21; posteriore
4.00-18.
Dimensioni (in mm) e peso:
interasse 1.440,
lunghezza 2.120,
larghezza 900,
altezza sella 990,
altezza pedane 390.
Prestazioni: n.d.
Prezzo: 1.308.000 lire.
Note: Provata da
Motociclismo fascicolo
7/1977.
Dati rilevati: potenza max non rilevata.
Velocità max 117,640 km/h.
Accelerazione 0-400 metri 16,935 secondi.
Peso a vuoto 96 kg.