Introduzione
Immaginate la cosa più divertente
efficace e maneggevole che possiate guidare, aggiungete un po’ di carbonio
e titanio e date una spruzzatina di arancio: cosa avete ottenuto? La Kappa
LC4 ufficiale di Kinigadner del 2001 ovviamente! Una supermotard entusiasmante,
con una cavalleria esuberante ma facile da gestire, oltre che perfettamente
imbrigliata dentro un telaio rapido ma mai nervoso.
I tecnici della Casa hanno dovuto lavorare
non poco, ma alla fine il risultato è dei migliori. La LC4 ufficiale
è molto più snella e agile della moto da cui deriva, e anche il motore,
pur se potentissimo (si parla di 78 CV) risulta gestibile e sfruttabile
fino all’ultimo cavallo.
Ma del resto abbiamo imparato che in
Austria quando decidono di fare qualcosa fanno di tutto per farlo al
meglio.
Lo hanno dimostrato nello sport, dove nel mondiale cross hanno allestito
una 125 in grado di sbaragliare la concorrenza, e lo hanno dimostrato anche
nella normale produzione di serie: la Yamaha ha rivoluzionato il mondo
del fuoristrada con 4T? Loro hanno fatto altrettanto ma con l’aggiunta
del avviamento elettrico! E ancora, il settore del Supermotard
“tira”?
Allora il Marketing ordina che si deve investire molto, ma con strategia.
E in casa KTM vogliono che l’idea di Supermotard sia associata
alla
famiglia LC4, quella coi motori grossi per intenderci, una famiglia
che in Germania vende a più non posso (quasi 5.000 pezzi all’anno): la
moto è grossa (difatti in Italia Farioli e company le hanno preferito la
“piccola” 520 da gara), ma il motore è indistruttibile e il riflesso
sulla produzione stradale è in questo modo fortissimo.
Ma in Austria hanno saputo risolvere
brillantemente anche questo problema...
La moto
Qual'è il modo migliore di trasformare una relativamente tranquilla 4T
in un mostro da pista in grado di conquistare il gradino più alto del podio?
Semplice, si chiama un supertecnico della velocità, uno che di geometrie
per l’asfalto se ne intende davvero, e gli si dice di costruire uno
“scheletro”
attorno al monocilindrico
640 cc.
Cannotto regolabile, attacco posteriore dell’ammortizzatore idem e il
gioco è fatto: praticamente la LC4 si trasforma da fuoristrada pura in
una stradale “cattiva”, con infinite possibilità di
regolazioni.
Per il motore è stato ancora più semplice: tutto il bagaglio d’esperienze
con la Dakar era lì pronto e portare il 640 cc fino al massimo della
sua cubatura e della sua potenza rientrando nei limiti dell’affidabilità
non è stato difficile. Inoltre è possibile salire ancora di più coi
CV, per via delle manche brevi e quindi meno esasperanti e della aderenza
totale rispetto al fuoristrada (slick/asfalto contro tassello/terra).
Sistemato la ciclistica, e potenziato il motore, l’ultimo
passaggio
sono state le sovrastrutture di serie, un poco ingombranti: in KTM non
ci hanno pensato troppo, stesso look ma ergonomia rifatta, sfruttando
la fibra di carbonio che consente di modellare a piacere la forma. Il filtro,
non avendo problemi di sporcizia come il cross, è lasciato molto più libero:
questo permette di far respirare meglio un motore così “pompato”, ma
l’assenza di una cassa vera e propria lascia anche più spazio per una
seduta più aggressiva. La moto è così identica o quasi
all’originale,
e di questo il marketing ringrazia, e in più è supercompetitiva dal punto
di vista della guida. In gara vince, su strada vende. Un equazione
semplice a dirsi, meno a farsi. Il problema è che, oggi, se non vinci non
vendi. Questo, KTM, sembra averlo capito molto, molto bene.
Il motore
La protagonista della prova è quella di Klaus Kinigadner, fratello del
più noto Heinz, due volte campione mondiale cross 250 e poi anche veloce
rallysta (oggi gravita nella gestione sportiva austriaca e ha molta voce
in capitolo nelle strategie aziendali): Klaus non ha vinto nel 2001, ma
la sua moto, come tutte le Kappa “factory” si è mostrata altamente
competitiva.
Il monocilindrico raffreddato a liquido 4 valvole è stato accuratamente
preparato dagli specialisti del reparto corse di Mattighofen e le modifiche
sono state tali e di tale entità che si può parlare di parentele con
l’unità
di serie solo per l’aspetto estetico. La cilindrata è stata
innalzata,
arrivando a superare i 700 cc, grazie all’adozione di un nuovo cilindro
e di un pistone molto leggero: alesaggio e corsa sono quote top-secret,
ma di sicuro si tratta di un motore nettamente superquadro. Il pistone
è vincolato all’albero in acciaio con una biella in titanio, utilizzata
per la leggerezza e per la resistenza di questo materiale.
Molte le modifiche al propulsore, che unite all’esperienza, e a molte
ore al banco prova, hanno consentito di ottimizzare la conformazione delle
aree di squish (cioè quelle porzioni di camera di combustione che
contribuiscono,
durante la compressione, a spingere i gas freschi verso la zona dove saranno
bruciati) e del rapporto di compressione ideale. Quest’ultimo, in
particolare,
è stato molto curato dai motoristi austriaci, in quanto se troppo basso,
chiaramente, non consentirebbe di raggiungere le potenze richieste e se
troppo elevato porterebbe il motore a “murare” agli alti regimi,
perdendo
le necessarie doti di allungo. A erogare la giusta quantità di miscela
aria-benzina c’è ora un carburatore Keihin a valvola piatta da 41 mm
(una
scelta comune a quasi tutte le SM ufficiali), mentre allo scarico ci ha
pensato lo specialista Akrapovic, realizzando dei collettori doppi
all’uscita
della testata che si riuniscono all’altezza del fianco del cilindro,
per
terminare nel silenziatore in titanio.
Vi sono alcune differenti soluzioni per lo scarico, a seconda dei circuiti
e delle preferenze del pilota (le diverse configurazioni variano
l’erogazione
della coppia). Anche il “sotto” del motore KTM è stato rivisto, in
particolare
per quel che riguarda il cambio, più robusto e la frizione che monta dischi
speciali e molle più dure per sopportare la notevole coppia del mono KTM.
Ma forse la cosa che può “spiegare” meglio di tutte il propulsore
austriaco sono i dati: 78 CV e circa 7 kgm di coppia, valori che danno
la misura di che cosa significhi guidare di traverso un “mostro”
simile!
La ciclistica
Per controllare tanta potenza, la ciclistica è stata rivista praticamente
in ogni particolare, a partire dal telaio, ridisegnato nella zona di attacco
del forcellone, dove è stata inserita una boccola per consentire di variare
l’altezza del retrotreno.
L’ammortizzatore, interamente regolabile, è vincolato al forcellone con
l’interposizione di leveraggi che definiscono la progressione desiderata
dal pilota. All’anteriore la forcella WP da 48 mm
“factory” è vincolata
al telaio con delle piastre in ergal ricavate dal pieno e dotate di
un inedito sistema di regolazione dell’inclinazione del cannotto di
sterzo.
E’ possibile variare l’inclinazione di più o meno 1°, con la
possibilità
di scegliere 7 posizioni intermedie, per centrare perfettamente la geometria
desiderata dal pilota. Le ruote sono da 5,5x17” al posteriore,
mentre
anteriormente viene montato un cerchio da 3,5”, con la possibilità di
scegliere un diametro di 16” o 17”. E’ prevista una replica
di questa
moto per il 2002 (si è vista al Motor Show), che monterà posteriormente
un cerchio da 5”, dato che quello da 5,5” è decisamente
“strizzato”
nel forcellone di serie, tanto che la catena incide profondamente il bordo
del canale della moto “factory”: d’altronde i vantaggi del
cerchio più
largo nell’uso estremo portano ad accettare questa soluzione
concettualmente
poco gradevole.
Il mozzo posteriore è standard, mentre all’avantreno viene montato un
Talon ricavato dal pieno. La frenata è affidata a un disco Brembo da 320
mm, accoppiato a una pinza (sempre Brembo), a 4 pistoncini
differenziati
(non è della serie Triple Bridge, cioè con ponticello centrale di irrigidimento,
non scelta al momento perché meno modulabile nella parte iniziale della
frenata). Per garantire il necessario raffreddamento anche nelle condizioni
proibitive durante le gare, è stata montata una grande presa d’aria
(costruita
dal reparto corse) che abbassa la temperatura del disco e della pinza.
Altre modifiche riguardano il serbatoio, ora in alluminio (4,7 litri) e
il recupero sfiati, realizzato sulla parte finale del tubo discendente
anteriore del telaio, sfruttando un filtro olio svuotato delle parti
interne.
Una curiosità: al pedale del cambio viene fissato un cavetto di acciaio,
per evitare che, ne caso di duri contatti con l’asfalto, venga strappato
impedisca di terminare la gara. Una finezza usata nel fuoristrada, per
non strappare cambio e freno posteriore nei solchi. Nel Supermotard di
canali non ve ne sono, ma i contatti con altri piloti sono molto
frequenti e, la maggior parte delle volte, riservano sempre brutte sorprese...
La prova
Ecco come va la Kappa LC4 Factory attraverso le parole del nostro Roberto
Ungaro. La prima cosa che impressiona è l’estetica: sembra identica alla
LC4 ma, a un metro di distanza, ci si rende conto che è più piccola. Il
serbatoio è più stretto e consente una seduta più avanzata. Non siamo a
livelli di VOR, Vertemati e forse anche Husqvarna che sono ben più sottili
ed estreme, ma rispetto alla serie questa LC4 offre un’ergonomia molto
più “pistaiola”.
Forcella e mono fanno impressione a moto ferma: sembrano inchiodati,
vanno giù a malapena e sono controllate da un’idraulica molto
“chiusa”.
Addirittura, il posteriore è praticamente privo di negativo: sollevato
il codino, non c’è un mm di corsa a vuoto della ruota. Alla prima curva,
invece, quella sensazione di rigidità assoluta scompare. Questa è una
cosa curiosa del Supermotard, che mi è capitato di riscontrare più volte
con le moto “giuste”: nel box sembrano dure assi di legno, in pista
le
sospensioni lavorano alla perfezione e danno il giusto sostegno.
Torniamo
alla LC4: fino a poco tempo fa i motori delle Supermotard, potendo contare
su ruote con tanto appoggio e grip a terra (asfalto invece che la terra
del fuoristrada) erano stati esasperati a livello di potenza e di prontezza
di risposta. Questa Kappa, invece, segna un passo avanti e, per certi
versi, involutivo.
Infatti, più che CV (anche se sono tantissimi), è stato cercato
l’utilizzo.
La moto è molto potente, ma davvero tanto, si sente che c’è un
pistone
enorme che pompa (chissà che razza di cilindrata sarà...), eppure ha
un’erogazione favolosa. Sale lineare, veloce ma progressiva, non dà
alcuna “fiondata” e consente di aprire, anche tanto, a moto ancora
piegata,
dentro la curva. Appena raddrizzata, se si spalanca la moto tende a
impennarsi, ma lo fa dolcemente, con la ruota sollevata una sola spanna
da terra. E continua così per decine di metri. Una favola. Una volta,
guidare una Supermotard “giusta” voleva dire avere a che fare con
una
specie di toro meccanico: a ogni manata corrispondeva una reazione esplosiva
da governare, da contrastare.
Una guida da sogno...
Su questa Kappa tutto fila liscio: c’è potenza da vendere, eppure viene
voglia di aprire perchè non imbarazza. Non scalcia, ma fa fare dei metri,
con la ciclistica che ringrazia perchè va meno in crisi. Con una moto del
genere il tempo sul giro viene prima di quanto ti aspetti, ma soprattutto
riesci a girare di passo veloce senza troppo affanno. In curva questa
Kappa non è eccezionale: entra bene, ma non è agilissima. Fra le gambe
rimane comunque non strettissima e il peso non è esageratamente basso.
Sul paletto, per intenderci, o nei tornanti secchi di ritorno, ci sono
moto che “guizzano” meglio, ma è nelle curve di medio e ampio
raggio
che svela il suo segreto: gira veloce e ferma tra le mani, costante nella
sua percorrenza. Con slick del genere praticamente non c’è limite
alla piega e così sembra di poter entrare ogni giro più forte. Ottobiano
è una pista media, non ha tratti e curvoni veloci, ma comunque è già un
bel banco prova per poter saggiare le doti di telaio di una moto.
Questa Kappa convince per bilanciamento: probabilmente una KTM 520
altrettanto
preparata potrebbe essere più leggera e reattiva, ma questa sul veloce
si rifà ampiamente e, soprattutto, rende questo suo potenziale alla
portata di molti. E’ una moto favolosa perché va fortissimo, ma
soprattutto
perché ha potenza sfruttabile. La frenata è buona, ma anche questa
non è impressionante. Si arriva a far inchiodare la ruota anteriore, ma
la leva va spremuta abbastanza. E prima che succeda, con una moto del genere,
sicuramente si è già per terra.
Ah, dimenticavo: il rumore d’aspirazione è impressionante. Aprendo dal
tutto chiuso si sente un risucchio sconvolgente, proprio sotto il naso,
enfatizzato dalla cassa filtro che è per buona parte aperta, a vista.
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