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Kawasaki GPz 1100: ciao ciao carburatore

Prima tra le sportive di grossa cilindrata ad adottare l'iniezione elettronica, la GPz 1100 si dimostra potente e veloce, ma con un motore dalla erogazione sempre ben gestibile. Beve poco carburante, ma il propulsore consuma troppo lubrificante e scalda eccessivamente

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Non sempre le ciambelle riescono col buco. E neppure le sportive di gran serie e di grossa cilindrata dotate, per la prima volta in assoluto, dell'iniezione elettronica. La Kawasaki GPz1100, la quattro cilindri giapponese che nel 1981 apre la strada all'alternativa al carburatore (la estinzione di quest'ultimo è un fatto di questo decennio), non trova nel nostro Paese troppi consensi tra gli appassionati, uno spazio al vertice della categoria delle maxi sportive che le prestazioni assolute (potenza di 108 CV a 8.500 giri/min e una velocità massima che sfiora i 230 km/h) permetterebbero autorizzare. Quando la moto arriva in pista, quella di Monza con il test che Motociclismo propone ai suoi lettori sul numero di aprile 1981, tutte le "differenze funzionali dei confronti delle solite supermoto quattro cilindri coi carburatori -si legge dal commento dello storico collaudatore Riccardo Selicorni- non le abbiamo avvertite. Quella più apprezzabile consiste in una risposta più dolce ed equilibrata alle rapide aperture del gas a tutti i regimi, salvo qualche lieve esitazione appena sopra il minimo. Anche in decelerazione la risposta al comando del gas ci è parsa meno violenta, senza tuttavia inficiare l'effetto frenante del motore. Il propulsore prende i giri molto rapidamente, più di quanto da noi riscontrato sulle altre maximoto quattro cilindri e costringe a tenere ben d'occhio il contagiri altrimenti si rischia di superare presto la linea rossa a 8.500 giri".

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Insomma, non c'è quel cambio di passo che ci si aspettava, mentre nella guida di tutti i giorni qualche proprietario rileva un evidente "buco" di erogazione nell'apri-chiudi dell'acceleratore, oltremodo la centralina elettronica di controllo dell'iniezione appare troppo fragile. Le incertezze di erogazione sono da attribuire alla scelta del tipo di sistema di iniezione, realizzato da Hitachi su licenza Bosch. Il progetto è influenzato dal fatto che gran parte dei componenti, pur se miniaturizzati per l'uso su una motocicletta, derivano da impianti già largamente diffusi sull'automobile e non sono specifici per questo motore. Così uno dei parametri più importanti come la portata di aria dal filtro ai collettori è gestita da un misuratore a palette, che col suo ingombro fa da freno al passaggio dell'aria in aspirazione. Questi problemi non insorgono nel mondo a quattro ruote dove le cilindrate dei motori che usano l'iniezione sono almeno doppie oltre al fatto che questi propulsori hanno minori prestazioni assolute, inoltre, la guida di un'automobile è certamente meno "sportiva" di quella di una moto che corre veloce. La scelta di Kawasaki di aprire la strada a questa vera innovazione tecnica la si deve alla sempre La prima versione di questa innovativa Kawa viene archiviata - senza troppo onore e con qualche dubbio da parte degli appassionati - dopo solo un anno di vita. Per ritornare alla "ciambella" iniziale, la seconda volta che metti in forno un'altra bella torta se ci sai fare come pasticcere ne esce un prodotto fragrante e perfettamente rotondo dentro e fuori; così i tecnici di Kawasaki non sbagliano la seconda versione della loro GPz1100 quattro cilindri ad iniezione. Sarebbe meglio dire che il Costruttore giapponese interviene con efficacia sul difetto più evidente, nell'eliminare il tempo di ritardo di risposta all'acceleratore, mentre per quanto riguarda il vertice delle prestazioni deve ancora sottostare a quanto sa fare una carburatorissima Honda CB1100R, che ha la distacca di quasi 10 CV di potenza: il banco prova di Motociclismo rileva 106,7 CV a 9.000 giri/min per la Honda e 97,54 CV a 8.500 giri/min per la Kawa (valori registrati alla ruota per entrambe le moto).

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Pure in velocità massima la GPz è alle spalle della CB1100R, anche se il divario non è così evidente perché abbiamo una andatura di 230 km/h per la prima e 227,3 per la seconda. Anche nell'accelerazione da fermo sui 400 metri, altro parametro importante per decretare l'effettive prestazioni massime di una sportiva, la Kawasaki se la deve vedere una giapponese, la Suzuki GSX1000S, ovvero la controversa Katana disegnata dal visionario Hans A. Muth (il padre della linea della BMW R 100 RS): sulla strip della Pista Pirelli la Suzuki esce dalla base misurata in 11,205 secondi a una velocità di 189 km/h; la Kawasaki è vicinissima e le rende solo due decimi perché le fotocellule scattano al passaggio dopo 11,401 secondi, mentre la velocità fuori dalla base misurata è inferiore, 183 km/h. I cambiamenti tecnici, come abbiamo visto, si sono concentrati nell'iniezione con una rivisitazione profonda del layout del sistema di aspirazione: niente più "paletta" per misurare il passaggio dell'aria verso i corpi farfallati, ma una serie di sensori di temperatura aria e motore oltre che un dispositivo che monitora l'apertura dell'acceleratore. Tutti questi parametri vengono poi raccolti e gestiti da una centralina elettronica che amministra la quantità di carburante che viene iniettata nel collettore di aspirazione. Per l'avviamento a freddo resta una levetta da azionare: è a doppio stadio, con il primo scatto che serve da vero starter mentre il secondo aumenta il numero dei giri del motore per far scaldare più velocemente il propulsore.

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Altre modifiche rispetto alla prima versione sono una strumentazione più compatta, l'adozione di un cupolino che racchiude il quadrato faro e affranca, per un minimo, il pilota dall'aria, i silenziatori e il parafango anteriore. Per il resto la moto è uguale alla prima versione con il massiccio motore quattro cilindri raffreddato ad aria (più un radiatore del lubrificante appena sopra gli scarichi) con canne riportate in ghisa, albero motore che gira su cuscinetti a rotolamento, distribuzione a doppio albero a camme in testa con due valvole per cilindro. Per la parte ciclistica si ha un telaio dal disegno a doppia culla con due travi nella parte anteriore e dal cannotto di sterzo alla zona posteriore; le sospensioni sono standard con la forcella che usa l'aria per gestire il precarico e due ammortizzatori regolabili anche nell'idraulica, i freni a disco sono forati per eliminare il velo d'acqua nelle frenate

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Potente e lineare

La prova della GPz seconda versione si svolge durante l'estate del 1982 e subito emerge l'eccessivo calore che proviene dal motore. Una delle cause del flusso d'aria calda che investe le gambe del pilota è dovuta alla "carburazione" volutamente magra, condizione necessaria per passare i severi limiti anti inquinamento degli States e per abbassare la richiesta di carburante di un motore che è pur sempre tra i più potenti della categoria: i consumi, infatti, sono tra i meno rilevanti per una quattro cilindri di 1100 e si assestano su una media di 14,5 km/litro. La Kawa si avvia senza problemi da freddo e da caldo e mantiene una esemplare regolarità di erogazione eliminando le incertezze della prima versione. Di fatto, il passaggio all'iniezione ha rivitalizzato un motore che era arrivato, o quasi, alla soglia della pensione dandogli nuova vita. Nella prova si evidenzia però un eccessivo consumo di lubrificante in condizioni di temperature elevate e di velocità medie di 140-150 km/h: ogni 1.000 km il motore richiede 800-900 cc di olio. Nel report della prova si evidenziano pure le vibrazioni intorno ai 4.000 giri (nonostante il montaggio elastico del motore) e il cambio troppo rumoroso, ma viene valorizzata anche la guida di questa sportiva, che viene definita "piacevole ed esaltante. Non sapremmo proprio quali possano essere i difetti che distolgano il pilota dal gusto di guidare questa 1100 Kawa".

La maneggevolezza appare buona, ma si rivela critica in due occasioni: sui tornanti, a causa del lungo interasse e di un baricentro un poco elevato, e quando si cerca di modificare la traiettoria della moto in frenata. La taratura delle sospensioni è improntata sul dare il maggior comfort a pilota e passeggero; quando si vuole avere un maggior sostegno delle sospensioni si deve immettere aria nella forcella e incrementare il freno idraulico degli ammortizzatori. La tenuta di strada viene ritenuta la migliore tra le Kawa del tempo: "Di tutte le serie da 900 cc in su, questa moto ci è sembrata la più equilibrata in quanto a stabilità e precisione. Non bisogna dimenticare l'avancorsa di ben 120 mm, la ruota anteriore da 19", l'interasse di 1.540 mm... Sembrano ormai lontani i fantasmi di certe scodinzolate nei curvoni veloci, tanto care alle Z 900 e 1000 di qualche anno fa, ma il peso dell'albero motore prossimo ai 18 kg fa sentire il suo effetto appena il pilota chiude bruscamente il gas in curva, oppure quando le irregolarità dell'asfalto alterano bruscamente l'equilibrio delle masse, conquistato a fatica dopo tanti anni di esperienza , corse e produzione di serie. In poche parole, sul misto veloce è ancora una moto che richiede al pilota prestazioni fisiche e decisioni di guida". Insomma, è una vera Kawa.

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