Com'è fatta
Per il 2005 ne arriveranno in Italia soltanto 350 esemplari ma c’è da
giurare che andranno esauriti in fretta. La KTM 990 Superduke è una nuda
tutta muscoli e carattere. L’abbiamo guidata e vi anticipiamo che sarà
un “brutto cliente” anche per mostri sacri come Ducati Monster e
Aprilia
Tuono. Arriverà a febbraio e costerà meno di 12.000 euro.
Era da un po’ che gli appassionati la aspettavano, precisamente da quel
Salone di Monaco del 2002 quando per la prima volta fu mostrata
al mondo, ancora in veste di prototipo. KTM ha voluto fare le cose per
bene, arrivare alla versione definitiva con le carte in regola
per
infastidire seriamente la più accreditata concorrenza. Obiettivo raggiunto;
la 990 Superduke va davvero forte, si guida
sportivamente
in scioltezza, ha un motore “cattivo” ma anche pastoso e una
distribuzione
dei pesi azzeccata. La sua linea può sembrare forse fin troppo
all’avanguardia
ma è perfettamente intonata al carattere da “streetfighter”.
Tecnicamente motore e telaio sono di provenienza Adventure 950, opportunamente
rivisti per l’uso sportivo stradale. Il bicilindrico a V di 75°
con lubrificazione a carter secco cresce nella cilindrata da 942
a 999 cc aumentando le misure di alesaggio e corsa a 101x62,4 mm.
L’opera di potenziamento e alleggerimento ha interessato pistoni, alberi
a camme, bielle e albero motore. Via i carburatori arriva l’iniezione
elettronica con due corpi a doppia farfalla da 48 mm. La potenza
cresce da 98 a 120 CV a 9.000 giri ma sono soprattutto bassi e medi
regimi a beneficiare del più moderno sistema di alimentazione, la coppia
massima dichiarata è infatti di 10,2 kgm a 7.000 giri, con 8 kgm
già disponibili a 4.000 giri. Il cambio a 6 rapporti è stato rivisto
nella spaziatura per l’uso stradale. Il rispetto dei limiti della
normativa
Euro2 è garantito dalla presenza del catalizzatore allo scarico.
Piccola e compatta da qualsiasi angolazione la si guardi, la Superduke
990 ha un interasse di 1.438 mm, poco più corto di una Ducati Monster
S4R, poco più lungo di una Triumph Speed Triple. Al telaio a traliccio
in acciaio è associato un forcellone in alluminio dalla forma
tradizionale. La sospensione posteriore è del tipo PDS, senza
leveraggi progressivi la cui funzione è affidata a molla e idraulica
del monoammortizzatore stesso che si indurisce man mano che si comprime.
Di alto livello il reparto sospensioni, firmato ovviamente WP:
forcella a steli rovesciati da 48 mm completamente regolabile, come
la sospensione posteriore che offre addirittura le regolazioni per alte
e basse velocità.
La frenata è affidata ad un impianto Brembo con grossi dischi
flottanti da 320 mm su cui agiscono pinze "Triple Bridge"
a 4 pistoncini e 4 pastiglie... roba da supersportiva! Al posteriore
c’è un disco da 220 mm con pinza a pistoncino singolo.
Dal punto di vista tecnico le premesse sono davvero eccellenti, con
componentistica
di alto livello ed ampiamente collaudata. Per la strumentazione
avremmo preferito un componente dedicato, invece è lo stesso della Adventure,
azzeccato sulla “endurona” perché compatto e minimalista, ma su una
naked
ci vorrebbe qualcosa più in sintonia con il carattere della moto.
Su strada
L’approccio alla Superduke è positivo fin dai momenti che precedono
l’avviamento.
Le finiture sono curate, la posizione in sella presenta una buona
ergonomia
anche se la sella è abbastanza alta da terra (855 mm). Il peso
dichiarato
è di 184 kg senza benzina; ci sembra veritiero, infatti la 990
si
sposta bene anche in parcheggio.
Dito su “start” e il V75 prende vita. Il rumore di
scarico è profondo,
piacevole.
Le vibrazioni sono inferiori rispetto alla Adventure e la
meccanica
è silenziosa. Gli strappi nelle marce alte si presentano in sesta sotto
i 3.000 giri, per il resto il motore è pronto ed elastico e si buttano
dentro le marce coadiuvati dal cambio preciso e dalla frizione abbastanza
morbida. Per divertirsi non c’è bisogno di “tirarle il
collo”, basta
guidare “allegri” sfruttando coppia e tiro ai medi regimi,
pennellando
curve e controcurve con disinvoltura. Però, sapere che sotto al
serbatoio scalpitano 120 CV fa venire una certa curiosità…
Cominciando a tirare viene fuori l’anima della Superduke. Sotto i 4.000
giri non fa gridare al miracolo, ma superata questa soglia comincia la
“giostra”: sale di giri con veemenza, la spinta è vigorosa in
tutte le marce e in prima e seconda è difficile tenere la ruota anteriore
attaccata al suolo.
Tra le curve l’agilità è esaltante, come la maneggevolezza, tanto
che viene spontaneo dare la “manata” in uscita di curva per cercare,
a piacimento, la perdita di aderenza o l’impennata.
Sul veloce la stabilità non viene mai meno e sullo stretto c’è
ottima trazione, semmai abbiamo notato qualche alleggerimento dello
sterzo ma è normale su una moto potente e maneggevole.
Le sospensioni hanno una taratura di base abbastanza rigida, copiano
bene le asperità ma supponiamo che il pavé non sia il suo terreno preferito.
L’impianto frenante anteriore funziona alla grande mentre quello
posteriore richiede una certa pressione per intervenire con decisione.
Peccato per la scarsa autonomia concessa dal serbatoio da soli
15 litri di capacità (di cui 5 di riserva), sulle strade di montagna
che abbiamo percorso di buon passo la spia si è accesa dopo soli 115 km.
La Superduke sta arrivando e c’è da scommettere che anche su asfalto
nascerà
la tribù… degli “arancioni”.