Com’è cambiato l’allenamento dei piloti di oggi rispetto al passato?
“Io facevo motocross in inverno, poi andavo tanto in mountain bike; ma, quando correvo, ritenevo che l’allenamento migliore fosse guidare la mia moto da corsa più spesso possibile. Allora, però, non c’erano le restrizioni che ci sono oggi; potevamo organizzare sessioni di prova con le moto da Gran Premio in qualsiasi momento. Solo alla fine della mia carriera hanno cominciato a porre dei limiti. I piloti di adesso sono davvero preparati atleticamente; hanno un coach, un programma molto intenso di allenamento e sono seguiti in tutto e per tutto. Peccato però che i test con le MotoGP siano così contingentati”.
Fisicamente sei molto simile a Rossi: aspetti positivi e negativi della tua altezza?
“Il fisico di Dani Pedrosa aiuta ad essere più aerodinamici, ad accucciarsi sulla moto per fendere meglio l’aria. Però le gambe lunghe aiutano ad avere più controllo in curva potendo forzare maggiormente sulle pedane, specialmente in uscita di curva. L’altezza è molto utile anche in frenata: se ti alzi col busto opponi maggior resistenza all’aria, dunque rallenti più facilmente. Ora però lo stile di guida è completamente diverso e questo è dovuto all’elettronica. Noi stavamo molto più sulla moto, proprio per poterla controllare in caso, ad esempio, di perdite di trazione, lavorando sulle pedane. Oggi i piloti si sporgono tantissimo e spalancano il gas in uscita di curva, certi che l’elettronica farà egregiamente il suo dovere”.
Dualismo Rossi-Marquez: partendo dai fatti del 2015 fino agli ultimi eventi, che idea ti sei fatto?
“Certe cose le facevamo anche noi: quando qualche pilota doveva essere 'redarguito', entravamo all’interno e lo spingevamo all’esterno come per dirgli: “ma che cavolo stai facendo?” Valentino a Sepang (nel 2015, ndr) ha rallentato Marquez, che però lo stava ostacolando deliberatamente. La rivalità è un sentimento naturale e il sale delle corse, ma Marc è pericoloso: per esempio con con Aleix in Argentina non aveva motivo di cercare il contatto; era talmente più veloce che sarebbe bastata una curva in più per superarlo agevolmente. Non aveva alcun diritto di entrare così cattivo. Rainey diceva che non ha mai “sportellato” qualcuno senza averne l’intenzione; lui ed io a Brands Hatch nell’87 ci siamo colpiti diverse volte, tuttavia ci siamo sempre toccati carena contro carena, mai con angolazioni diverse col solo scopo di buttare fuori il rivale”.