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01 March 2011

Hendrik Von Kuenheim: "Il futuro della BMW è a 6 cilindri, ma potrebbero essere anche 3"

In un'intervista rilasciata in esclusiva a Motociclismo, nella sede di Monaco, il presidente di BMW, Hendrik Von Kuenheim, spiega i piani per lo sviluppo della Casa tedesca e anticipa anche quelli di Husqvarna.

Hendrik von kuenheim: "il futuro della bmw è a 6 cilindri, ma potrebbero essere anche 3"

 

Monaco (GERMANIA)- Abbiamo intervistato, in esclusiva, il presidente di BMW Motorrad, Hendrik Von Kuenheim, che ci ha spiegato come è nato e come potrà essere utilizzato il motore della super tourer K 1600 GT: un 6 cilindri che consuma meno di un 4 e può diventare un 3. L’abbiamo provata di recente, in Sudafrica per dirvi come va. Potete leggere il test completo su Motociclismo di marzo.  Trovate, invece, le prime impressioni di guida pubblicate sul nostro sito, cliccando qui.

 

 

Presidente Von Kuenheim il 6 cilindri è stata una vera sorpresa perché va contro la tendenza automobilistica alla riduzione delle cilindrate e dei frazionamenti, che anche BMW segue, sostituendo i 10 cilindri con gli 8, gli 8 con i 6 e i 6 con i 4…

“Non è un motore grande, anzi è molto piccolo: un’inezia più largo del 4 cilindri. Come costruttore automobilistico, abbiamo fatto motori a 6 cilindri per tutta la vita. Come costruttore motociclistico, questo è per noi un tema nuovo: ma abbiamo fatto il downsizing a livello di peso e l’efficienza è cresciuta: la 1600 consumerà meno della 1300.”

 

Per tenere il passo dell’auto, però, avreste dovuto fare un 3 cilindri turbo. Sempre di novità si sarebbe trattato.

“Vero. Ma vedete, la moto è un prodotto emozionale e il motore ne fa parte in modo così profondo da entrare già nel nome: motocicletta sta in origine per ‘bicicletta a motore’. Le nostre ricerche di mercato ci indicavano un buon potenziale per una top tourer con questo frazionamento in mercati come USA, Canada e Australia, che fanno comunque volumi molto interessanti. Quanto a un motore turbo, ad oggi nessuna Casa al mondo è arrivata a mandare in serie una soluzione del genere, se si eccettuano gli esperimenti fallimentari degli anni Ottanta. Il punto è che oggi questa soluzione non è più un problema tecnologico, ma di mercato: nessuna indagine ha mostrato interesse per una soluzione di questo tipo. Ciò non toglie che, se questo interesse dovesse nascere, saremmo pronti.”

 

Quindi ci avete lavorato...

“Certo. Abbiamo realizzato dei prototipi, come li abbiamo anche di motori Diesel: abbiamo ben chiaro come dovrebbe essere fatto un Diesel da moto. Queste attività fanno parte della nostra ricerca, ma io vendo moto, e per l’80 % le vendo fuori dalla Germania: devo avere sempre il polso dei mercati, e ad oggi di sicuro non c’è alcuno sbocco per, che so, un bicilindrico turbo. Anche perché il motociclista medio non percorre più di 5.000 km l’anno, e l’aspetto dei consumi è secondario: le moto rappresentano il 2,3% del traffico stradale europeo, e l’1% del consumo di carburante. Per cui i prossimi motori saranno ancora più efficienti e leggeri, questo sì: ma non vedo perché dovrebbero scendere di cilindrata.”

 

Potreste fare a fette il 6 cilindri. Possono uscire 3 bicilindrici o 2 tre cilindri.

“Oh, certo: è stato studiato perché questo tipo di operazioni sia facile da fare, se non altro sulla parte termica. Ma il 6 cilindri in sé è nato per restare con noi a lungo: io ho 52 anni, e penso che il giorno in cui andrò in pensione questo motore sarà ancora in gamma. Per ora è su GT e GTL, la cui richiesta è stata insospettabile anche in Europa: i clienti sono divisi a metà, qualcosa che non ci aspettavamo.”

Certo non ci sono molte altre applicazioni per il 6 così com’è…

“Beh, c’era la Concept 6 che abbiamo portato a Milano nel 2009: non era affatto male. Su una naked il motore è tutto e nel 2010 le grosse nude hanno mostrato segni di recupero. Ma si tratta anche di un segmento molto sensibile al prezzo, e stiamo cercando di capire se una moto del genere sia un’offerta sostenibile nel tempo. Probabilmente no, temo. Il design ha un sacco di idee, ma il mio lavoro è di separare i sogni dai prodotti profittevoli. BMW è praticamente l’unica Casa ad aver superato la crisi senza smettere di crescere, grazie al fatto che siamo rimasti concentrati sul prodotto.”                 

 

 

Da togliere il sonno

Dopo la nuova super tourer, con il presidente della BMW affrontiamo il tema del mercato della motocicletta, del futuro della casa tedesca e quello di Husqvarna.

 

“È bello guidare la moto d’estate. Bellissimo; costruirle, però, è un altro paio di maniche. Questo è un lavoro brutale, e un mondo di tagliagole.”

Usa toni melodrammatici, Hendrik von Kuenheim, ma non riesce ad essere drammatico. In fondo è un finto burbero, un duro per mestiere ma non per indole. e un’oratoria rimarchevole: quando parla di moto è un fiume in piena e non lesina dichiarazioni ad effetto.

 

Partiamo dal mercato: negli anni del tracollo generalizzato, BMW ha continuato a macinare vendite e profitto. Come mai?

“Perché ci siamo dedicati a una sola cosa: il prodotto. Abbiamo scelto una strategia e la abbiamo mantenuta. Oggi ne vediamo i risultati, vendiamo tutte le moto che produciamo e stiamo saturando lo stabilimento di Berlino: nel 2011 il nostro collo di bottiglia sarà questo. A differenza di tutti i giapponesi non ci piace costruire lotto di migliaia di moto da lasciare poi in attesa su qualche piazzale pieno di container: BMW fa poco stock, le nostre moto sono sempre fresche.”

 

Fresche ma non proprio economiche. Non vi siete chiesti come mai i clienti BMW non hanno risentito della crisi?

“Non siamo solo noi: nel 2010 il segmento sopra i 750 cc ha fatto meglio degli altri, e quello al di sotto dei 500 cc è quello che ha sofferto di più. Le ragioni per questo fatto non sono del tutto chiare, ma io me lo spiego così: possiamo dividere l’Europa in due zone grossomodo omogenee, il Nord e il Sud. Nei mercati nordici la moto è un hobby e un piacere lussuoso, mentre in quelli meridionali è soprattutto un mezzo per il commuting da usare anche tutti i giorni. Nell’Europa del Nord, la crisi economica è stata mediamente meno severa, e la ripresa si è già tradotta in un recupero delle vendite di moto di grossa cilindrata, mentre in quella del sud sta durando di più, e in tempi di crisi si tende ad usare il proprio scooter per un anno in più anziché sostituirlo.”

 

Ma secondo lei la crisi è passata o no?

“La situazione è disomogenea ma l’industria della moto, a differenza di quella dell’auto che in sei mesi è passata dalla crisi al boom, non ne è ancora uscita. Questa è la peggior crisi della storia recente e gli ultimi tre mesi sono stati ancora molto bui. In Italia finora ha chiuso qualche piccolo costruttore, ma se il mercato non si riprende nei prossimi mesi temo che ne vedremo altri, senza contare i fornitori. I grandi perdenti di questa crisi sono stati i giapponese e i loro fornitori in molti casi non hanno la solidità finanziaria per sopravvivere e fare gli investimenti necessari a ripartire. Anche se magari noi o Ducati aumentiamo le richieste, certo non compensiamo le quantità che hanno perso… Come dicevo, è un mondo durissimo.”

 

Lei vede nero, insomma.

“Sono una persona ottimista, e lo sono per BMW. Ma se quelli che hai attorno muoiono non è mai bello e alla lunga danneggia anche te. Per la S 1000 RR abbiamo fissato un prezzo relativamente basso per i nostri standard, ma ci siamo trovati con una valanga di sportive giapponesi modello 2009 vendute anche a metà prezzo, che rischiavano di metterci completamente fuori mercato facendo saltare tutti gli investimenti che avevamo fatto. Per fortuna la validità del prodotto e il valore che i nostri clienti ci riconoscono ci hanno protetto.”

 

Diceva della strategia che avete scelto. In cosa consiste?

“Per anni le BMW sono state moto distintive, ma fin troppo diverse. Ora invece vogliamo essere innovativi, ma senza reinventare niente: entriamo in un segmento, ne accettiamo le regole e con quelle regole cerchiamo di fare la miglior moto della categoria. Questo è quello che abbiamo fatto con la S 1000 RR, che non inventa nulla ma è semplicemente l’interpretazione BMW del segmento SBK, che era finora dominato dai giapponesi, con una penetrazione limitata degli italiani. Ne abbiamo vendute 10.000 al primo anno, più di chiunque altro. Abbiamo centrato il bersaglio grosso.”

 

Perché allora non sparate alle cruiser, un bersaglio ancora più grande? Dopo la R 1200 C del 1997 avete abbandonato il settore.

“Certo le cruiser restano il più grande mercato sopra i 500 cc: nonostante dal 2008 la domanda si sia quasi dimezzata (da 1.500.000 pezzi agli 804.000 del 2010), pesano per il 38%. Come tutti sanno è un mercato dominato da Harley, con una presenza minoritaria dei giapponesi e di Triumph; prima o poi dovremo attaccarlo, ma c’è un problema di fondo. La R 1200 C era un prodotto eccellente, e credo che non avremmo dovuto dismetterla. In America sono richiestissime e costano oggi il 20% in più i quanto costavano da nuove... il loro unico svantaggio è che a causa del boxer, non possono avere le pedane avanzate. Questa sembra una sciocchezza, ma di fatto ti relega automaticamente in una nicchia. Oggi anche Ducati ha una power cruiser con le pedane arretrate, Yamaha addirittura due: ma anche loro avranno lo stesso problema, che limiterà le vendite. Questa, come dicevo, non è più la nostra strategia: per entrare in un mercato del genere oggi non puntiamo più a una nicchia, spariamo al bersaglio grosso”

 

Quindi la ‘C’ è una lettera estinta dai vostri listini.

“Non è detto. Abbiamo intenzione di recuperarla per un filone classico, anziché cruiser. Vedrete presto quante altre cose si possono fare con una BMW, e magari ci riprenderemo qualche nicchia anche del segmento cruiser.”

 

Non dovevate semplificare la gamma?

“Quello che è importante è non mettere in difficoltà i nostri concessionari, e non spostare clienti da una BMW all’altra, ma attirarne di nuovi: con la S 1000 RR questo avviene in oltre l’80% dei casi, per la K 1600 in oltre il 50%. Per crescere serve sempre nuovo sangue.”

 

Quindi riassumendo, oggi una BMW deve essere:

“Deve essere: primo, innovativa; secondo, attraente. Deve aprire nuovi segmenti senza inventarli e essere la migliore del lotto per rubare quote ai leader di mercato. Anche il prezzo è importante: nemmeno noi possiamo chiedere differenziali illimitati, ci limitiamo a far pagare la tecnologia e il fatto che una BMW resti un ottimo investimento quanto a valore residuo. Lo dicono i mercati, non io.”

 

A proposito di nuovi mercati: a EICMA 2010 abbiamo visto un concept di scooter. Quest’anno ci aspettiamo la versione definitiva.

“Saremo pronti. Abbiamo appena finito di allestire i primi 25, la pre-preserie. Avremo due versioni, la più sportiva nello stile visto ad EICMA, che è definitivo all’80%.”

 

E l’altra? Avrà magari 3 ruote?

“Sui veicoli a 3 ruote siamo cauti. Il loro successo a mio avviso non è figlio tanto della maggiore sicurezza, quanto grazie al fatto che le versioni a carreggiata larga possono essere guidate senza patente A. Ciò apre naturalmente un mercato enorme, soprattutto se consideriamo il tempo e il costo di ottenere una patente A (in Germania circa 2.000 euro, ndR). Poter usare uno scooter di grossa cilindrata senza patente A è ovviamente comodo, ma bisogna chiedersi quanto questi utenti siano in grado di controllare i loro mezzi. In Germania ad esempio la legge sta per cambiare, nel 2013 il nuovo codice equiparerà a una moto qualunque mezzo che pieghi in curva, a prescindere dal numero di ruote, e l’UE potrebbe seguire lo stesso indirizzo. Ovviamente ci sono resistenze e discussioni su questo punto ma mi pare un fatto di sicurezza, dopotutto. Ciò non toglie che saremo innovativi come lo siamo stati col C1.”

 

A questo proposito: al Salone dell’automobile di Parigi, lo scorso ottobre, abbiamo visto uno scooter elettrico marchiato Mini. Voi non c’entrate?

Abbiamo solo fornito un po’ di assistenza, quel veicolo è fondamentalmente un esercizio di stile e un’occasione per mostrare al pubblico chi è, in Germania, che ha le competenze per fare moto e scooter oltre alle auto (il riferimento è alla presenza, sempre a Parigi, di un altro scooter elettrico proposto da Smart, ndR). Se i colleghi di Mini decideranno che è un prodotto interessante per la loro gamma, lo produrremo; ci sono però un paio di aspetti su cui riflettere. Il primo viene dalla nostra esperienza col C1, che fu venduto sia dai concessionari auto che da quelli moto: alla fine funzionò solo nei secondi. Considerate che uno scooter richiede una vendita e un’assistenza specifiche, perché il linguaggio che serve per raggiungere i motociclisti non è quello che va bene per gli automobilisti. Soprattutto, non sono sicuro che un veicolo al 100% elettrico sia il prodotto giusto: in questa categoria, costerebbe il doppio di un equivalente termico, come dire che avrebbe la metà dei potenziali clienti. E anche dal punto di vista del design, trovo che non ci sia ragione perché sia così fortemente caratterizzato come “Mini”. Come dicevo, oggi abbiamo così tanti prodotti che dobbiamo chiederci se possiamo permetterci un nuovo prodotto, se possiamo gestirlo, quanti clienti avrà.”

 

Con l’elettrico quindi il discorso è chiuso?

“Non è un mistero che anche BMW, come tutte le Case auto, stia lavorando a veicoli elettrici. Ma non avranno molto a che vedere con quelli che abbiamo visto finora, che riteniamo carenti sotto tutti gli aspetti. Saranno veicoli con un feeling BMW e con prestazioni e autonomia adeguata. Nessun cliente vorrebbe autonomie inferiori ai 100 km, anche se al giorno non ne percorre più di 30. Uno dei problemi sono proprio i clienti: un veicolo elettrico con batteria piena ha la stessa autonomia di un veicolo a benzina appena entrato in riserva… occorre una rieducazione completa di chi li usa. Il secondo tema sono i costi: oggi il nostro partner per le batterie, Bosch-Samsung, chiede 800-1.000 euro per kWh; e si parla di moto con 8 o 10 kWh! Senza contare che d’inverno ci sono problemi in avviamento, d’estate di accorciamento della vita, eccetera. Sinceramente resto un po’ scettico sul successo di questa tecnologia nei prossimi dieci anni.”

 

Dopo pochi mesi dal suo insediamento ci parlò dei problemi di qualità che aveva trovato in BMW. Li ha risolti?

“La qualità non è un problema che puoi risolvere: è qualcosa che va avanti per tutta la vita. È una questione di rigore, supervisione, rapporti con i fornitori… Ma i progressi che abbiamo fatto sono incredibili, e gennaio 2011 è stato il primo mese senza bollettini tecnici. E ci sono due elementi che mi fanno capire che siamo sulla buona strada: sia le telefonate al nostro call center che gli interventi in garanzia stanno costantemente diminuendo.”

 

C’era un legame tra questi problemi e i vostri nuovi fornitori nel Far East?

“No, ma su questo fatto sono state scritte molte inesattezze. Il motore che facciamo costruire a Loncin è un progetto BMW-Rotax delocalizzato in Cina. Un’azienda che fa 100.000 moto e ne esporta più di 80.000 ha bisogno di essere almeno un po’ globale, e i nostri controlli dicono che la qualità ora è perfetta. Adesso possiamo pensare di far crescere i volumi. Certo portare un partner cinese agli standard BMW comporta un enorme investimento di tempo e denaro.”

 

Tedeschi e giapponesi lo fanno da sempre, ma con i fornitori: Loncin, invece, è un produttore di moto finite. Non è controproducente trasferirgli tutta questa tecnologia?

“In questi casi non lo sai mai, naturalmente. Per ora fanno scooter per il mercato cinese, e sono molto concentrati su questo prodotto. E poi un conto è progettare, un altro produrre: noi abbiamo insegnato loro a produrre, non a progettare. Non vedo problemi, anzi continueremo a cercare partner nel mondo: a medio termine vedo molto promettente l’India.”

 

Già da tempo, invece, siete a Taiwan con Kymco.

“Per gli standard asiatici, Taiwan è un Paese costoso, ma i taiwanesi si sono mostrati molto affidabili e con basi tecniche solide: Kymco ha nella sua storia una lunga esperienza come licenziatario Honda, e ormai è un grande costruttore. Anche il 450 che costruiscono per noi e Husqvarna è un prodotto progettato in Germania, ma lo stanno realizzando così bene che stiamo pensando di farli lavorare con noi su altri progetti, magari anche in campo auto.”

 

A proposito di Husqvarna: si vocifera di un suo ingresso più deciso nel settore delle stradali.

“Con Husqvarna siamo stati sfortunatissimi: è un grande brand, ma il giorno stesso in cui abbiamo perfezionato l’acquisto è iniziato un calo drammatico del mercato dell’off-road, in tutto il mondo. Nonostante questo abbiamo investito molto a Varese, basta andare in azienda per rendersi conto del cambiamento che c’è stato in questi tre anni. Che sono anche quelli necessari per far uscire un nuovo prodotto, infatti siamo arrivati ora con la 449 e 511. Moto che hanno avuto buone recensioni: non sempre eccellenti, ma la sfida era difficilissima; e comunque il design è straordinario, il meglio dello stile italiano. Resta il fatto che il mercato nel frattempo ha perso il 50% in Europa, il 60% in USA; anche adesso che molti mercati stanno ripartendo, si tratta pur sempre di un prodotto molto stagionale: si lavora 4 mesi l’anno, per cui abbiamo bisogno di ampliare la gamma con prodotti che tengano occupate le linee negli altri 8.”

 

E la strada più semplice è ovviamente fare moto stradali.

“Husqvarna ha nella sua storia molte ottime moto stradali, anche se negli ultimi 30 anni il filone era stato accantonato. Ma ora stiamo mettendo insieme il meglio della tecnologia BMW e del design italiano per ottenere prodotti mozzafiato. Il primo lo vedrete quest’anno, avrà il bicilindrico della serie F e un sacco di altri componenti BMW, ma non le riconoscerete: sono sicuro che sbaraglieremo la concorrenza: al posto di Ducati e KTM non ci dormirei la notte.”

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